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A molti questo nome dalle sonorità lontane non dice nulla, eppure il suo passaggio per questa nostra terra che sembra ormai così disattenta e ostile è stata o può ancor più diventare una parabola ricca di sorprendenti lasciti.
Giunto dal suo Senegal, per anni venditore ambulante sulle spiagge affollate di Romagna, un vero e proprio vu' cumprà insomma, ha incontrato negli anni ottanta due ragazzi amanti del teatro e soprattutto, attraverso questo, della vita. Con loro ha scambiato esperienze e suggestioni, donando e ricevendo come nelle relazioni più durature.
Da “Ruh” fino ai “Polacchi” di fine millennio dove è un Pedar Ubu straordinariamente patafisico, con il Teatro delle Albe e con Marco Martinelli e Ermanna Montanari è un continuo scambio che con loro ha arricchito il panorama del teatro italiano e noi spettatori.
Poi è tornato in Senegal, a smentire tanti profeti ossessionati da mitiche invasioni, perché per lui il suo Senegal aveva diritto di essere meglio della nostra Italia che pure amava, è tornato ma con un bagaglio pieno e pesante per rinnovare anche nella sua terra l'amore per il teatro e forse per legarsi ancora di più ad essa.
Con i suoi ragazzi ha fondato un teatro dal nome esotico e con i suoi ragazzi tornerà comunque a Ravenna il prossimo 23 giugno con il suo ultimo spettacolo appositamente ideato, “Opera Lamb”.
Mandiaye non ci sarà, improvvisamente portato via alla gioia mancata per un soffio dei suoi e dei nostri amici delle Albe.

Di Mandiaye leggi la recensione al libro con la sua storia.