Pin It

“Io sono il mio numero”, drammaturgia e regia di Tatiana Alescio, prodotto dalla compagnia teatrale Trinaura di Siracusa, è uno spettacolo di grande qualità, commovente e che scuote sicuramente i cuori e le menti degli spettatori facendoli ripiombare in uno dei momenti più bui della storia dell’uomo, quello della deportazione degli ebrei, del loro massacro nei campi di sterminio, delle atrocità commesse dai Nazisti su donne e bambini. Ad ospitare l’intenso e tenero spettacolo, della durata di circa 70 minuti, il Teatro del Canovaccio di Catania, nell’ambito della stagione di prosa 2013-2014.
Sull’essenziale scenografia di Mary Accolla, la pièce, diretta con mano felice ed attenta ai particolari, da Tatiana Alescio (che ritroviamo anche in scena nella parte di una sorella e giovane madre ebrea che trova subito la morte, appena arrivata al campo di lavoro tedesco), racconta in modo crudo e traendo spunto dalle testimonianze dei superstiti, lo stupore iniziale della deportazione e poi le atrocità e le sevizie subite da tantissime donne, spesso insieme ai loro bambini, all’interno dei lager. Quelle donne separate bruscamente dalle loro vite, dai loro affetti, si trovano a dover affrontare quindi torture con dignità, a testa alta, da madri e giovani ragazze consapevoli di essere precipitate nel buio di una mostruosa operazione di annullamento delle identità.
Protagoniste in scena sette donne, tra gli 8 ed i 45 anni, di diversa età, nazionalità (una di loro è francese), estrazione sociale e culturale, per offrire al pubblico un completo panorama delle svariate reazioni che la deportazione, in tutta la sua crudezza e drammaticità, ha inevitabilmente generato.
All'aprirsi della scena, le donne, inconsapevoli del loro destino, vivono gli ultimi attimi di vita normale, parlano dei loro affetti, del loro già difficile futuro nel ghetto, senza nemmeno presagire l'orrore di cui tra poco saranno vittime. Ed ecco che si ritrovano presto nell’inferno dei campi di concentramento, qualcuna appena arrivata con la sua neonata in braccio viene uccisa e le altre, mentre tra il pubblico e le attrici in scena si alza un filo spinato che rende, terribilmente, l’idea su dove si svolgerà il resto della storia, iniziano a capire che razza di vita o di non vita dovranno affrontare. C’è chi troverà la morte lottando, comunque, fino alla fine, chi sceglierà il silenzio prima di farla finita, chi morirà per un incidente sul lavoro, chi colpita da malattia, chi di stenti. Quelle donne affronteranno la fame, la sete, i durissimi lavori forzati, le pessime condizioni igieniche, il freddo, la nostalgia ed il ricordo dei loro cari con sopportazione, coraggio ed encomiabile dignità. La più anziana tra di loro, addetta alla cucina, che ha perso figlio e marito prima di arrivare al lager, insegnerà loro il trucco per poter sopravvivere in quell’inferno: alienarsi, ricordare i loro momenti felici del passato quando restano libere nella loro massacrante giornata, per non impazzire di nostalgia o nel chiedersi sempre dove saranno finiti i loro cari e se li potranno, un giorno, rivedere.
Di queste donne, costrette a mostrarsi nude davanti ai loro aguzzini, mortificate nella loro dignità, rapate, rasate nelle parti intime, marchiate a fuoco, private del nome e del carattere, spersonalizzate e ridotte ad un numero, solo una si salverà e potrà, in assoluta solitudine, raccontare l’orrore che ha vissuto. Ma l’unica sopravvissuta rimarrà sempre legata a quel numero assegnatole nel lager e al suo rientro nel mondo civile, si perderà in assenza dei suo cari, delle sue radici, vittima di una sottile indifferenza da parte di chi non potrà o non vorrà capire una storia, una esperienza inconfessabile. Quella donna rimarrà ormai solo un essere segnato da un numero, al quale hanno, per sempre, strappato la propria vita, la propria dignità, la propria storia.
Pubblico coinvolto e commosso durante ed alla fine dello spettacolo e applausi reiterati per un cast, tutto al femminile, di straordinaria intensità e carica emotiva composto da Giuliana Accolla, Rossana Bonafede, Valentina Ferrante, Laura Giordani, Tatiana Alescio, Aurora e Beatrice Trovatello. Regia scorrevole, costruzione drammaturgica di grande valore culturale.
La Compagnia Trinaura e l’attrice e regista Tatiana Alescio, da sempre sensibili alle tematiche sociali e culturali, con questa pièce hanno voluto rendere omaggio, in occasione dell’anniversario della deportazione degli ebrei del ghetto di Roma (16 ottobre 1943), alla memoria, alla Shoah, ai suoi caduti, a chi, non si sa come (per miracolo, per volontà di Dio), si è salvato e ai loro familiari.
Ricordiamo infine che lo spettacolo “Io sono il mio numero” è stato selezionato da una giuria specializzata tra i cinque finalisti del premio di teatro e cinema “Shoah 2014″, indetto dell’università Tor Vergata di Roma.

“Io sono il mio numero”
di Tatiana  Alescio,
Regia di Tatiana Alescio
Con Giuliana Accolla, Rossana Bonafede, Valentina Ferrante, Laura Giordani, Tatiana Alescio, Aurora e Beatrice Trovatello
Scene e costumi di Mary Accolla
Produzione Compagnia teatrale Trinaura di Siracusa
Stagione 2013-2014 Teatro del Canovaccio di Catania - 27/29 Marzo 2014