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Cristiana Raggi porta in scena le parole di Goliarda Sapienza, attrice e scrittrice nata a Catania il 10 maggio del 1924 e morta a Gaeta nel 1996. Figura originale e controversa nel nostro panorama letterario i cui riconoscimenti nazionali e internazionali, sono avvenuti soprattutto dopo la sua morte, grazie alla tenacia del marito Angela Pellegrino, attore, scrittore, curatore delle sue opere. Il lavoro di Cristiana Raggi, nel ruolo di regista e interprete, parte da due testi significativi della scrittrice siciliana: L’Arte della Gioia, che ruota attorno alla figura di Modesta, donna vitale e scomoda per la morale comune, siciliana appassionata e intelligente; Il Filo di Mezzogiorno, che narra degli anni vissuti dalla scrittrice in terapia dopo l’elettroshock. Sulle tavole del palcoscenico la sofferenza di chi è depresso, di chi ha perso la memoria, una scrittrice e la sua creatività inceppata, bloccata. Sullo schermo un personaggio: una donna e i suoi desideri. Il filo narrativo si basa sull’alternanza video/ personaggio in scena. Sul palco Goliarda Sapienza durante la terapia. E’ depressa, sola. Ha appena subito un elettroshock. Il dialogo crudele e intenso con il medico l’aiuterà a ritrovare il senso di realtà. Davanti ai suoi occhi scorrono le immagini del suo futuro romanzo, L’arte della gioia. Davanti ai suoi occhi, sullo schermo, c’è il suo personaggio, Modesta, che racconta l’abuso del padre, la follia della madre e della sorella il suo desiderio di essere amata. Lo spettacolo incanta in parte, ma non convince completamente, poiché i due elementi narrativi, quello multimediale e quello recitativo, non armonizzano. Il regista ha il compito difficile di tenere insieme il dettaglio e il tutto. Non sempre riesce. L’incanto è nella voce che arriva dallo schermo, calda, dolorosa, piena di meraviglia. Nelle immagini poetiche. Quasi una nenia arcaica. La difficoltà è nel legare quella voce all’azione scenica. Ogni regista lavora fra volontà artistica e volontà selettiva. La volontà artistica ci dice che dietro ogni oggetto artistico si nasconde un’intenzione speciale. L’intenzione del regista. I prodotti creativi sono determinati da queste intenzioni, ma la volontà selettiva, ci insegna che ogni regista deve impegnarsi a rendere interessante per gli altri, ciò che è interessante per lui/lei. La selezione delle idee, delle scene dei gesti è prioritaria. L’aspetto più complicato di una rappresentazione che sceglie i due diversi livelli di narrazione, parola scenica e parola multimediale, consiste proprio nel coordinamento con la recitazione dell’attore, il rischio più evidente sta proprio nel trovarsi di fronte due linguaggi differenti che scorrono paralleli senza toccarsi mai, che separano spazio e tempo della rappresentazione.  Quel che resta, è la parola sofferente quella dell’autrice e del suo personaggio Se lo scopo della rappresentazione è quello di far conoscere l’opera di Goliarda Sapienza, lo spettacolo ha raggiunto il suo obiettivo.

Milano, Teatro Verdi, 6 Febbraio 2014
foto Dante Farricella