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La “Piccola Compagnia della Magnolia”, giovane e interessante realtà artistica piemontese, organizza ad Avigliana nell'hinterland torinese la seconda edizione di questo evento che è in un certo senso la filiazione italiana di “Printemps d'Europe” che, sotto la comune egida della piattaforma

Europe&Compagnies, sin dal 2008 ha luogo a Lione, proprio oltre le Alpi della Val di Susa.
Festival dunque che non vuole tradire la vocazione a contaminare attraverso l'incontro dei diversi orizzonti che animano non solo i rapporti transfrontalieri, ma soprattutto l'insieme delle iniziative che, come un sottosuolo ricco e carsico, arricchiscono il giovane teatro europeo.
Dal 16 al 21 settembre nella suggestiva e accogliente cittadina ai piedi delle montagne alcune realtà teatrali, tra drammaturgia, danza e performance, di Belgio, Spagna, Finlandia, Francia, Polonia e Italia hanno caratterizzato il Festival, mentre alla “Piccola Compagnia della Magnolia, e a Giorgia Cerruti, Davide Giglio, Roberta Campagna e Marzia Caredda che la animano, va dato atto del successo di uno sforzo e di una fatica, talora impressionanti. Non solo organizzatori però, ma anche protagonisti del festival durante il quale hanno riproposto la loro “ZELDA/Vita e morte di Zelda Fritzgerald”, drammaturgia ricca e appassionata già vista al Torino Fringe Festival e oggetto allora di recensione.
Visti sabato 20 settembre.

THAT'S IT
Al Teatro Fassino in Avigliana nuova. La giovane danzatrice belga Sabine Molenaar, della Compagnia Sandman, si addentra in una ricerca, insieme fisica e psicologica, degli elementi di realtà, residui e dispersi, e dei pochi collegamenti che ancora animano i rapporti tra una interiorità oscura e anche sofferente ed una esteriorità contemporanea che sembra allontanarsi e sciogliersi nel nulla. È un confine sempre meno individuabile e lo stesso corpo non riesce più a definirsi nei suoi movimenti quasi spastici in uno spazio che sembra non dare più riferimenti, ed è come scosso e deformato da pulsioni intime cui non possiamo dare volto e che dunque spaventano. L'intera coreografia diventa così una ricerca dall'indistinto al definito, dal non senso al senso, un viaggio in cui il corpo, scosso e deformato, si impegna a ricostruirsi verso una perduta e ormai irraggiungibile armonia, dalla nudità verso l'identità. Sabine Molenaar dimostra tecnica e sensibilità manipolando quasi il proprio corpo e costringendolo in una peripezia talvolta dolente e dolorosa nel buio di una scena quasi vuota, tra i totem di una identità, di una verità, di una realtà ambita ma forse per sempre perduta. Coreografia assai interessante dalle forti componenti linguistiche e drammaturgiche che scivola oltre la tradizionale costruzione dello spazio scenico.
Ideazione e coreografia della protagonista, musica di Emilian Gatsov, disegno delle luci di Filip Timmermann, drammaturgia di Gina Serbanescu. Accolta con molto calore.

ALICE DELLE MERAVIGLIE
Nella Avigliana vecchia, al Giardino delle Donne, luogo e nome evocativi e quanto mai indicati. Il Gruppo Macelleria Ettore rivisita l'Alice di Lewis Carrol in modo innovativo, oltre ogni facile luogo comune, e lo fa costruendo questa sua intrigante riscrittura/revisione su due elementi essenziali, uno di natura linguistica impostato sul tempo, visto nel suo contraddirsi tra tempo psicologico, anche di Agostiniana memoria, che volge e recupera nel presente del sogno una sorta di dimensione eterna e atemporale, e tempo storico che attorno a noi sembra svilupparsi ed anche esaurirsi in contingenza secondo modalità sempre più sfuggenti e incomprensibili. L'altro elemento è di natura sintattica e riguarda l'uso di una tecnica di montaggio quasi cinematografico che amalgama luci e scenografia, testo e recitazione in un continuo andare e venire, recuperare e perdere che, paradossalmente, costruisce una identità in scena. Da qui l'essere in ritardo e di qui dunque l'inadeguatezza di un contemporaneo stare nel mondo che ci caratterizza e angoscia, tendenzialmente privandoci di una soggettività che abbia altri collegamenti oltre a quello con noi stessi.
Non è un caso che Antonin Artuad, cui tanto deve il teatro per la percezione e valorizzazione del corpo recitante come fondamento della scena, abbia, durante uno dei suoi soggiorni in ospedale psichiatrico, tradotto Lewis Carrol e una parte della sua Alice, traduzione riproposta da Einaudi nel 1993 in una bella edizione, nella versione di Guido Almansi e Giuliana Pozzo per la collana “Scittori tradotti da scrittori” sotto il titolo “Humpty Dumpty di Lewis Carroll”.
Maura Pettorusso in scena è una Alice sospesa tra infanzia ed età adulta, tra sogno e realtà, tra vuoto del mondo e pieno della mente. È una identità perduta e però riconquistata proprio attraverso e grazie alla sua perdita. La drammaturgia e la regia sono di Carmen Giordano che compie un eccellente lavoro, dimostrando padronanza dei linguaggi e capacità di manipolazione, e che gestisce la scrittura scenica con efficacia. Alice Colla si occupa del disegno luci, mentre collabora all'organizzazione Daniele Filosi. Un bello spettacolo, sotto le stelle di un cielo ritornato limpido, con molti applausi.