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È uno scontro di corpi, un cozzare rumoroso di entità reciprocamente impenetrabili, ma reciprocamente comunicabili, lanciate nella realtà contingente della scena il teatro di Massimo Munaro e del Lemming alle prese con questo secondo di tre movimenti intorno a Shakespeare e alle sue parole, motore (per quanto ancora?) di una umanità che pare non riconoscersi più o addirittura disconoscersi in questa contemporaneità ormai post- post-moderna.
Un mondo liquido quello che affronta quest'ultima drammaturgia della compagnia trevigiana, in una nuova tappa del suo continuo viaggiare viaggi ormai pericolosi, come tutti quelli del vero teatro, viaggio che siamo invitati a fare senza il nostro totem quotidiano, quel telefonino che sembra non volerci abbandonare più, affidandoci per la nostra sicurezza alle improbabili misure di sicurezza di una compagnia area assai improvvisata ma molto fiduciosa.
Idea molto teatrale, nel senso più pienamente alienante e affascinante del termine, un come se ribaltato e insieme riscoperto, questa di Munaro, di Chiara Elisa Rossini che con lui firma drammaturgia e regia, e del Lemming, una idea spiazzante e anche inquietante stante l'espressione tra l'ironico e il diffidente di molti spettatori invitati a consegnare i cellulari e ad allacciarsi impossibili cinture di sicurezza, ma insieme una apertura inevitabile per quella terra incognita che spesso è, o almeno dovrebbe essere, il rito del teatro quando ti domanda, anche con violenza, di riconoscere quello che sei e quello che sono gli altri.
Un mondo liquido dicevo, quel mondo liquido di cui parlano gli studi di Zygmunt Bauman, ove ognuno di noi sembra aver perso forma propria per assumere quella del contenitore che man mano, nella più assoluta contingenza e nella più totale dipendenza, ci viene offerto o, peggio, ci viene imposto, un mondo in cui, cito lo spettacolo, abbiamo imparato ad utilizzare ogni perfezionato strumento ma non siamo più capaci di utilizzare noi stessi, noi la macchina più perfezionata prodotta dalla natura.
La pièce diventa così una domanda. Cos'è rimasto in questo continuo mutare, che non è evoluzione o metamorfosi ma solo uno scioglierci nel nulla, delle passioni, dei sentimenti delle relazioni che danno forma al nostro spirito e consapevolezza di sé al nostro corporeo e concreto stare nel mondo? Cos'è rimasto oltre la mercificazione, oltre quella bolla in cui, come piccoli pesci rossi, ci adagiamo?
Questo spettacolo è dunque un viaggio ma anche una ricerca e ci lancia segnali, come boe di salvataggio in questo mare in continuo movimento, segnali che stanno nella capacità di affrontare prove per un amore nato dentro e non fuori di noi, come nella storia dell'immigrato, che stanno nel difendere le radici culturali e territoriali come nel video della No Tav, e che paradossalmente stanno ancora nelle parole che narrano da sempre di un amore contro, contro il potere e contro le convenzioni esterne, contro i contenitori che riempiamo, per sopravvivere di per sé dentro un corpo e dentro un'anima.
Segnali che dunque stanno nelle parole così poco post-moderne ma così profondamente contemporanee, perché eterne nella loro contingenza, di Shakespeare, parole che parlano di amore, tra due essere umani e tra l'umanità ed il mondo, di un amore che si ribella alle contingenza e sopravvive in sé e per sé e che può salvarci dalla perdita di noi e dalla dispersione, o meglio dal liquefarci.
Il lavoro del Lemming è così una scena vuota riempita interamente dai movimenti recitativi, da corpi che si cercano e si fuggono, si scontrano e lottano, mossi dalla parola antica e da cui nascono parole nuove, sogni e narrazioni, erotismo fisico ed erotismo metafisico, sui cui di nuovo articolare ed ancorare il nostro singolare e collettivo esserci.
Abbiamo dunque viaggiato e abbiamo dunque cercato con questo spettacolo di grande ambizione ma nelle corde di Munaro, anche se eterodosso, se vogliamo, rispetto alle sue consuete  concrete articolazioni sceniche e drammaturgiche, con la speranza che se si  vuole si può nuotare in questo mondo liquido ed anche in due, Giulietta e Romeo, per riconoscersi ed essere.
Con noi, a condurci dalla scena, i come sempre bravi Chiara Elisa Rossini, Fiorella Tommasini, Diana Ferrantini; Katia Ragusa, Maria Grazia Bardascino, Alessio Papa, Alessandro Sanmartin.
A Venezia, al Teatro Fondamenta Nuove, il 14 febbraio con la Compagnia del Lemming.