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Zia Severina è in piedi. E resta così a lungo durante tutta a rappresentazione, percorrendo i quaranta metri quadri del suo piccolo appartamento che gli uomini della mafia le vogliono portar via. Zia Severina è in piedi e noi speriamo che resti così a lungo, è ormai un simbolo di lotta, di resistenza. Speriamo che restino in piedi tutti quelli come lei che non abbandonano i loro sogni strada facendo, che non si arrendono ai soprusi che non sprecano le loro vite nel vuoto. Il testo è ispirato a una storia realmente accaduta in un quartiere storico di Milano, Niguarda, una donna anziana, sola, denuncia gli uomini della ‘ndrangheta che vorrebbero cacciarla via dal suo quartiere dai suoi luoghi, dalla sua storia, ma soprattutto dalla sua casa, per subaffittare e sfruttare gli immigrati. Zia Severina dialoga tutta la notte con il ragazzo assoldato, (soprannominato Mongolfiera), da chi gestisce il racket delle case popolari. Il giovane entra ogni notte in casa di Severina, rimasta a vivere da sola nel bilocale dopo la morte del marito. Si nasconde negli armadi della camera da letto e della cucina. Severina è divisa tra la paura di abbandonare tutto e il desiderio di cambiamento che la spinge a prendersi in qualche modo cura del giovane: gli prepara la colazione, perché "chi fa un lavoro come il tuo ha sempre fame", gli chiede di buttare la spazzatura quando esce, gli consiglia di trovarsi una brava ragazza...Monologo obbligato anche perché Severina è sola. E vive in una città in cui "la mafia non esiste", ne sono convinti i vicini di casa ma anche i poliziotti a cui si rivolge quando è troppo impaurita, e che la trattano come una vecchia pazza, con le allucinazioni. Non sono allucinazioni, però, i rumori che la tengono sveglia, il chiasso alle quattro del mattino sotto casa, le telefonate anonime nel cuore della notte. Non sono allucinazioni i ricordi delle persone oneste che, nel tempo, hanno abbandonato gli appartamenti sotto minaccia. Zia Severina è sola perché i vicini, le istituzioni, l’hanno lasciata sola. Spettacolo antimafia tratto da un capitolo di "Alveare", romanzo-inchiesta di Catozzella, il monologo racconta una storia realmente accaduta. Lo spettacolo viene accompagnato da riflessioni con Davide Salluzzo (Direttore Regionale della Lombardia per Libera Contro le Mafie) e Lucilla Andreucci (Coordinatrice a Milano per Libera) che ricorda Lea Garofolo, barbaramente uccisa a pochi passi dal centro di una città affollata. Davide Salluzzo ci commuove nel ricordare le lenzuola bianche appese alle finestre durante le manifestazioni contro la mafia a Palermo e ci invita a riflettere sul silenzio delle finestre milanesi dopo i funerali in memoria di Lea Garofalo. La mafia è anche qui, opera tranquilla con calma se ne parla meno perché i mass media non citano non raccontano, agisce indisturbata. Valentina Scuderi, nella parte di Zia Severina convince e intenerisce, non c’è un gesto, uno sguardo fuori posto e il testo racconta con lucidità e ritmo, la solitudine di una donna anziana e il coraggio di chi sa dire no. Una sveglia collocata in un angolo sopra il televisore, scandisce i ritmi del monologo e racconta del tempo che passa senza che nulla cambi. Una lunga sciarpa rossa ci parla di resistenza e una rosa rossa in un piccolo vaso esprimere il desiderio di amore e di cura. Senza amore, senza cura, ogni città muore, ogni forma di solidarietà inaridisce. Gli eroi vivono nel quotidiano ma noi preferiamo dimenticare. Perché? Perché non fanno rumore e si sa di questi tempi il rumore è preferibile al silenzio che fa ragionare che fa dubitare. Nel quartiere Niguarda a Milano se la ricordano in tanti zia Severina, barricata fino all’ultimo nella sua casa popolare in balìa di una cosca che voleva portagliela via. È una storia di resistenza e di dignità, di lotta silenziosa, compiuta con l’unico mezzo di cui è in possesso un’anziana donna: l’ostinazione. La sua caparbietà e la sua costanza hanno dato l’esempio nel quartiere: dopo di lei tante altre famiglie hanno iniziato a lottare a denunciare. La regia di Carolina De La Calle Casanova, che firma anche il testo, coglie le sfumature e i ragionamenti interni della donna senza cadere nella retorica, una regia lucida e ragionata. Molti meritati applausi. Il teatro, quando vive, come in questo caso, regala sogni e speranze. Speriamo che una tenace, pacifica zia Severina, resti a lungo in piedi dentro di noi, dentro le nostre città, dentro le nostre coscienze.
Milano, Sala Fontana 17 ottobre 2014