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Ultimi tre giorni per l'edizione 2014, la quarantaquattresima, di Santarcangelodeiteatri iniziata giovedì 11 luglio nella omonima cittadina romagnola alle porte di Rimini.
Un calendario come di consueto ricco dei contributi dei principali gruppi di ricerca italiana e di alcune, emergenti ma già ben note, esperienze internazionali. La tigre ne è quest'anno il simbolo, segno di uno sguardo non addomesticabile che esplora e trasforma il mondo, mutevole foresta in attesa di farsi città e cittadinanza, oltre il sé soggettivo. Visti il 18 luglio.

MOTUS Nella Tempesta (Foto di Andrea Gallo)
Una drammaturgia di Enzo Casagrande e Daniela Nicolò, con Silvia Calderoni, Glen Caci, Ilenia Caleo, Fortunato Leccese e Paola Stella Minni. Motus con questo spettacolo, come sempre parte di un discorso narrativo che si dipana nel tempo, qui quello del “Animale Politico” project 2011>2068, recupera lo Shakespeare dei cosiddetti romances, ove la narrazione mitica e fiabesca si fa metafora di una condizione umana anche politica, e lo incista con ribaltamenti anti-colonialisti del caraibico Cesaire e con le pulsioni millenariste, ma profondamente psicologiche ed esistenziali, della fantascienza di Philip K. Dick e Huxley. È così un riportarlo a terra nelle frizioni con il mondo contemporaneo e le sue contraddizioni, prima fra tutte quella della immigrazione cui la metafora shakespeariana della tempesta e del naufragio offre immediato collegamento, quasi che ancora una volta il “selvaggio”, in quanto ignorante forse della catena di comando, potesse romperla questa catena e ribaltarla. Una illusione forse, una speranza chissà, più spesso un fallimento perché la liberazione dello schiavo è cosa assai complessa, interiore ed esteriore insieme. È un riportare a terra una articolazione del potere sottratta anche alla nostra visione e trasferita in un ultra-mondo metaforico che lo ripara dalla politica per assegnarlo quasi alla metafisica. È la voce di Judith Malina che ci ricorda che non bisogna evitare la tempesta, anzi bisogna provocarla, perché è lì, come nel Tifone di Conrad, che si possono tirare le somme e verificare i conti con noi stessi. Ricordo di Judith parole simili in una intervista a me rilasciata  e pubblicata su Parol, quaderni d'arte e di epistemologia. Una drammaturgia a più strati, dinamica e poli-segnica che porta il mondo sulla scena e la scena nel mondo, un farsi drammaturgico come nelle corde dei Motus da seguire con interesse.

MARTEN SPANGBERG The nature (Foto di Ilaria Scarpa)
Gruppo coreografico svedese che prende il nome dal suo coreografo, spesso in Italia e con questo lavoro all'Hangar Bornacino, uno dei nuovi spazi del Festival. In scena Linda Blomqvist, Ludvig Daae, Yoann Durant, Sandra Lolax, Rebecka Stillman, Hanna Strandberg e per un breve momento anche lo stesso Marten Spangberg. In realtà una scena non era, piuttosto un luogo aperto, una spiaggia o un prato se vogliamo, perché la natura è un accadimento, non un progetto e non si perita di essere giudicata/organizzata/incasellata. Questo il punto di partenza estetico del gruppo che, proprio perché la natura accade, non si occupa di rappresentarla bensì solo di occuparla in quanto è l'uomo con le sue relazioni, nello spazio e nel tempo, l'unico progetto possibile. Così i movimenti coreografici accennano, costruiscono e poi magari rompono relazioni e legami lanciati come segni a dare sostanza metaforica ad un mondo in fondo indifferente. Noi spettatori in realtà non guardiamo, pur guardando come spettatori, piuttosto stiamo in mezzo a loro quasi come riferimenti di uno spazio che altrimenti si farebbe infinito, diamo così la dimensione di un discorso. Uno spettacolo che poteva anche non finire, interessante e fascinatorio con una qualità, nelle coreografie e nelle prestazioni sceniche, eccellente. Infine quasi un elogio della lentezza come riflessione sul mondo che coglie ciò che la velocità frenetica della nostra contemporaneità ci fa, forse volutamente, perdere, in noi e tra di noi, facendo esplodere quasi una comunità che avrebbe invece bisogno appunto di riflettere, il mondo in sé stessa e sé stessa nel mondo.