Per la rubrica di questo mese ho deciso di riportare uno stralcio dall’interrogatorio di Bertold Brecht alla Commissione della Camera sulle attività antiamericane e di fare una riflessione sul “complicato rapporto di affinità” esistente tra l’autore e il personaggio di Galileo Galilei, protagonista dell’opera omonima del drammaturgo tedesco .

(……)
Stripling - Signor Brecht, lei è membro del partito comunista o è mai stato membro del partito comunista?
Brecht - Io non sono mai stato e non sono membro di nessun partito comunista.
Stripling - Lei risponde, dunque, che non è mai stato membro del Partito Comunista.
Brecht – Esatto.
Stripling – Lei non è stato membro del partito comunista in Germania?
Brecht – No, non lo sono stato.

Viene ricordato a Brecht, con puntuali citazioni e riferimenti, il contenuto del dramma Linea di condotta. “In tutto il dramma – accusa Stripling – si accenna alle teorie e agli insegnamenti di Lenin, all’abbicci del comunismo, e all’attività del partito comunista”. Brecht si difende con abilità. Stripling cita un articolo su un’intervista fatta a Brecht da Sergey Tretjakov, a Mosca nel 1937, in cui si tesse l’elogio dell’impegno politico di Brecht in senso marxista. Brecht replica “Non ricordo con esattezza l’intervista. Penso sia un riassunto più o meno giornalistico di colloqui o discussioni su molti argomenti”. Non soddisfatto Stripling cita la canzone scritta per il dramma La madre, dal titolo Lode dell’imparare, in cui si esortano gli operai a “essere pronti a prendere il potere”. Brecht insiste nel far osservare che la traduzione è linguisticamente errata, poiché nell’originale li si esorta “a prendere il comando”. A questo punto Stripling ripropone la domanda fatta all’inizio dell’interrogatorio.

Stripling- Signor Brecht, non ha mai presentato domanda d’iscrizione al partito Comunista?
Brecht – Non capisco la domanda.
Stripling – Non ha mai presentato domanda d’iscrizione al partito comunista?
Brecht – No, no, no, no, mai.
Presidente – Hanns Eisler non le ha mai chiesto di entrare nel partito comunista?
Brecht – No, non me lo ha chiesto.
Presidente – Ricorda se qualcuno le ha mai chiesto di entrare a far parte del partito comunista?
Brecht – Forse qualcuno me lo ha suggerito, ma io ho capito che non era affar mio.
Presidente – Chi erano le persone che le hanno chiesto di entrare nel Partito Comunista?
Brecht – Oh, lettori.
Presidente – Chi?
Brecht – Lettori delle mie poesie o membri del pubblico.
Presidente – Certe persone le hanno chiesto di entrare nel partito comunista.
Kenny – In Germania.
Brecht – In Germania? Lei intende in Germania?
Presidente – No, mi riferisco agli Stati Uniti.
Brecht – No, no, no.

Il Presidente congeda Brecht. Il giorno dopo lo scrittore lascia gli Stati Uniti per l’Europa.

Rileggo queste righe dell’interrogatorio e penso (per dirla con Brecht) che un uomo è un uomo. Un uomo per essere un uomo ha bisogno di mangiare (come piaceva fare a Galileo) e, a volte, anche di mentire, di negare se stesso, di abiurare. Insomma di vivere. Brecht come Galileo, dunque? Mi sembra che ci siano forti coincidenze e che l’esperienza vissuta da Brecht abbia avuto un peso nella ideazione, progettazione e realizzazione del testo teatrale avente come protagonista lo scienziato italiano. Del resto le opere sono sempre autobiografiche. Lo scrittore racconta soltanto ciò che conosce e che poi cerca di dimenticare (per dirla con Marquez) per poterlo ri-creare in forma artistica.

Per quanto riguarda la resistenza della «materia galileiana alla forma epica» Maria Fancelli ha fatto alcune riflessioni intelligenti, sostenendo che quella resistenza ha ragioni assai complesse: «è un riflesso delle difficoltà d’intervenire sulla fisionomia e sulla struttura profonda del protagonista e di realizzare un rovesciamento e una revisione pari alla gravità del momento storico e al precipitare degli eventi. Tale difficoltà ha a che fare con il complicato rapporto di affinità tra l’autore e il suo personaggio, tra i tempi dell’autore e i tempi della vicenda galileiana, e con una sorta di analogia imperfetta che si è posta fin dall’inizio della concezione del lavoro. Fin dall’inizio Galileo era stato pensato come un eroe latentemente negativo…era nato come eroe del dubbio, il dubbio inteso nelle sue potenzialità razionali ed eversive, ed anche regressive. E la sua figura trovava la sua ragione più vera di esistere nella fantasia dell’autore proprio in quella sua originaria doppiezza e in quella ambivalenza che Brecht non riusciva sostanzialmente a scindere, differenziare e isolare. Lo straniamento si scontrava insomma con i nodi di una sotterranea e complessa rete di analogie nei tempi storici, nelle funzioni e nei comportamenti».

In conclusione, una serie di ragioni «contribuirono a spuntare le armi dello straniamento». E con la scelta dell’autocondanna finale l’autore «delegò l’efficacia politica alla rappresentazione, lasciò tanta parte agli attori e alla loro capacità di dire l’ambivalenza di Galileo, di mostrarne la scissione, di distinguere il volto dell’eroe da quello del criminale». E’ evidente che le numerosissime annotazioni, precisazioni e spiegazioni susseguitesi nel tempo non possono che essere considerate come implicita ammissione di una carenza, di una mancanza, di un vuoto. E nell’ambito del ragionamento sul «complicato rapporto di affinità» tra il personaggio di Galileo e l’autore ritengo significativo l’interrogatorio alla Commissione della Camera sulle attività antiamericane, avvenuto negli USA il 30 ottobre 1947.