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Torna a Milano Tramedautore, il Festival internazionale della nuova drammaturgia, curato da Outis per la direzione artistica di Angela Calicchio e Tatiana Olear. Si tratta ormai di un appuntamento fisso, giunto alla quattordicesima edizione, ancora ospite presso il salotto buono

del teatro milanese, il Piccolo Teatro. Dal 18 al 28 settembre, nella sede del Piccolo di via Rovello e al Teatro Studio Melato si alternano autori e spettacoli nell’ambito del macrotema Eurasia. Accanto alle opere selezionate al Festival PIIGS, acronimo per indicare i paesi europei più deboli tra cui l’Italia, e al focus selle Tigri Asiatiche, gli autori italiani continuano ad avere un grande spazio in una vetrina di primo piano, accomunati quest’anno dalla capacità di agitare le coscienze e saper cogliere nel segno delle questioni più vive del contemporaneo. Il festival tributa un omaggio doveroso all’agitatore d’animi per eccellenza, Dario Fo, attraverso la rappresentazione con ben 25 attori di uno studio dal suo testo inedito, Storia di Qu. Vi si affianca la prima milanese de Il partigiano Franca, scritto e interpretato da Marina De Juli, storica attrice della Compagnia Fo – Rame.
Uno dei nuclei qualificanti del festival è indubbiamente il progetto PIIGS, una novità nel panorama teatrale. Con lo sguardo fisso alla crisi economica e sociale che attanaglia l’Europa,  Perpetuummobile e Espai de creaciò Nau Ivanow, creatori del progetto, hanno commissionato cinque testi ad autori residenti nei paesi rappresentati nell’acronimo, cioè Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna. I lori testi sono rappresentati a Tramedautore, ciascuno con punti di vista e tematiche propri. Così l’italiano Davide Carnevali col suo Confessione di un ex presidente che ha portato il suo paese sull’orlo della crisi (messo in scena da Michele Di Mauro, suoni di G.u.p. Alcaro) sceglie il monologo utopico per narrare il rapporto tra il potere e la realtà, mentre la greca Maria Tranou in  Roof - Il tetto (regia di Annig Raimondi) percorre la via dell’ironia per descrivere una famiglia alle prese con la crisi, gatto compreso. Due disoccupati rapiscono un banchiere e il suo avvocato nella pièce del portoghese Armando Nascimento Rosa, Resgate - Il riscatto (regia di Matteo Alì), in un viaggio alla comprensione del senso del concetto di “salvataggio”, tanto (ab)usato negli affari di politica economica internazionale di questi ultimi anni. La Crida – L’appello (regia di Carolina De La Calle Casanova) di Ferran Joanmiquel Pla (Spagna) è la chiamata di un attivista estremista in campagna elettorale, mentre Dayshift (regia di Elisabetta Carosio) dell’irlandese Darren Donohue sceglie la metafora aziendale per narrare il tracollo della società moderna.
Molti altri sono i “capitoli” che Tramedautore è in grado di aprire nel corso del suo svolgimento. Una bella riflessione sul rapporto tra stanzialità e nomadismo di dipana nella produzione francese Remulus, stimolante occasione di drammaturgia collettiva capace di riunire autori di varie nazioni nell’ambito di un tema comune. L’idea di Andrei Feraru è attraente non tanto per la scarsa frequenza con cui capita di imbattersi in progetti del genere, né tantomeno per l’arditezza richiesta a chiunque voglia cimentarsi in tali difficilissime operazioni di scrittura teatrale. La carta vincente risiede altrove, nella capacità di affondare la lama in un tema tanto attuale quanto esposto a facili usi retorici. Per convincere non bisogna predicare ma raccontare, e il teatro sa farlo magistralmente.
Tra concerti nel Chiostro Nina Vinchi e conferenze a margine degli spettacoli, la sezione Asian Tigers ci racconta con un taglio inatteso quel mondo orientale che ci sfugge ancora e forse conosciamo poco. Negli anni Novanta erano paesi sottosviluppati che in un batter d’occhio hanno catturato l’attenzione del mondo, non fosse altro che per il fatto che i loro prodotti industriali, spesso di gran qualità, si sono riversati copiosi in Europa. Corea del Sud e Singapore, in particolare, sono narrati da autori locali che ne sanno cogliere risvolti di raro spessore, come Kim Kwang-Lim con Confessions of Mr. Kim, Lee and Park  (messa in scena di Fulvio Vanacore), storia di affari sporchi e intrighi economici, o Haresh Sharma con Best Of  (regia di Tatiana Olear con Arianna Scommegna), storia di una donna emancipata che non può chiedere il divorzio.
Tra i vari spettacoli in cartellone, spiccano i titoli scelti per la capacità di porre interrogativi irrisolti. Così  La mia massa muscolare magra di Tobia Rossi guarda al rapporto tra sesso occasionale, corpo e mondo web, mentre la produzione teatrale di Emergency presenta Stupidorisiko (testo e regia di Patrizia Pasqui con Mario Spallino), un’analisi disincantata della “geografia della guerra”, dove non contano i confini naturali, i fiumi e i laghi ma i pozzi di petrolio, le miniere di diamanti e il mercato delle armi.
Il festival milanese ha avviato una collaborazione con Alina Narciso, ideatrice del progetto La scrittura della differenza, legato un bando biennale di drammaturgia femminile giunto già alla VII edizione, che si concluderà con un festival a l’Avana dal 8 al 15 marzo 2015. Gli obiettivi del bando sono notevoli, tra tutti la voglia di garantire visibilità alle autrici drammaturghe, integrandole in una rete internazionale di altre professioniste della scrittura teatrale.
Omissis di Angela Villa ha vinto, per l’Italia, la settima edizione e sarà rappresentato, nell’ambito del festival di L’Avana, da una compagnia cubana in una mise en espace in lingua spagnola; il testo E tu chi sei della giovane Margherita Tercon ha avuto una segnalazione dalla giuria italiana.

Tramedautore, pur nelle difficoltà della contingenza storica del paese, riesce ancora a riempire la sala e a portare in scena dell’ottimo teatro contemporaneo. Piace molto quel suo carattere sempre un po’ laboratoriale, dove gli spettacoli sono al confine tra la lettura scenica e una certa interpretazione minimal. Ma è così che deve essere, la sua vocazione è la vetrina di nuova e buona drammaturgia, dove il testo e solo il testo comanda. La musica, la scenografia e il gesto attoriale sono talvolta in secondo piano rispetto alla Parola, condensato ad altra densità di riflessioni articolate che si palesano meravigliosamente mediante la capacità sintetica che solo il contesto teatrale sa garantire.