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Mi ero trovato tempo fa vicino ad Avezzano, nella Marsica, e, appena fuori di una bottega di prodotti caseari della zona, mi  imbattei in un paesano molto anziano, dagli occhi rapidi come saette, vispi, vivi, sguardo fra l’ironico e l’ammiccante. Lo salutai con reverenza cerimoniosa, come si conviene nei riguardi di una persona che, su sua dichiarazione, espressa appena fuori dal negozio,  aveva già oltrepassato da un pezzo i novanta! Mi disse di chiamarsi Pasquale.
Gli proposi di sorbire un caffè, o un tè, o una qualsivoglia altra bevanda, calda o fredda che fosse, al bar accanto, e il signor  Pasquale accettò di buon grado, senza tante cerimonie, scegliendo un tè al limone, “molto zuccherato”, disse all’inserviente. Ebbi da subito la sensazione che quell’antico signore marsicano non volesse minimamente parlare della sua età, delle sue condizioni di vecchio, piangendosi addosso, tanto che, in un misto di dialetto locale abruzzese e  italiano standard, fu lui a chiedermi cosa facessi io nella vita:
“Mi occupo di teatro” gli risposi, e lui, subitaneamente, mi chiese: “Ma voi la conoscete la storia della compagnia del Sole, originaria di questi luoghi?”.
“No, non ne so nulla” gli risposi, mentre il barista, divertito, mi osservava con attenzione: “Mai sentita nominare ‘sta compagnia” osservai.
“Ma quella della compagnia del Sole è un’antica storia, che ormai in pochissimi ricordiamo: una storia legata al terremoto del 13 gennaio 1915!” fece lui, arrossendo in volto, e assentendo più volte col capo, per convincermi di quanto stava dicendomi. Pensai allora che mancavano pochi giorni al centenario di quel disastroso, tragicissimo terremoto, a cui fece riferimento lo stesso Pirandello nello scrivere Così è (se vi pare), in particolare facendo sostenere da uno dei protagonisti, il signor Ponza, di essersi risposato dopo la morte della moglie Lina, figlia della signora Frola (l’altra protagonista della commedia), perita tra le macerie del suo paese distrutto dal terremoto marsicano. Mi venne da esclamare: “Ma tra pochi giorni ricorrerà il centenario di quel maledetto terremoto!”. E il vecchio: “E allora te la vojo propio raccunta’ ‘sta storia, va bene?”.
“ E va bene, però fra mezz’ora al massimo la devo proprio salutare, eh?”.
“E che ci metto” escamò lui, invitandomi a sedergli di fronte al primo tavolino libero del bar.
E inziò il racconto, con voce stentorea, chiara, e con una dizione pulita, davvero di stampo sorprendentemente teatrale!
“La compagnia del Sole era un gruppo di giovani attori bravissimi, che recitavano nel piccolo teatrino dei Salesiani di questo paese, interpretando sia commedie in dialetto abruzzese, che in italiano. Pochi sanno che  diversi giorni prima del terremoto, passò di qui Luigi Pirandello, non ancora così famoso in quel tempo.”.
“Pirandello!?” feci io, spontaneamente, e lui:
“Zitto, zitto, ascolta: Pirandello fu agganciato dal giovanissimo capocomico, Antonio, che lo pregò di seguire anche solo per mezz’ora le prove che la sua compagnia, appunto quella del Sole, stavano svolgendo, in preparazione nientedimeno che del dannunziano La figlia di Iorio!”, interrompendolo, dissi “Però! D’Annunzio!”, e lui, quasi scocciato “Zitto, zitto, zitto, ascoltaaa: Pirandello, che era un gran signore all’antica, rispettoso e un po’ timido, non seppe dir di no, e seguì Antonio alla sala prove; dicono i testimoni che, dopo mezz’ora, Pirandello se ne uscì, estremamente entusiasta della bravura di quei giovani e in particolare di Antonio e della sua compagna Angelina, detta Lina: invitò tutta la compagnia a raggiungerlo al più presto a Roma, promettendogli tutto il suo aiuto, a partire dalla promessa di far evitare ad Antonio la chiamata alle armi, con il conseguente obbligo di partire eventualmente per la guerra nel caso l’Italia avesse partecipato, come poi davvero accadde! Nei giorni successivi Antonio,  agitando trionfalmente  un blocco di fogli, diceva a tutti, lungo il corso principale: <<questo me l’ha dato Luigi Pirandello!>>; a quel punto   osservai ”beh, non aveva certo tutti i torti” e Pasquale:
” Zitto, zitto, ascolta: Antonio e Lina iniziarono a provare quel testo di Pirandello, dentro il teatrino dei salesiani”: ma, il 13… gennaio… mille… novecento… e…. quindici, all’improvviso tutto il mondo iniziò a tremare; i muri delle case dapprima ondeggiarono come fronde impazzite al vento, poi iniziarono a crollare, uno dopo l’altro, casa per casa: fu… una… immane… strage di cose uomini ed animali… per quei tempi fu per i poveri abitanti marsicani la fine del mondo, la fine di tutto: e lo fu anche per Antonio, Lina e i loro giovani compagni artisti!”
