Pin It

In scena c’è solo lui, Filippo Timi. In dialetto perugino interpreta un bambino disabile che si chiama come lui. Sogna di uscire dalla sua cameretta-prigione, sogna di cantare, di ballare e di amare un pattinatore. Ma lui è nato con la scatola cranica “sigillata”, così è diventato diverso dagli altri. In scena al teatro Franco Parenti di Milano (via Pier Lombardo, 14) fino al 7 dicembre, “Skianto” è il nuovo spettacolo di e con Filippo Timi, con la partecipazione (da lasciare a bocca aperta) di Andrea Di Donna, che interpreta alcuni brani musicali da lui composti o riarrangiati.
Il vero dramma del piccolo Filippo è che ogni volta in cui cerca di dire qualcosa, gli altri non lo capiscono. Come quando canta e la mamma lo porta in bagno. O come quando ha strappato i capelli della nonna con uno strattone, ma invece voleva solo abbracciarla. Poi c’è il nonno, che non piange quando lo guarda, come hanno fatto tutti gli altri per tanto tempo. Anzi, il nonno gli racconta le sue avventure con le prostitute del paese e lo considera quasi un amico-complice.
La fantasia è l’unica risorsa che gli è rimasta, i cartoni animati, la musica, i desideri, ma lo scontro con l’amara realtà della sua prigione è duro.
La cifra espressiva è particolarissima, tra racconti comici surreali e tratti di dolore urlato, drammatiche esplosioni di vita che vuole essere vissuta nonostante tutto.
Il kitsch è ovunque, ma strumentale alla narrazione, diventa lo spirito onirico, il mondo dei sogni e le sue forzature a contrasto con una realtà che li renderà tutti vani.
Il dialogo finale con la Fata Turchina- Gina Lollobrigida è il culmine di questo travasamento tra ironia sopra le righe e potenza espressiva. La fatina ammonisce il piccolo Filippo a smetterla di sognare, tanto è tutto finto, la realtà è ben altra cosa. Se non mi puoi trasformare in un bambino vero almeno fammi morire - chiede allora lui –, ma neppure questo sogno può essere esaudito.
Timi è un bravo attore e su questo non ci piove. Come autore drammaturgico è riuscito altrettanto bene, soprattutto per gli effetti di continuo spiazzamento cui sottopone il suo pubblico. Sarà per il tema complesso che affronta, ma le idee che ciascuno di noi ha sull’argomento vengono lambite, accarezzate, ridicolizzate e distrutte. Emerge la potenza della vita, senza retoriche familistiche né buonismi, senza lirismi ideologici ma con quella capacità vitale di certa scrittura teatrale di condensare in gesti e situazione un mondo di significati complessi. Sono questi grandi e spinosi temi ad avere disperato bisogno del teatro per essere raccontati, condensati ed espansi al contempo dalla parola e dal gesto sul palcoscenico, forieri di significati molteplici e sintetici.

Foto di Neige De Benedetti