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Un testo onirico, un viaggio nelle coscienze, nei sogni quotidiani, nelle malinconie, nei desideri. Tutto questo in VA TUTTO BENE, da un’idea di Stefano Cordella. Una drammaturgia collettiva curata dalla Compagnia Òyes  con Vanessa Korn, Dario Merlini, Alice Francesca Redini, Umberto Terruso, Fabio Zulli. La regia di Stefano Cordella è veloce, scorrevole una freccia decisa e tagliente. «Va tutto bene». Quante volte in un mese pronunciamo questa frase? Quante volte la ripetiamo a noi stessi? Per rassicuraci per convincerci, per continuare ad andare avanti anche se tutto intorno crolla. «Esilarante e amaro, lo spettacolo affronta la tragicommedia della vita umana, che scorre ironicamente tra un paradiso tropicale e un capodanno con Carlo Conti, alla disperata ricerca della felicità».
Attilio un giovane di diciotto anni, (li compie in scena) è timido e insicuro. Ha un padre assente e una madre persa nelle fantasie della televisione, una donna sempre in crisi con se stessa. Modesta, composta, convinta di aver commesso chi sa quale misfatto. Una vita non vissuta pesa come un macigno come una cattiva aziona verso se stessi e gli altri. Ben interpretata da Alice Rendini, sempre all’altezza dei suoi personaggi. Attilio, senza più punti di riferimento, si affida a un amico Edo (vestito completamente di nero) che potrebbe anche essere il diavolo in persona o l’alter ego di Attilio, che si pone nei suoi confronti come un vero e proprio maestro di vita, guidandolo verso un discutibile viaggio alla ricerca della felicità. Solo l'arrivo della bellissima e misteriosa Lilly, vestita completamente di bianco (forse un angelo), sconvolgerà la vita di Attilio, costringendolo a guardare in faccia la realtà. Il testo si presta a molteplici interpretazioni. Lascia aperte molte possibilità di scelta sugli sviluppi dei personaggi. Scritto a più mani, è un testo corale che presenta molte sfaccettature, visioni, come questa nostra realtà contemporanea così molteplice e frammentaria. La parola scenica, dura tagliente, incisiva, caratterizzata da un buon equilibrio stilistico, si stratifica a partire dalle singole desolazioni, dalle coscienze addormentate, che trovano nella morte una ragione di vita. Il padre da morto, riflette sulla sua esistenza e sul rapporto con la moglie e il figlio.  Molti aspetti della sua vita familiare appaiono più chiari. Incomunicabilità senso di inadeguatezza sono tutti temi che accompagnano gli uomini e le donne delle nostre città. Di oggi ma anche del passato. Temi universali.
«La compagnia Òyes prosegue un percorso di teatro fortemente immerso nelle problematiche della contemporaneità, iniziato con Effetto Lucifero e con Luminescenz. Un teatro che riesce a parlare del disagio del vivere utilizzando con maestria le armi dell’ironia e della tragicommedia. Se in Effetto Lucifero si indagavano le forme e la causa della violenza, in Luminescenz la necessità di credenze e la conseguente deriva mistica, in Va tutto bene la compagnia scandaglia i temi della solitudine, dell’abbandono, della ricerca della felicità, che portano i protagonisti del dramma a rifugiarsi nella costruzione di un proprio “paradiso” personale». Ogni personaggio ricerca il proprio paradiso personale vive nel proprio piccolo mondo senza curarsi degli altri. Vite sprecate, di corsa, segnate dal narcisismo da forme di egocentrismo infantile. Tutti gli attori espressivi e dinamici, rapidi nella loro arguzia e mutevoli nei cambi di umore, in sintonia con i personaggi. La scena fissa, una cucina e una cameretta, esprime un naturalismo che lascia un po’ perplessi, un approccio minimalista e simbolico degli elementi scenici avrebbe connotato maggiormente l’aspetto onirico e sognante di una parola scenica che va oltre la nostra epoca, regalando un salto universale. In futuro si può pensare a un cambiamento in questa direzione. Un ultima considerazione, prima di concludere questa recensione... ogni tanto, giusto per non finire nell’entropia della monotonia, pensiamo a quello che ci accade intorno, pensiamo se nella vostra vita, va veramente tutto bene...Impossibile, qualcosa che non va sempre si trova. E’ questo il messaggio che la regia ci regala nel finale sognante.

Milano, Spazio Tertulliano, 19 ottobre 2014