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Nel secondo appuntamento del ciclo “3 spettacoli all'insegna del Bardo” del Teatro della Tosse di Genova, Massimiliano Civica, in scena il 19 e 20 Novembre alla sala Trionfo, dirige questa sua nuova drammaturgia da William Shakespeare, che nel rispetto complessivo dell'impianto segnala nel cambiamento del titolo originale una forte esigenza di 'interpretazione' nel senso più completo del termine. Spettacolo impegnativo, questo, sia dal punto di vista drammaturgico e registico, che da quello produttivo che impegna una numerosa compagnia di giovani attori che interloquiscono efficacemente tra loro e con la trama sottile e complessa del testo e che, per la tirannia dello spazio, non possiamo, come anche per le collaborazioni tecniche e artistiche, singolarmente citare. Prossemica e scenografia spoglia rimandano e suggeriscono appropriatamente il contesto arcaico della ispirazione shakespeariana. Commedia dai e dei diversi piani di realtà che si intersecano, interferendo e reciprocamente significandosi, e che vede svilupparsi, l'una all'interno dell'altra, fabule quai indipendenti, dal matrimonio del Duca di Atene e della Regina delle amazzoni alla rappresentazione grottesca degli amori di Piramo e Tisbe della compagnia degli 'artigiani', in un gioco di specchi che affonda le sue radici nei mitici primigenei e, per così dire, dispiega le sue fronde nel complesso empireo del senso del teatro e del rapporto tra questo e l'immaginazione, il sogno e anche, contestualizzando, l'inconscio. Massimiliano Civica sembra accettare la sfida di una tale complessità senza subirla e, puntando a portare alla luce i meccanismi della rappresentazione, cerca di andare oltre il semplice 'contenuto' del mito arcaico per palesare il meccanismo della significazione che è appunto intrinseco alla rappresentazione, portando questa in sé quegli stessi procedimenti psicologici ed esistenziali che attraverso i sogni ci consentono di appropriarci, a volte, del senso profondo della nostra realtà interiore ed esteriore. È sintomatica l'insistenza con cui, nel foglio di scena, il regista ribadisce la sua attenzione alla corrispondenza tra meccanica teatrale e meccanismo onirico, ricordandoci tra l'altro come per il Bardo “teatro e sogno parlano la stessa lingua”, o meglio, come recita il suo stesso famoso aforisma, "siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra vita è circondata dal sonno". In proposito risulta abbastanza efficace la scelta registica di contestualizzare, sia nella riscrittura del testo che nelle modalità recitative e nella stessa scelta dei costumi, il piano della rappresentazione della compagnia degli artigiani, ciò che consente di proiettare prospetticamente, e con modalità linguistiche e attoriali man mano più vicine alle tonalità del testo shakesperiano e delle sue propaggini mitiche, gli altri piani del racconto con indubbio effetto di profondità del transito drammaturgico. Si ha così un risultato di grande fedeltà alla drammturgia del Bardo ed insieme di approfondimento del testo fin quasi ad una sua riscrittura scenica con modalità, parziali, anche di travesimento. D'altra parte regista e compagnia si caricano del rischio di eccessivamente incidere ed interferire con il delicatissimo equilibrio del racconto shakespearino, rischio talora percepibile, nello sforzo di contestualizzazione, in parziali banalizzazioni del senso del testo con qualche eccessivo ammiccamento, anche nella prestazione attoriale, al presente. Complessivamente, però, una prova importante per Massimiliano Civica, in questa produzione del Teatro Stabile dell'Umbria-Compagnia il Mercante per Romaeuropa Festival 2010, con risultati apprezzati dal numeroso pubblico presente, pur se forse limitati dal fatto che il testo avrebbe meritato più di due sole repliche.