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L'appuntamento è in un bar “démodé”, con luci rossastre e tappeto musicale di un beffardo pianoforte. Una donna e un uomo, su iniziativa di lei, decidono d'incontrarsi per la prima volta, legati da un cieco e irresistibile amore. Si cade in errore però pensando a un sentimento reciproco, che unisca platonicamente “lui con lei”, come insegnano le più scontate romantic comedy. Ciò che lega indirettamente l'una all'altro, difatti, è il destinatario comune delle loro più dolci attenzioni.
È questo l'incipit misterioso di “Al nostro amore”, commedia moderna, in scena al Teatro della Cometa, scritta e diretta da Luca De Bei.
Pia Lanciotti è una credibile Francesca, “zarina di tutte le Russie”, madre elegante e senza marito che, da sempre, riversa nei confronti del figlio, Andrea, un sentimento totalizzante, d'affetto e comprensione, reso manifesto non senza un'assillante e tenera ingerenza. Leo, (Fabrizio Apolloni) invece, è  un assistente universitario che, nonostante il doppio (o quasi) degli anni di Andrea, trova in lui la speranza di un nuovo rapporto di coppia, capace di sanare le sue insicurezze, personali e lavorative, sul futuro.
Nella frontalità della scena, divisi da uno sgabello, messo lì a separarli e al contempo unirli, i due personaggi s'incontrano e scontrano, attraversando in poco tempo tutti gli stadi della conoscenza: dall'imbarazzo ai piccoli complimenti; dalle crescenti insinuazioni alle esplicite e graffianti offese, che li vede contendersi da rivali il primo posto nella vita del grande assente.
Tra sgambetti e cocktail di troppo, giunge infine dall'esterno, come un deus ex machina, il colpo di scena finale, pronto a riportare i due protagonisti, con soluzione semplicistica, allo stesso piano, al reciproco compatimento, alla constatazione di un medesimo stato di solitudine, da riempire forse con un altro incontro, partendo, chissà, da un nuovo inizio.
Nell'arco di un giro e mezzo d'orologio - il tempo di un “HAPPY HOUR”, come indica il sottotitolo dell'opera - con leggerezza e ingenuità Luca De Bei affronta il grande tema dell'amore, coniugato in vari livelli, nel rapporto di coppia come quello genitore-figlio, dove l'omosessualità trova modo d'esprimersi sì con naturalezza ma con ironia a tratti eccessivamente situazionale, che sembra strizzare l'occhio allo spettatore per strappargli quella risata in più con cui forse addolcire la pillola di una questione per alcuni ancora amara e un po' scomoda.

foto di Pietro Pesce