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Sulla scena incombe una parete obliqua, quasi sospesa, nera in cui si specchiano i personaggi, sospesi anche loro fra l’apparire e l’essere, fra il dire e il non dire, fra il bene e il male; esposti agli sguardi degli altri, sguardi superficiali: a nessuno importa realmente chi siamo ma solo cosa possiamo rappresentare. In una città di provincia, un ricco avvocato, ritiratosi dalla professione, incarica una sua ex collega (innamorata da sempre di lui) di stipulare uno strano contratto con una ragazza di cui si è invaghito: contemplarla unicamente mentre legge. La ragazza, in serie difficoltà economiche accetta, nascerà un singolare triangolo amoroso dai toni ironici e dalle atmosfere sospese e sognanti. Il testo di Renato Gabrielli è originale e fuori dagli abituali schemi drammaturgici, ogni personaggio è al tempo stesso personaggio e narratore di se stesso, come attraverso lo specchio di Alice, contempla se stesso in azione, commenta gli altri in azione e cerca una via d’uscita: una fuga dal testo. La pièce nasce da diversi momenti emotivi vissuti dall’autore: ricordi di luoghi e persone di una piccola città vicino al mare, letture di altri testi: il capitolo NAUSICAA dell’ULISSE di JOYCE, il saggio di Francesca Serra: “Le brave ragazze non leggono romanzi”.  I tre personaggi si cercano con passione senza mai trovarsi realmente poiché sono sempre nel posto e nel tempo sbagliato, entrano in conflitto fra loro, raccontano altri conflitti quelli generazionali, quelli sociali ma in realtà tutto è più dichiarato che realmente vissuto, tipico di questa nostra società sempre più virtuale, un po’ confusa, dove anche il mare assomiglia sempre più a una palude. La regia di Lorenzo Loris coglie pienamente queste sfumature del testo, lavorando sulla corporeità, sull’assenza di oggetti scenici tutto è lasciato all’immaginazione...in scena solo un lungo tavolo azzurro che potrebbe essere il tavolo di un bar, un tavolo operatorio, il bancone di una biblioteca, un tavolo da lavoro, un letto, persino un pedalò...uno strumento concreto ma anche simbolico e allegorico che rivela nel finale la morbosa passione dell’uomo. Anche il tavolo come i personaggi è in cerca di un’identità chiara, esplicita, il tema dell’identità e della ricerca di se stessi nella simbologia della regia si esprime attraverso sottrazioni e mancanze continue nella gestualità e nella mimica errante dei personaggi. Nasce una tripla costruzione: dei personaggi fra le pagine di un libro letti dal lettore/pubblico; dei personaggi che riflettono e leggono se stessi; dei personaggi evanescenti sulla scena in bilico, l’io narrante non esiste, alla fine resta solo una sedia vuota. La rappresentazione si sforza di rompere il percorso dello sguardo tradizionale obbligando lo spettatore a creare i nessi spaziali e temporali, riconoscendolo non come consumatore ma come partecipante, lo spettatore diventa testimone critico; un esercizio conoscitivo e intellettuale i novanta minuti della rappresentazione trascorrono veloci e piacevolmente come in un volo. Il piacere dello spettatore è tanto più profondo quanto più si avvicina alla conoscenza. La regia di Loris è un esercizio di conoscenza, un sistema di segni della rappresentazione ostinato coscienzioso. Massimiliano Speziani (elfo del teatro contemporaneo) nella gestualità precisa e nella ricchezza degli sguardi, esprime con ironia e dolorosa consapevolezza, l’universo interiore di un uomo che non sa amare; Cinzia Spanò è all’altezza della complessità del suo personaggio: una donna in carriera delusa e amareggiata ma che rifiuta di ammetterlo; Alessia Giangiuliani, la donna che legge, rende pienamente la differenza tra l’essere e l’apparire, non è facile sostenere tale ambivalenza. Tutti e tre assecondano la visione registica, pienamente assorbiti nei loro ruoli, con una chiarezza scenica trascinante.

Milano, Teatro Out Off, 25 gennaio 2015