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Barbara Moselli, diplomata alla scuola dello Stabile di Genova come tutti i componenti della Compagnia NIM che lo ha prodotto insieme al Teatro Stabile delle Marche, si espone nella sua prima drammaturgia con questo lavoro, disincantato e distaccato che ricama una trama lieve su un groviglio psicologico, e ormai anche sociologico, che tutti ci riguarda almeno un poco, quello del distacco dei figli dalle madri e delle relative, reciproche strategie.
Tra le compagnie ospiti dello Stabile genovese, al teatro Duse dal 6 all'11 maggio.
Uno script leggero, dalle sintassi che virano ineluttabilmente alla sit-comedy  televisiva, su un plot dalle implicazioni spesso anche dolorose e drammatiche che, però, emergono quasi in lontananza ma forse facilitate nella percezione proprio da un linguaggio e da una scrittura fresca e ironica, talora comica, e dalle notevoli potenzialità.
Una madre evidentemente vedova e possessiva, la brava Orietta Notari che riempie la scena con mimica e gestualità esperta non priva di adescamenti al pubblico, ha vinto sui figli fino ai loro trent'anni ed oltre ma sembra sul punto di perdere l'ultima battaglia.
La figlia maggiore ha deciso di partire per Londra, trovare lavoro ed essere infine indipendente, quasi battistrada per il fratello minore  già trentenne, che esita ad uscire dalle terre di un adolescenza senza fine.
La battaglia finirà con un inedito ma non inaspettato compromesso che non intacca però gli equilibri ormai radicati del possesso e della dipendenza.
Spettacolo indubbiamente godibile che si giova della attenta, e credo volutamente sotto-traccia, regia a quattro mani di Matteo Alfonso e Tommaso Benvenuti, nonché della bella scenografia, quasi un “cartoon” americano degli anni sessanta, di Roberto Bivona e Stefania Cempini con bozzetti di Giorgia Marinelli. Belli anche i costumi sempre di Stefania Cempini ed adeguato il contributo luci di Mauro Marasà.
La stessa Barbara Moselli e Vito Saccinto sono, in scena, i due fratelli alle prese innanzitutto con sé stessi ed i propri limiti e hanno già una buona sapienza recitativa, che accenna con misura a quei toni consueti, in gestualità e sintassi, molto apprezzati dal pubblico.
Il tema, importante e molto contemporaneo anche nelle ricadute talvolta tragiche della attualità, come dire è posto, è ben posto, ma senza troppo spaventare e per questo talora disarmante e distraente oltre il necessario.
Uno spettacolo peraltro fluido su un testo nel complesso ben scritto, con qualche credo non necessaria caduta nel luogo comune, e sufficientemente strutturato che, forse anche per e nei  limiti accennati, ha riscosso lunghi applausi da una platea felicemente piena in un quasi tutto esaurito.