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Luci soffuse, arredi un po’ grigi e abiti scuri, Michael Rodgers, regista dello spettacolo, propone per la prima volta in Italia l'opera del più famoso autore contemporaneo australiano, Andrew Bovell (scrittore per il teatro, cinema e televisione) e lo fa attraverso un disegno registico, sognante, quasi surreale. Un sistema di simboli che disegna realtà quotidiane, scene da matrimoni, dove i rapporti tra i coniugi sono alterati dai desideri individuali. Due coppie si accingono a tradire i rispettivi partner, in due diverse stanze d’hotel. Non per mancanza di amore ma per noia, desiderio di provare nuove emozioni. Alcune situazioni sono così simili che nella scena iniziale entrambe le coppie pronunciano le stesse frasi, in un gioco polifonico originale. “Sfortunatamente viviamo nell'era del ‘non ne ho mai abbastanza. In un momento storico in cui non c'è nulla di stabile e in cui corriamo per ottenere sempre di più, i livelli d'ansia hanno raggiunto un punto di non ritorno.” Le note di regia esprimono la visione, il disegno scenico di Rodgers: dare voce a “persone che si sono smarrite nella corsa per arrivare prime. Persone che hanno perso la capacità di comunicare con i più intimi. Persone che strisciano nel buio, faticando a dare un senso al tutto”. Michael Rodgers affronta un testo difficile che si sviluppa attraverso un insieme di monologhi, dove la parola scenica agisce come un continuo gioco linguistico. Tuttavia, in alcuni momenti si avverte il bisogno di un maggiore ritmo. Il piacere del gioco scenico rimane in parte rinchiuso, non trova uno sbocco liberatorio, un’uscita d’emergenza che dia forma a una nuova realtà. Il teatro è un “sempre aperto” che rende visibili le diverse fasi di un processo creativo in evoluzione, un racconto/ascolto di tutte le parti chiamate in causa. Un metatesto, rispetto al testo del drammaturgo e del regista. La rappresentazione procede lentamente verso il disincanto finale, si accumulano gli indizi, queste storie apparentemente diverse si incrociano tra loro in una catena di coincidenze che conducono ad una soluzione totalmente inaspettata. Finale che non svelerò. Laura Anzani, Nicola Caruso, Margherita Remotti, Giacomo Rabbi, tratteggiano con disinvoltura i loro difficili personaggi. Uomini e donne che vivono fra i confini della morte e il vuoto di una vita senza scopi, paesaggi di anime perse nella monotonia. Sottolineano ogni minima sfumatura ricorrendo a gesti espressioni, silenzi. Tutto conta, tutto ha un peso nella società delle lievi apparenze, la marea premia chi non fa domande, chi si consegna ai dubbi senza incertezza. La parola scenica ambigua e tagliente produce disaffezioni e nostalgie di una condizione umana dove l’amore non sia solo ricerca di una qualche novità ma riscoperta dell’altro che ci vive accanto quotidianamente.

Milano, Teatro Libero, 13 Marzo 2014