Pin It

Per il Premio Rete Critica 2013, mi fu chiesto di esprimere le mie preferenze per le votazioni interne a “Dramma.it”. Nella terna di papabili che avanzai, oltre al duo Mastrella-Rezza e a Luca Ronconi (accostati in guisa provocatoria), vi era anche Alessandro Bergonzoni; e spiegai il tutto con un preambolo generale e delle aggiunte nelle tre nomination. Così, del mirifico creatore bolognese, motivai: «Per quanto fa fuori dai Teatri – al di là del suo spettacolo più recente, URGE, dunque – ossia in situazioni disparate quali convegni, festival d’altre discipline, interventi editoriali e incontri pubblici vari; per il suo Teatro fuori dai Teatri, quindi, realizzato tramite la spettacolarità trascinante, esplosiva e di coinvolgente acume delle sue creazioni verbali che schiudono dimensioni possibili in cui reinventarsi e reinventare costruttivamente ogni cosa».
Nell’elenco inerente al personaggio in questione, avevo tralasciato le sue incursioni a parlare in asili, scuole e carceri, oltre al suo risaputo impegno per La Casa dei Risvegli dagli stati vegetativi. Ulteriori dimostrazioni, cioè, di una sua progressiva tensione a fuoriuscire dal palcoscenico per abbracciare la Realtà e l’Esistenza in maniera più esplicita e diretta, con l’empito corroborante della sua ricca carica personale e inventiva vitale. Carica ed Inventiva, da usarsi come antidoti e farmaci naturali (rammento una sua frase quale “Io mi drogo con la saliva”…) alle malefatte artificiose, irresponsabili e limitative del Presente e di chi lo abita con meschino – quindi povero – utilitarismo, standosene chiuso nella piccola patria del proprio esclusivo interesse, entro una propria auto-referenziale – e perciò destinata all’entropia – linea gotica esistenziale.
Forse è sulla scia suggestionante di siffatte mie riflessioni che, allora, ho ravvisato in Bergonzoni un tratto vieppiù viscerale e – direi – irato nella prima del suo nuovo spettacolo NESSI, al Teatro Elfo Puccini di Milano, lo scorso 3 giugno, che mi ha reso il nostro Artista un poco inconsueto agli occhi e al cuore: anche se, a dire il vero, nel precedente URGE tutto ciò era già emerso con una certa evidenza. Eppure ho voluto sorprendermi nuovamente in merito, quasi a volere avvalorare una volta di più tale suo pulsante addentrarsi – in modo maggiormente manifesto e spiegato – nelle ulcerate spire di un vivere odierno di terribile problematicità e quanto mai esecrabile. E saranno stati i dardi di quei suoi capelli lunghi d’un bianco oramai pazzoide, calati su un corpo d’acre magrezza e dall’usuale gestualità lunare; e/o le scintille incendiarie di quei suoi ricorsivi strabuzzar d’occhi, lampeggiati dallo sfavillio turbinante delle sue serpentine di parole. Sennonché, mi è giunta davvero una propulsiva e benedetta rabbia dai suoi peripli concatenanti ancora una volta – per l’appunto – geniali “Nessi” fra vocaboli e sintagmi verbali, tessuti col filo di una fantasia prodigiosa ancorché divertente: nell’accezione forte tuttavia di “di-vertere”, ossia di “volgere altrove”, in un Al di Là da noi che s’apre pertanto alle frontiere pure dell’“Impossibile” (termine, non per niente, celebrato da lui nella messinscena). Un’apertura di tale vastità, ovvero, dov’è giocoforza che passi l’intero magma multi-articolato e proteiforme della Vita; tra cui anche – ed è qui la ricchezza – il rinnovarsi medesimo di un’immanità di chance pertinenti etiche, condotte e contenuti emendati e autentici: perché alfine liberati, dopo averli esperiti con attenta e infuocata intensità di sensi, dal gorgo sviante dei simulacri contemporanei e delle correlate falsità invasive. E mi riferisco in primis – per esempio – a anabolizzanti TV e divisori new media, rappresentazioni coattive del Potere e informazione condizionata, comportamenti sociali soggetti a bieco consumismo ed edonismi, e via di cotanto critico passo. E perciò, nello spettacolo indiziato, l’aut-attore è inevitabile che si concentri e faccia proliferare metamorfiche riflessioni sulla Morte e il Morire: giusto per dare forma e densa visione a quello stesso Al di Là (alternativo al più conclamato chiuso “aldilà” e, in special modo, al nostro irretito aldiquà) che ognuno di Noi è e diventa in ogni istante, con tutto l’universo d’interstellari possibilità di Rigenerazione e fulgida Resurrezione che ciò reca con sé. E sono, difatti, gli inventivi “Nessi” che egli enuncia e che sporgono tra una concatenazione e l’altra di parole, di frasi e concetti, ad attrarre con inavvertita precisione la nostra attenzione partecipe su tale aspetto possibilista che il Reale comporta.
