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Il plot è se vogliamo cinematografico e comunque famoso, e il cinema francese e americano se ne è giovato assai, la sintassi scenica ricorda il vaudeville ma TKC il Teatro della Gioventù di Genova ne fa teatro in senso pieno. Così questa sua ripresa della nota commedia di Francis Weber, nella agile traduzione di Filippo Ottoni, è caratterizzata dalla semplice, nei movimenti scenici e prospettici, ma non elementare regia di Massimo Chiesa che ne sottolinea appunto i risvolti drammaturgici, soprattutto nell'impostare una cura accorta della recitazione, sia nella mimica che nella dizione, che ripropone rinnovandola una tradizione molto italiana di attenzione al racconto/evento nel suo, talora sorprendente e sempre divertente, dipanarsi scenico.
Spettacolo popolare, come nella “mission” del teatro, destinato ad attrarre (verrebbe da dire “finalmente”) un pubblico non solo teatrale, ma attento ai risvolti anche didattici di relazioni e conoscenze che si allacciano e si intrecciano nella commedia in scena, ancor più quando questa occhieggia con benevolenza e accortezza alla “Commedia” con la C maiuscola (quella di Aristofane per intenderci).
Resa scenica agile dunque, testo ben strutturato e trascritto, ed infine recitazione di qualità, qualità che, nella giovane compagnia del giovane teatro, sembra crescere di anno in anno.
Da ricordare i protagonisti di questa messa in scena, una ulteriore replica di un cartellone che per sua scelta culturale e di rapporto con la città ripropone in continuità i suoi eventi e offre, come un tempo, due spettacoli giornalieri (ieri 17 dicembre seguiva il noto “Provaci ancora Sam”), Marco Zanutto, Francois Pignon “il rompiballe”, Ivano La Rosa, Federico Calistri, Fabio Facchini e Claudia Mosconi. Le scene sono di Silvia Koubek, i costumi di Valentina Persico e le luci di Lorenzo Guella.
Dopo i danni della recente alluvione, dunque TKC riprende in pieno la sua stagione, avendo ripristinato il suo palcoscenico con grande fatica e impegno, ma le difficoltà non sono finite purtroppo, risultando anzi accentuate dalla sordità di una amministrazione che sembra faticare a riconoscere la diversità tra un capannone commerciale, con tutto il rispetto per il “commercio” ovviamente, ed un teatro, e che continua a balbettare una nuova politica culturale da tempo promessa.
In effetti, anche per le scelte quanto meno poco lungimiranti della Regione Liguria proprietaria dei locali, il teatro è ancora privo del suo foyer distrutto prima dall'esondazione e poi da interventi di ripristino che Chiesa ha definito scriteriati.
Chi mastica un po' di teatro conosce bene l'importanza del foyer, luogo di attesa ma soprattutto di incontro, centro di comunicazione e promotore della relazione che lo deve legare alla comunità, ed il tendone che sta per essere montato nel cortile retrostante potrà solo limitare tale mancanza, almeno evitando al pubblico, in attesa tra uno spettacolo e l'altro, freddo e pioggia.
Così Chiesa ha lanciato l'idea, di cui volentieri ci facciamo portatori, di una fondazione o simil-cosa nel nome di suo padre Ivo, che tanto ha dato a Genova e al suo teatro ma anche all'Italia intera, che raccolga gli intenti di molti cittadini e che in prospettiva possa acquisire i locali o almeno la gestione, restituendo alla comunità la responsabilità del suo teatro.
Un idea che merita gli auguri di tutti.