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Nel 1986 Annibale Ruccello registrò alla Siae un “monologo in quattro parti”, riportando il titolo  “Mamme” e non “Mamma” , come venne poi intitolato nella versione edita. Questo avvenne nel giungo dell’86. Nel luglio dello stesso anno Annibale Ruccello e la cooperativa Il Carro portavano al debutto questo testo, con la regia e l’interpretazione dello stesso Ruccello. Nel settembre 1986 Annibale moriva. La storia dell’incidente e del giovane autore trentenne, nato a Castellammare di Stabia e morto prematuramente, è ormai conosciuta. Ma se Jennifer, Ferdinando, Clotilde e Adriana continuano a raccontare la penna del giovane autore, queste Mamme spesso vengono dimenticate. Mi piace ancora chiamare questo testo “Mamme”, come era in origine, proprio perché tante sono le sfaccettature delle mamme presentate in questi piccoli monologhi, e profondo è il legame che esiste, in tutti i testi ruccelliani, tra la madre e la figlia. Legame edipico che distrugge e non lega, che rende il maschio inetto, che è fondamentale all’interno dell’analisi del contesto socio-culturale in cui produceva Annibale. Rino Di Martino riporta Annibale Ruccello sulla scena della Sala Assoli, quella sul retro del Teatro Nuovo di Napoli, ai Quartieri Spagnoli, quella che Annibale conosceva bene. La presenza dell’autore-attore affiora dalle pareti, sui manifesti originali degli spettacoli che portava in scena trent’anni fa e che ancora oggi accolgono gli spettatori all’entrata della Sala Assoli. Dal 16 al 19 gennaio Di Martino ripropone MAMMA. PICCOLE TRAGEDIE MINIMALI. Ancora una volta la regia è di Antonella Morea, in un connubio artistico e di amicizia che si protrae da anni. Non parliamo di un debutto ma di un appuntamento che volentieri accogliamo, ogni volta che Annibale “ritorna” in scena. La scelta di Di Martino e della Morea di ripresentare proprio i piccoli monologhi è intelligente: spesso poche persone si cimentano nella messinscena di questo testo ruccelliano, proprio perché frammentario e di più complessa interpretazione. Il pubblico, in effetti, viene attirato soprattutto da storie che abbiano una struttura lineare, un’evoluzione, dei personaggi fissi. Ciò che non si percepisce subito è che MAMMA. PICCOLE TRAGEDIE MINIMALI è un testo che contiene alcuni dei punti fondamentali della scrittura e della cultura ruccelliana. Oltre a tre microstorie, Annibale aveva previsto un primo episodio composto da favole ( “Catarinella e il principe serpente”, “Miezzoculillo”, “Il re dei Piriti” dove, in qualche modo, le protagoniste sono soprattutto le figlie). La regia dello spettacolo sceglie invece di scindere le tre favole contenute nella prima parte e intervallarle tra le tre microstorie, proprio per dare maggior movimento al percorso narrativo. L’ambientazione favolistica si evidenzia subito dallo specchio in cui viene incorniciato un Rino Di Martino nelle vesti di cantastorie, narratore, sibilla, stregone, abile interprete della profonda ricerca antropologica che trasuda da tutti i testi ruccelliani, e ovviamente, soprattutto dalle favole. Il momento del racconto favolistico attorno al fuoco viene sottolineato dall’immagine di un narratore seduto su una sorta di trono, a differenza del racconto delle microstorie, di ambientazione contemporanea, in cui l’attore scende dal trono ed entra nelle case ruccelliane e nei panni dei personaggi. Il sottofondo sonoro riproduce i canti intonati nelle campagne, quelli che affannosamente sia Ruccello che De Simone ritrovarono e studiarono. Ma non solo: canzoni degli anni ’80, trasmissioni televisive e pubblicità. Il contrasto antico-moderno è il fondamentale punto di partenza della ricerca ruccelliana, che evidenzia una profonda omologazione culturale creata dall’invasiva presenza dei mass media. La televisione irrompe all’interno della famiglia media italiana e in quella campana, quest’ultima legata profondamente ad una cultura atavica. La televisione innesca l’evoluzione di una cultura medio-bassa di cui si cibano avidamente gli Italiani, durante gli anni ‘80. Ma se nelle favole affiora la ricerca antropologica e il contrasto sacro-profano, se il telefono diventa mezzo per far entrare il mondo esterno negli ambienti serrati, le nostre mamme ruccelliane sono, ancora, ulteriori esempi fondamentali per la  comprensione di questi testi: lo scontro edipico tra madri e figlie porta ad una voragine in cui quest’ultime vengono distrutte dalle loro genitrici. Psicanalisi, cronaca nera, racconti gialli, cinema e tradizione: mix di non facile analisi, immerso nella lingua campana, anch’essa in trasformazione.  Di Martino interpreta tutti i personaggi, così come faceva Annibale. Nonostante l’attore sembri dimostrare, all’inizio, un maggior distacco  in  “Maria di Carmelo” ( da sottolineare il nome “Maria” che ricompare sovente in questi monologhi ad identificare proprio le mamme),  successivamente sembra “riscaldarsi” per concludere in una coinvolgente interpretazione de “La telefonata”, che è bene considerare come una delle migliori interpretazioni di questo Ruccello “minimale”. Il pubblico risponde continuamente alle sollecitazioni del testo, della recitazione e delle trovate registiche, come “l’entrata in scena” di immagini simbolo: mani senza volto che pelano le patate, che mescolano la pasta, creando movimento e dando vita alle parole delle favole. E  non dimentichiamo il titolo: piccole tragedie minimali. Ossimorico, come mi piace definirlo, perché parliamo di tragedie apparentemente minimali. Le storie trattano elementi significativi, profondi, radicati, viscerali, sviluppatisi, è vero,  all’interno di  in un microcosmo serrato e apparentemente regionale, ma in realtà sono portavoce di un macrocosmo problematico,  molto più ampio.

MAMMA. PICCOLE TRAGEDIE MINIMALI
Sala Assoli Napoli
16-19 gennaio 2014
Mamma. Piccole tragedie minimali
Di Annibale Ruccello
Con Rino Di Martino
Regia Antonella Morea
Aiuto regia e ideazione scene Giovanni Piscitelli
Realizzazione scene Up Stage
Costumi I Dominorosa