Pin It

Primo spettacolo di una nuova stagione che si presenta, come e più del solito, molto interessante per Fuori Luogo a La Spezia, primo in un cartellone come di consueto abilmente articolato da Renato Bandoli. Michela Lucenti, che della storia e del presente di Fuori Luogo è parte integrante,

è protagonista con il suo Balletto Civile di questa drammaturgia-coreografia in cui parole e gesti, musica e movimenti fisici, meticciano in continuità il senso del nostro stare disarmati ormai, fuori e anche dentro di noi, di fronte alla violenza di un mondo le cui leggi ci sfuggono apparendoci ormai incomprensibili, quasi oltre il fato e la fatalità di questo nostro contemporaneo esserci fluido e sfuggente.
La violenza declinata innanzitutto in guerra, in guerre senza ideali e digerite ormai come spettacoli lontani, guerre grottesche di generali grotteschi, guerre esteriori, come le Falkland riconquistate dalla dama di ferro inglese e la missione compiuta di un anonimo presidente americano, fatte di immagini ma non per questo meno sanguinose, virtuali quasi perché ormai nemmeno le guerre ci appartengono.
E la violenza declinata nella contrapposizione e forse soprattutto nella confusione di genere, in una perdita perenne di identità nella quale quella stessa violenza è come un urlo che si perde nella oscurità senza più parole.
Lo spettacolo si articola infatti sin dal suo inizio intorno ad un forte nucleo drammaturgico che nella figura del generale travestito-ermafrodita, di intensità quasi scostante, riassume i due poli della narrazione ed insieme li dipana e squaderna sulla scena prima di ricomporli nello stridente contrasto  tra la parola detta e la mimesi recitata. Un contrasto forte in cui annegano e si sciolgono nell'ironia acida e grottesca le ipocrisie di ogni retorica guerresca e violenta.
Intorno, così, nelle affascinanti ma anche di angoscia piene, coreografie della Lucenti si perde ogni slancio verso l'infinito e l'eterno, ogni confine tra ciò che è determinato nel mondo e ciò che oltre il mondo lo determina ovvero lo determinava (mito o divinità, speranza o tabù) e i corpi, sotto lo sguardo di uno strano sacerdote guida o servitore rituale, dalle movenze secche e meccaniche come di rapace che non riesce più a volare, sono schiacciati dalla gravità del mondo.
Solo la condivisione, la solidarietà tra pari, sembra concedere speranza, la speranza di potersi finalmente liberare verso l'alto appoggiandosi gli uni agli altri.
Più che metafora, quasi un apologo dell'esistere, lo spettacolo di Balletto Civile integra e ben amalgama pertanto la spezzata narrazione drammaturgica nella significazione dei movimenti coreutici, liberi e forse anche liberatori.
Movimenti fintamente incompleti, quasi maldestri, che però non nascondono una più profonda armonia nel darci il destro per capire, e condividere infine, un senso comune, fosse anche solo estetico prima che etico, dell'esistere.
Lo spettacolo ideato dalla stessa Michela Lucenti insieme a Maurizio Camilli e Alessandro Berti, e di cui è insieme regista e coreografa, continua ed amplia la ricerca di una danza che sappia utilizzare i segni e gli stilemi della tradizione più classica per riaprire, anche attraverso la sua intensa traslazione drammaturgica, un discorso con il pubblico e con la Società, una ricerca, dalla e oltre la tradizione, iscritta quasi nel nome stesso della sua compagnia.
Molto brava, ma non è una novità, la Lucenti in scena, coreografa sapiente anche “dentro” la performance, e molto bravi tutti, attori e danzatori, nella sua compagnia, in equilibrio su un  bilanciamento di forme e corpi talora apparentemente contraddittori, segno della ricchezza di un esistere che continua oltre le nostre paure, le nostre rinunce o le nostre sconfitte.
Le musiche originali in scena, molto coerenti, sono di Julia Kent, i costumi di Marzia Paparini e le luci di Stefano Mazzanti. Co-prodotto, con il sostegno del MIBAC, da Festival Oriente Occidente, Centro Giovanile Dialma Ruggero e Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, è atteso da una stagione  credo ricca di soddisfazione.
Il 7 e l'8 novembre all'auditorium Dialma Ruggero di La Spezia, in un tutto esaurito quasi insufficiente a contenere una accoglienza molto calorosa.