Pin It

“Caro Annibale, dopo averti conosciuto, per caso, nelle aule universitarie, durante i corsi di letteratura teatrale e storia dello spettacolo, tra le pagine dei tuoi scritti, dopo aver sentito pronunciare per la prima volta il tuo nome dalla professoressa che mi propose una tesi di laurea sulla tua produzione, spesso ho avuto l’onore e la fortuna di osservare numerosi allestimenti dei tuoi spettacoli, durante questi lunghi anni di vita a Napoli. E da quel giorno tutto cambiò”.  Esempio di ipotetica lettera che mai Ruccello riceverà, per ovvi motivi, e che mai avrebbe ricevuto, probabilmente, per timore reverenziale. Stavolta questa recensione incomincia così, ricordo dovuto ad uno degli autori più importanti della Nuova Drammaturgia Napoletana, oggi, ormai, pietra miliare della letteratura teatrale campana ed italiana. Inutile soffermarci sulle caratteristiche di questo tipo di produzione, nata alla fine degli anni’70, ma fortemente caratterizzatasi durante gli anni ’80 della Napoli post terremoto. Il famoso spartiacque storico, sociale e culturale di cui hanno scritto e riscritto studiosi, critici e giornalisti che hanno voluto studiare i testi del compianto Ruccello. Giuliana De Sio interpreta Adriana, sul palcoscenico del Teatro Bellini di Napoli, dal 31 ottobre al 9 novembre, con la regia di Enrico Maria Lamanna. Evidente il rispetto per il testo ruccelliano, attraverso l’analisi puntigliosa delle didascalie, la cui riproduzione scenica di Roberto Ricci  dimostra un’ accurata rappresentazione degli elementi che Annibale desiderava fossero messi in evidenza. Immancabile presenza del televisore, del telefono, della radio, elementi “simbolo” dell’omologazione culturale che diventa protagonista fondamentale nella maggior parte dei testi ruccelliani. Rispettato anche il concetto di “ambiente serrato” che è fondamentale nel rapporto con i personaggi e soprattutto con le fobie, le follie e le esplosioni a cui sono soggetti. Il mondo esterno è sempre filtrato attraverso porte, persiane, finestre, ed anche in questo caso, la veranda e il giardino vengono sapientemente messi in comunicazione con l’interno attraverso delle veneziane. Ancora più geniale – ma questa è idea originale di Ruccello- la trasformazione del giardino e dell’interno dell’armadio in micro scene nella scena. Il passato di Adriana si materializza in flashback onirici, all’interno del sogno vero e proprio che rappresenta l’intero spettacolo, all’interno di questi piccoli spazi, esterni ed interni allo stesso tempo. Il rapporto con la famiglia è evidenziato attraverso  i personaggi del padre e della madre. Lo stesso Annibale Ruccello interpretava, travestendosi, i due protagonisti fondamentali del rapporto edipico:  gli uomini e i padri sono inetti, le donne sono profondamente turbate, oppresse dalla routine, compresse in una vita non desiderata, influenzate e corrotte dalla televisione, unico contatto con il mondo “altro”. Partiamo proprio dal legame con il passato, perché questo è elemento fondamentale da cui si evolve lo sradicamento dalle origini, malattia da cui sono affetti tutti i personaggi ruccelliani. Magistralmente interpretati dalla coppia De Sio-Gino Curcione, i momenti di flashback inseriti nelle scene dentro la scena principale, sono invece il fondamento di questo testo e di questo spettacolo. Curcione e la De Sio sono detentori della tradizione attoriale, della sanguigna presenza scenica, del travestimento, della perfetta osmosi tra le parole, i tempi, il ritmo ed i gesti. Quello che sembra essere un “a parte” dal testo principale, è  invece il fulcro fondamentale di tutto lo spettacolo. E fortunatamente funziona. L’inserimento della scarpa al piede della madre di Adriana, così da renderla zoppa, è evidente collegamento, poi, a quella serie di favole della tradizione che Ruccello studiava incessantemente, e che aveva citato in un altro suo testo, WEEKEND ( la favola dello zampone). La macchina da guerra che è la De Sio in scena, si interseca con i personaggi che si intrufolano nella sua casa e nella sua mente, durante la notte. Sogno e realtà si mescolano nelle fobie di una donna costretta ad una vita normale, con un marito normale, e due figli, un terzo in arrivo ( forse!), e con le abitudini normali di una vita normale condotta in una normale periferia.
L’angosciante e angosciosa ripetizione di frasi o parole, con le quali abbiamo appena giocato anche noi, è simbolo linguistico di una nevrosi. La protagonista prevista da Ruccello avrebbe avuto 25 anni ma la De Sio può competere assolutamente nel confronto. Non parliamo di giovinezza corporea o espressiva, bensì di grandissima esperienza: impossibile interpretare Adriana a 25 anni. E il bello, qui, sta nel fatto che anche l’evoluzione dell’attrice, nei panni di Adriana nel corso degli anni e in diversi allestimenti, porta ad un’ evoluzione specifica e dovuta del personaggio stesso. In scena con la De Sio e Curcione anche la splendida Rosaria De Cicco, nei panni di Rosanna, l’alter ego di Adriana, il personaggio che ha avuto tutto dalla vita – ma forse no!- , colei che scambia l’abito, perché questo è il desiderio inconscio della protagonista: vestire i panni degli altri, almeno per un momento. La De Cicco interpreta in chiave partenopea il personaggio di Rosanna, pur aspettandoci, invece, una donna dalla lingua prettamente italiana. La De Cicco colora il personaggio con atteggiamenti da donna emancipata, pur facendo trasparire le sue origini, popolane, così come quelle di Adriana. Ed è forse questo il senso, ancora una volta: lo sradicamento. Mimmo Esposito interpreta ottimamente il personaggio di Michele, il marito di Adriana, anche in questo caso uomo maturo dai capelli brizzolati. Solo Sandro, interpretato da Luigi Iacuzio, è ancora un giovane, così come lo era in passato e come lo ricorda Adriana, quando la ingravidò, per la prima volta, giovanissima. Andrea De Venuti interpreta Arturo, il marito di Rosanna, anche lui alter ego di Michele: uomo belloccio, dall’accento nordico, colui che lavorerà in televisione, simbolo, dunque, ancora una volta dell’omologazione culturale, uomo affascinante e gentile, rispetto al violento Michele. Il rovesciamento dei ruoli, il ribaltamento delle situazioni, i travestimenti, la confusione, tutto questo crea un vortice che trascina Adriana e che mescola passato e presente. La conclusione, che non vi sveleremo qui, è tipica del gusto ruccelliano, noir e cinematografico. Lamanna aggiunge un triciclo, ricordando le scene di SHINING, all’abito da sposa indossato dalla protagonista e previsto da Ruccello. La nostra “Medea rovesciata” conclude tra applausi scroscianti.

NAPOLI TEATRO BELLINI
31 OTTOBRE- 9 NOVEMBRE
Notturno di donna con ospiti
Di Annibale Ruccello
Regia di Enrico Maria Lamanna
Con
Giuliana De Sio
Gino Curcione
Rosaria De Cicco
Andrea De Venuti
Mimmo Esposito
Luigi Iacuzio
Scene Roberto Ricci
Costumi Teresa Acone
Disegno luci Stefano Pirandello
Musiche Carlo De Nonno