Un discorso equiparabile a quelli della Fisica Quantistica. E ne scrissi, non a caso, al riguardo già cinque anni fa a Riccardo Rodolfi, magnifico factotum del teatrante emiliano e co-regista dell’opera in esame, affermando quanto l’Ars letteraria e orale di Alessandro fosse pregna di aspetti e crismi degni di tale Scienza:
«che si è inoltrata e s’inoltra nella realtà effettiva, autentica benché non immediatamente percepita (tutt’altro!) dai nostri sensi: quella del mondo subatomico altroché surrealtà! Scienza protratta a prender coscienza di una realtà quadridimensionale, quella in cui – pare – si viva davvero, mentre invece noi ci si dibatte quotidianamente e si ha macroscopica contezza piuttosto di quella tridimensionale, la quale sarebbe solo una sorta di nostra interpretazione. Scienza dove nulla è certo, dunque, dove però tutto è probabile. Ed è fantastico sapere dell’assenza di certezze, poiché così tutto è di nuovo possibile, realizzabile, schiuso ad essere cambiato in via affermativa e positiva. Dipende da noi, da come e con quale atteggiamento interagiamo con la trama del Reale, il quale è lì-qui-dappertutto che ci ascolta e ci aspetta. E allora… “usa l’incredibile per fare il possibile”! Questo slogan da NEL [spettacolo di Bergonzoni del 2007].
E proprio come nell’universo subatomico della Fisica, particelle quali protoni, neutroni, fotoni – eccetera – collidono tra loro per sprigionare nuovi e più potenti flussi di energia in espansione (che poi si dirama lungo molteplici tracciati), le parole dei testi di Alessandro si urtano similmente tra loro: colpendosi, mescidandosi, creando nuove particelle lessicali, verbali, moltiplicando i sensi e le aperture stesse di senso del discorso indirizzandolo – con le sue fantasiose derive – dove molto può essere creato ancora su tale falsariga e rendendolo quindi mobile, evolutivo, vivo, capace, possibilista – orbene – in feconda alternativa a qualsivoglia pensiero unico, limitante e riduzionistico. “Meno creanza e più Creato!”.
Ritengo la scrittura di Alessandro qualcosa di necessario oggigiorno, poiché essa fa propria e restituisce il senso della complessità mutevole e svariante delle cose al di là della superficie visibile, dando conto giusto di quella realtà molteplice e aggrovigliata che viviamo tutti i giorni (ah! benedetta la quarta dimensione!) con la consapevolezza che, in virtù di ciò, va perlappunto affrontata senza arrendersi all’odierno proliferare di astrazioni arbitrarie e poveri schematismi semplificanti. Mentre pulsa piuttosto il Bisogno di una visione omnicomprensiva o perlomeno ampia – oltreché verticale/diagonale/orizzontale – del Tutto in vitale movimento e trasformazione. Vi lascio dunque con le parole del magico Carlo Emilio Gadda quando, col suo stile barocco e d’ironica antichità, scriveva:
“Ad Aristotele come al sommo Linneo o a Cuvier non sarebbe venuto in mente, quando si accinsero a ridurre ad espressione sistematica il mondo zoologico, di dire: ‘Oh! i polipi li lasciamo da parte ché contano poco e poi son viscidi e brutti, e studiamo le balene soltanto’. No: essi diligentemente analizzarono tutto il reale zoologico (secondo i lor mezzi e le loro forze) […] Occorre avere attenzione a tutta la realtà complessa per operare buone sintesi. Volendo restringerci a un campo, l’inventore è uno che non trascura rapporti apparsi alli altri insignificanti. Il genio letterario o artistico intuisce, cioè lega e sintetizza ed esprime comprendendo dei ‘minima’ che lo zoppicante scribacchino o il pinturicchio aveva creduto di poter trascurare o non aveva raggiunto [...]. Il senso del complesso deve essere il metodo d’un animo nobile”».
E si torna così alla fertile produttività dei “Nessi”, consapevoli dell’incredibile potenziale insito in ogni persona, la quale è molto più di quanto crede e pensa di essere: tanto può sprigionare nascoste energie, da moltiplicarsi poi in un Divenire di proattive alterità sempre creatrici e di sfolgorante vitalità. Ce lo attesta la Fisica Quantistica; ce lo assevera, tra risate ed emozioni soprannaturali (e, magari, una sana punta d’ira), uno dei suoi più inaspettati ‘cultori’: quel fantastico Genio di Alessandro Bergonzoni.

NESSI
di e con Alessandro Bergonzoni.
Regia: Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi.
Produzione: Allibito.
Visto il 3 giugno 2014 al Teatro Elfo Puccini di Milano (www.elfo.org). Prossimamente ancora in tournée.
Per news, aggiornamenti e materiali vari sull’artista, cfr. www.alessandrobergonzoni.it.