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Un uomo stanco, affaticato, in procinto di varcare il confine che divide la vita dalla morte, incontra le sue amanti di un tempo, nella stanza remota del castello di Dux, le donne, bamboline di porcellana, gli rimproverano i suoi errori, gli ricordano i suoi amori ma sono ancora innamorate di lui.

Non sono reali, forse sono solo ombre. In realtà non è un uomo, è il mito che resiste oltre ogni tempo. Ruggero Cappuccio nel suo testo vibrante e poetico crea un arcipersonaggio, cioè una figura mitica che assume i contorni dei personaggi della sua epoca, che è proiezione dell’autore: una figura al tempo stesso reale e fittizia. La scrittura densa e coraggiosa, ricca di riferimenti storici, canta le imprese di un uomo che amò le donne e l’idea di libertà che si nasconde in loro. Nel testo gli opposti convivono in armonia: realtà e finzione, verità e menzogna, paura e coraggio. Il punto di accordo risiede in un personaggio che è autore e uomo, vissuto in un determinato periodo storico, sociale, culturale. Il personaggio è, quindi, specchio di chi scrive ma è anche frutto di immaginazione in questo senso si può parlare di arcipersonaggio. Ondeggiamenti, virate, contraddizioni dell’agire di un uomo si imprimono nella scrittura, facendone per certi aspetti quasi un diario pubblico. Il contrasto tra le aspirazioni della gente comune e la brutale realtà di una società in fase di disgregazione (il contesto storico in cui sono ambientate le vicende richiamano lo sdegno verso ogni forma di corruzione e potere), rappresenta la decadenza dei valori culturali e morali, politici e etici, attraverso i cliché del linguaggio e i luoghi comuni dell’epoca. Casanova di Cappuccio si ispira in parte al Don Giovanni di Ödön von Horváth: si riscontra la medesima denuncia nei confronti di un mondo falso e perbenista, la stessa caducità di un eroe stanco, giunto al termine della notte: “Vivono in un paradiso di stupidità e il loro ideale è il sarcasmo. Andiamo verso tempi freddi, verso l’era dei pesci” –così parlava della sua epoca von Horváth, così Cappuccio /Casanova parla anche dei nostri tempi: un mondo in decadenza, dove l’apparire conta più dell’essere. La regia visionaria e creativa di Nadia Baldi, regala meraviglie, trasversalità di movimenti, rovesciamenti carnevaleschi, dialogo fra l’azione scenica e la parola drammaturgica che cattura continuamente l’attenzione dello spettatore. La metarecitazione delle dame crea una recitazione sulla recitazione, un teatro sul teatro, un istinto caricaturale e satirico (ben sostenuto dalle attrici Franca Abategiovanni, Carmen Barbieri, Giulia Odori, Rossella Pugliese e Marina Sorrenti) rendendo la rappresentazione viva e plurirealistica, il tutto in una visione estremamente simbolica. Teli che assumono i colori delle luci, seguendo il racconto del protagonista. Poltroncine che richiamano le sedie a rotelle di malati immaginari, il bianco assoluto che assume i connotati della corsia di un ospedale. Qual la malattia che si vuole curare? La mancanza d’amore. Roberto Herlitzka, un Casanova fragile e delicato, con tutto l’amore di cui è capace, regala alla quarta parete, un’interpretazione che resta nei sensi e nello spirito.

Milano, Teatro Franco Parenti 17 Luglio 2014