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“La notte più lunga eterna non è....” Con qualche riferimento ai grandi del teatro e oggetti scenici che assumono il ruolo di vere e proprie didascalie teatrali, lo spettacolo “Volo 903: Emil Zatopek: il viaggio di un atleta”, racconta la vita di Emil Zátopek. Medaglia d’oro e record del mondo nelle differenti discipline della corsa: 5000 mt, 10000 mt e maratona, ai Giochi Olimpici di Helsinki del 1952. L’atleta cecoslovacco, visse al di fuori degli schemi, nella vita e nella corsa: il suo stile era molto diverso dall’armonia di un gesto atletico canonico, ma la sua resistenza e la sua corsa erano come il volo di un aquila, era noto per ansimare pesantemente mentre correva, e questa caratteristica divenne il suo elemento distintivo. Per questo motivo venne soprannominato: la locomotiva umana. Correva con la testa piegata indietro, i gomiti vicino al corpo, una smorfia di dolore sul viso. Questo straordinario uomo, di umili origini, ha corso anche nella vita; ha attraversato tappe significative della storia, eventi tristi del suo paese e non si è sottratto a nulla, alla guerra, al regime, alla primavera di Praga, al suo declino. E nonostante tutto: la Siberia, l’isolamento, la povertà, nonostante tutto ha sempre sorriso. Firma un manifesto contro il regime e viene confinato in Siberia. Ritornato in patria, lo mandano a fare il netturbino, la gente esce dalle case per vederlo e lui corre, corre sempre, dietro i camion della spazzatura. Anche i due attori Stefano Annoni e Daniele Gaggianesi, abili referenti di una storia mitica, corpi scenici carichi di energia e bravura, corrono davanti al pubblico che diventa, giudice, spettatore, tifoso. Corrono in uno spazio vuoto che amplifica ed espande ogni gestualità: in fondo l’uscita d’emergenza, via di fuga dai momenti di gloria e di amarezza. In questo spazio completamente aperto, la visione registica di Massimiliano Speziani lavora sulla coordinazione e armonizzazione dei segni: zone spaziali, gesti, corse, oggetti, creando un universo tutto da immaginare. Lo spazio teatrale diventa così non solo luogo di rappresentazione, ma anche “non luogo”, immagine del non-rappresentabile. In scena alcuni sacchetti della spazzatura, che assumono una funzione polisemica, entrano in un campo di ricerca infinita, diventano oggetti, predicati, soggetti, determinanti in grado di chiarie aspetti del personaggio, psicologia, biografia, ruolo sociale. I sacchetti neri della spazzatura assumono una funzione poetica nel lavoro creativo di Spaziani: mongolfiere, segnalatori di vento, espressione del regime, respiro stesso di Zátopek. La visione della regia armonizza le diverse parti del testo teatrale di Maddalena Mazzocut-Mis, che passa con disinvoltura dalla cronaca, al diario, alla scrittura fatta di citazioni: in scena anche alcuni simpatici aforismi di Zátopek. Dalla periferia al centro: Marta Galli, direttrice di una piccola casa di produzione di Vimercate, sostenuta dall’Aslico di Como, taglia il traguardo e arriva al Piccolo. Non male, degna di un vero maratoneta.

Milano Piccolo Teatro Studio Melato, 14 Aprile 2014