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Messaggi dalla e della periferia teatrale italiana, talora da decifrare, talora interessanti ed intriganti come questa drammaturgia di Guendalina Tondo, giovane regista e attrice torinese vista negli spazi del milanese “Campo Teatrale” l'8 ed il 9 marzo. Finalista al Premio Scenario 2013 con buon esito, anche nella sua forma

incompleta nell'ultimo SantarcangelodeiTeatri, è ora alla sua quinta replica approfondita nel testo e in una scrittura scenica che ne mantiene la fascinazione di una narrazione senza tempo che transita quasi per caso e senza fermarsi davanti ai nostri occhi non più distratti.
Il testo si avvia da un plot intrigante e inaspettato, una scatola di biscotti integrali che promettono addirittura la libertà, ed innesta nella drammaturga  una serie di riflessioni sull'essere nel mondo e su una ricerca a volte disperata di senso, ricerca che si aggrappa alle parole che la società nella sua contemporaneità ci offre pur privandoci dei contenuti.
Lo sguardo dunque si rivolge agli stereotipi di un femminile ormai senso comune, da Marylin con il suo fascino sensuale, alla Hepburn o della eleganza, alla eterna Bovary esclusa dal suo sogno, per analizzarli ed insieme frantumarli così da riscoprire, dentro ed oltre, il senso di una libertà che liberi veramente.
Una libertà che, proprio in quegli stereotipi sembra così vicina ma che poi sfugge sempre in un altrove, irraggiungibile e a cui ci è negato appartenere anche se non sappiamo più chi e cosa ce lo nega.
Una peripezia nell'interiorità di un femminile insicuro ma dunque in fondo ottimista e ancora pieno di speranze, che non si fida del mondo in cui si dibatte in una sorta di bovarismo ormai universale.
Scena e protagonista diventano così lo schermo su cui si riflettono desideri e passioni contingenti e in fondo estranee, incapaci ormai di rappresentare il desiderio, un desiderio che oscilla e si disperde come il fumo di una sigaretta, la musica di un ballo o l'ultima scena di un film mai abbastanza amato. Ma il desiderio rimane, forte ed intenso, e può guidarci e ci guida forse verso una salvezza possibile.
Guendalina  Tondo compie un lavoro in profondità su sé stessa, sul testo e sulla scena, virtuale come i pensieri che ci prendono mentre suona un telefono, e si propone e propone senza scegliere per noi.
Una scrittura aperta che, come premesso, transita ma non si esaurisce sulla scena, neanche sulla scena della vita, ma si propone rinnovandosi alla condivisione.
Rispetto a Santarcangelo il lavoro della Tondo mostra di man mano perfezionarsi anche nella gestione dei movimenti e dei tempi della recitazione, testimoniando di una preparazione approfondita e di una sapienza attoriale che matura.
Prodotto dalla Compagnia Thon Gu, che la stessa drammaturga anima insieme a Riccardo Giovinetto, ed in collaborazione con Stalker Teatro e Officine Caos, merita la prova  di una platea più ampia.