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Argómm teatro, zona Niguarda, «presidio di resistenza artistica e culturale, in difesa di un contesto periferico, degradato dal baratro dell’indifferenza. Questo presidio sociale è diventato strumento di coesione e condivisione reale». Il direttore artistico Francesco Mazza, apre la serata e presenta il suo teatro,

luogo per il quale ha lottato, luogo di resistenza, di ricerca teatrale contemporanea.  Luogo ideale scelto dalla compagnia Oneiros Teatro per dare vita a un testo originale: Diamanti, di Gaspare Dori. Brunella Ardit, regista dello spettacolo, è una donna “ardita”, mette in scena il testo di un autore poco rappresentato in Italia, la cui scrittura, complessa ed ermetica, richiede molti passaggi di comprensione, una regia in grado di selezionare e determinare, un lungo lavoro di interpretazione, bisogna saper osare, Brunella è riuscita in questo. Una scrittura figlia della nostra realtà, caotica, lacunosa, dove nulla è chiaro, definito: l’incerto avanza mascherato da altro. Dori è un autore che meriterebbe maggior attenzione da parte dei teatri italiani, racconta temi di grande attualità in modo grottesco e surreale, con ironia. I suoi testi sono tradotti in francese e sono attualmente oggetto di studio per le caratteristiche linguistiche della sua drammaturgia, per la fiorente creatività. Se avete voglia di leggere le sue molteplici visioni, potete trovarle proprio in questo sito, sono state pubblicate qualche anno fa, nella rubrica “dramma del mese”. Nato nel 1967, Dori, vive a Parigi, dove alterna la professione di avvocato all’attività di drammaturgo. Collabora regolarmente con l'E.A.T. (Ecrivain Associés pour le Théâtre), associazione presieduta da Jean-Michel Ribes, ottiene diversi riconoscimenti; con Diamanti, vince il Premio “Il Viaggio Infinito” nel 2003 ed è stato uno dei quattro finalisti del concorso indetto da I Rabdomanti - Centro Italiano di Ricerche Teatrali. Un estratto del testo è stato presentato alla Triennale di Milano, nell'ambito della manifestazione Tramedautore.
Il testo,parla di una fabbrica che produce diamanti utilizzando ceneri umane, di malati e storpi che vengono rapiti da emissari della stessa fabbrica. Due dipendenti di un'azienda si preparano per sostenere una fantomatica prova. Se la loro prova non sarà eccellente finiranno nel settore B quello che produce diamanti, utilizzando una materia prima a dir poco insolita. Una donna cerca suo padre, scomparso in circostanze misteriose. Sullo sfondo, dei kamikaze si preparano a compiere degli attentati suicidi. I personaggi, fortemente simbolici, rappresentano e riportano alla memoria abitudini di un potere corrotto. Gli interpreti (Antonio Napoletano, Annarita Argiolas, Ivan Sirtori, Franco Ciani, Adriano Martinez, Rosario Landino, Edoardo Visentin ) alle prese con tutte queste complessità hanno cercato di entrare in questo processo al meglio. Qualcuno più coinvolto, qualcun altro meno. Testo dai tratti drammatici, ma al tempo stesso capace di scatenare momenti di comicità riconducibile allo stile di Beckett e Pinter. Al termine della rappresentazione, l’autore, presente in sala, illustra le finalità della sua opera: «Ho voluto attirare l'attenzione degli spettatori sul fatto che il corpo umano, la vita umana, sono sempre più spesso ridotti ad oggetto, scambiati, venduti, fatti a pezzi. Non dobbiamo dimenticare che il corpo è il nostro ultimo baluardo di umanità. E' doloroso dirlo, ma fenomeni di questo tipo avvengono a due passi da casa nostra, spesso in paesi poveri, non è la stessa cosa nascere a Milano o in Palestina». La drammaturgia di Diamanti aspira ad un nuovo umanesimo, un umanesimo civile, in grado di porre al centro l’uomo e le sue sofferenze. Un umanesimo in grado di denunciare le ingiustizie, combattere le disuguaglianze. Nel quadro centrale, la figura poetica di un ombrellaio ci viene in aiuto per comprendere le nostre disumanità, ombrelli colorati, grandi e piccoli per proteggerci dal futuro...
Dai meccanismi del potere, che controllano e arginano i tentativi di ribellione di chi ha aperto gli occhi e vuole combattere. Le storie sono frammentate assistiamo contemporaneamente allo svolgimento di tanti casi umani diversi. La regia sviluppa con abilità il molteplice racconto in uno spazio scenico che appare dilaniato, lacerato dai ricordi dolorosi: a destra un pannello in memoria delle vittime dei campi di concentramento, a sinistra un grande orologio che scandisce i tempi frammentati e fra il pubblico e la scena un lungo filo spinato. Lo spazio scenico appare come un montaggio di quadri diversi, un grande contenitore depositario delle più significative fonti storiche ma anche luogo delle contraddizioni, bianco/nero, alto /basso, centrale /laterale, nelle diverse disposizioni dei personaggi. Lo spazio nella visione registica di Brunella Ardit diventa un ulteriore testo che racconta e si sovrappone al racconto in scena, una trasformazione immaginaria di eventi storici, che ci appartengono, come la guerra, la persecuzione degli ebrei, il terrorismo. Lo scandire del tempo è affidato alla figura di una donna, un personaggio fuori dalla scena, che con gesti pacati e misurati, rallenta i tempi per indurci a riflettere, a meditare e a rallentare i nostri stessi tempi di vita, sempre più frenetici e deliranti.

Foto Maria Scintilla

Milano, Teatro Argómm, 24 Maggio 2014