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Venerdì 28 e sabato 29 marzo, a La Spezia, negli spazi della stagione Festival di “FuoriLuogo”, enigmatici alieni dalle forme liquide e continuamente mutanti danno improvvisa speranza ad una contemporaneità in crisi, malmostosa ed irrigidita in schemi frigidi, ma così ne smascherano impietosamente l'ipocrisia, diventando, da benefattori inaspettati, nemici, come nemici sono o diventano tutti coloro che ci mettono di fronte a noi stessi e ci chiedono conto.
Testo e messa in scena collettiva, come costume della compagnia, della lombarda Carrozzeria Orfeo, dalla sintassi multimediale che irrompe sulla scena con la forza evocativa della voce narrante dei notiziari, filo rosso che unisce ed organizza i singoli quadri, integrati in una reciproca significazione che, anche attraverso abili salti temporali, ne dispone il senso nella rappresentazione.
Lo spettacolo se ne giova in coerenza drammaturgica ed in forza anche visiva con chiari riferimenti al distacco alienante che l'uso delle maschere enfatizza, in una sorta di presa di coscienza reciproca, sul palcoscenico e tra il pubblico, dalle didattiche brecthiane.
È uno spettacolo forte, anche cattivo talora, che nulla lascia nascosto di una condizione esistenziale dispersa e liquida che ha perso ogni riferimento alla relazione, intima o “politica” che sia, aggrappata disperatamente a schemi etero-diretti progressivamente privati di senso e sensibilità ed in cui irrompono, con la forza della disperazione, aggressività e pregiudizio fino alla loro più tragica manifestazione fisica, fin all'assassinio.
Un potere nascosto e corrotto usa dunque l'alieno per tentare di confermare la sua assoluta persistenza ed immobilità.
È una scrittura scenica che però non perde il filo che la lega alla concretezza dell'esistere e che quindi intercetta e percorre, traslandoli nel grottesco, gli eventi della quotidianità, dalla vecchiaia litigiosa e avara, alla condizione dell'immigrato e del gay, non con intento sociologico però, quanto per scoprire in essi la struttura delle nostre relazioni, come ad esempio il desiderio della genitorialità che, perso nella consuetudinaria normalità, sembra ritrovarsi con forza nella coppia dei due magrebini.
Grottesco e caricatura, nelle maschere che sembrano ispirate alle immagine di un Grotz o all'esperienza di Duda Paiva, oppure alle stranianti raffigurazione del sanguinetiano “Amore delle tre melarance” da Gozzi, accompagnano e trasfigurano questo percorso, illuminando non solo la perdita di valori ma anche il desiderio di nuovi valori, se lo stesso Papa sente il bisogno di abbandonare il Vaticano per ricercare sé stesso tra i bambini e il misterioso orso bianco di un parco pubblico. Un'asprezza, dunque, che si fa nostra forza in questa ricognizione, dura e dolente, ma in fondo anche aperta alla speranza.
Merita così un apprezzamento collettivo questa compagnia, che collettivamente si presenta, a partire dalla ideazione drammaturgica e dalla scrittura scenica, ben organizzata per movimenti e interferenze  di linguaggi, una compagnia giovane, attiva dal 2007 ma già, e meritatamente, premiata.
Bravi i quattro protagonisti nella gestione efficace e spontanea delle maschere e nel sapiente uso delle voci e della mimica corporea.
Si continua pertanto a respirare aria “europea” a La Spezia e a FuoriLuogo, sia nella ricerca accurata delle rappresentazioni, sia tra il pubblico eterogeneo per formazione e generazioni, un pubblico riconoscibile nella sua fortunata passione a La Spezia come a Berlino e a Londra, un pubblico numeroso per un tutto esaurito che ha premiato “Robe dell'altro Mondo” con lunghi e convinti applausi.