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Per Cantiere Campana, dal 10 al 12 Aprile, il Teatro della Tosse propone questo testo dell'argentino Rafael Spregelburd, esponente di quella nuova drammaturgia della rinata nazione sudamericana che a tratti rimescola la scena italiana talora arrotolata su sé stessa. Testo dalla scrittura sapiente e fulminante,

impastata di realtà ma capace di allontanarsi da essa con un atteggiamento alienato ed alienante, che quasi la guarda da dentro risolvendola in discorso scenico tragico nella sua assoluta irredimibilità.
All'interno di una famiglia sfasciata, deiettata in una realtà sociale priva di veri riferimenti, la narrazione si sviluppa su piani contrapposti, da quello dell'indagine al piano onirico che vira in psicosi, in un certo senso senza prendere parte a nessuno di questi ma accostandoli, anche visivamente nelle scenografie coesistenti, e presentandoli per quello che sono o che appaiono.
Ciascuno di questi piani narrativi e anche sintattici, quasi sospesi tra il tragico ed il comico, sembra giustificare sé stesso e l'altro nel mentre lo smentisce e si smentisce.
Fulcro della narrazione una madre denegante e in bilico perenne tra contraddittorie soluzioni esistenziali ma in realtà incapace di scegliere, sospesa tra due figli, l'uno scivolato nella psicosi del sogno lucido (da qui il titolo) che, anche identificandosi fino al travestimento, tenta di organizzare una realtà incomprensibile e nemica, l'altra fuggita o allontanata e improvvisamente e minacciosamente riapparsa.
Segno unificante, che viene dal passato, il vero o presunto dono di un rene dall'una all'altro, evento che mai scopriremo in quale piano narrativo si colloca, quello del sogno o quello della realtà, ma su cui si articolano e sviluppano le relazioni agite in scena fino allo sfascio finale della solitudine nella follia della madre, paradossalmente preannunciata nel corso di tutta la “commedia”.
Giocata la narrazione su una sintassi non lontana dal thriller, il delitto, già verificatosi oppure temuto, ha un testimone, alter ego forse del drammaturgo oppure di noi pubblico, amico della madre nella realtà e cameriere nel sogno del figlio.
Una drammaturgia dunque che costruisce, su una scrittura come detto veramente apprezzabile e di cui stiamo forse perdendo l'abitudine, un meccanismo scenico coerente ma che non propone od offre soluzioni, gettato in senso lato in faccia al pubblico sperando che questo sappia cosa farsene.
Una drammaturgia bella e spiazzante, proposta nella traduzione di Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni e per la regia della stesso Roberto Rustioni e di Milena Costanzo.
In scena Milena Costanzo, Antonio Gargiulo, Maria Vittoria Scarlattei e ancora Roberto Rustioni che danno ai quattro protagonisti, la madre, i due figli e l'amico ovvero il cameriere, i toni giusti salvo qualche occasionale difficoltà ad evitare le trappole di personaggi dalle mille sfaccettature.
Produzione dell'Associazione Teatro C/R – Fattore K – Olinda – Teatro i, ormai da qualche anno calca le scene italiane con un successo rinnovatosi anche a Genova.