“Immagino” feci io “immagino, caro signor Pasquale: so che fu un’ecatombe! Poveri Antonio e Lina, poveri tutti!”.
“E mo zitto, zitto, il bello deve venire, ascolta: passati i primi giorni di urla, imprecazioni, invocazioni, cori, preghiere, lamenti strozzati, grida convulse… arrivati i primi soccorsi, si fece la stima del numero dei morti e delle loro identità. Bene, anzi, male: i corpi dei componenti la compagnia del Sole, non furono nemmeno riconosciuti! Nemmeno ri-co-no-sciu-ti, tant’è che a ricostruzione iniziata si decise di rifare un piccolo teatro nello stesso punto di quello crollato, intitolandolo alla compagnia: teatro del Sole! Dopo alcuni mesi, esattamente il 13 maggio del 1915, durante la notte, che era quasi primaverile, mentre tirava una lieve brezza profumata per i fiori dappoco sbocciati, qualcuno sentì delle voci provenire dal teatrino: si avvicinò, tese l’orecchio e ascoltò:
“ Eh, la mia Lina! Dovrebbero sentire la mia Lina…”: a questo primo testimone scesero perle ghiacciate di sudore lungo la schiena, perché… perché gli parve proprio di sentire la voce della povera Angelina scomparsa a causa del sisma! Capisci?” mi fece, ed io, con un filo di turbamento assentiì.
“Le notti successive quella persona portò altri appena fuori del.teatro, ma aspettarono invano, non giunse alcuna voce dall’interno. Fu così che il 13 giugno successivo, festa di S. Antonio di Padova, santo alquanto apprezzato e festeggiato in questi posti, molti paesani si raccolsero a pregare per le vittime del terremoto fino a tardi; un paio di costoro tornando a casa verso mezzanotte, quando ormai non c’era più neessuno per le stradine della cittadina, sentirono provenire dei bisbigli dal teatro: si avvicinarono, e percepirono distintamente una voce maschile, chiara, netta, incisiva, proferire la seguente battuta: <<Chiedo scusa… di questo triste spettacolo che ho dovuto dar loro  per rimediare al male che, senza volerlo, senza saperlo, con la loro pietà, fanno a questa infelice>>: per gli auscultanti fu chiaro che la voce era tal quale quella del giovane attore Antonio! Si precipitarono dentro il teatro, facendosi forza l’un l’altro, ma, tra la polvere, e la semioscurità di quel luogo ancora da riattare, non apparve a loro alcuna traccia umana, alcuna presenza tangibile!... La voce di tale evento fece il giro della cittadina e anche dei paesi vicini, al punto che ogni 13 del mese, verso mezzanotte, si sedevano ordinatamente  fuori dal teatro, con qualche candela accesa onde rischiarare almeno le sedie dove accomodarsi: a volte sentivano una voce maschile enunciare in modo convulso: <<Ma come? Lei ha finto?>>; oppure, in un’altra serata, la voce distinta di AngeLina proferire, con un lancinante soffiar di voce: <<Signori miei, per pietà! Per pietà! Lo dica lei a tutti, signor Consigliere!>>; un’altra volta si udì la voce del più giovane di quei poveri attori polverizzati dalla cattiveria della terra, un certo Nicolino: <<Ed ecco, o signori, come parla la verità!>>. Si dice che a volte, quando gli scambi di battute s’allungavano, gli spettatori notturni che stavano lì ad ascoltare non riuscissero a trattenere un frenetico commosso applauso! Specie quando, in alcuni 13 del mese, si sentiva proprompere la voce di Angelina, che cacciando un grido straziante, di frenetica gioja esclamava: <<Ah! Lina… Lina… Lina…>>: i testimoni che hanno trasmesso tali eventi hanno pure dichiarato che alcuni spettatori piangevano a dirotto, sentendo quelle voci, quelle intonazioni, quegli echi d’oltretomba: man mano molti degli abitanti si radunavano tutti i 13 del mese, a notte inoltrata, e gli eventi continuarono fino al 13 maggio del 1917: difatti, si narra che il 13 giugno successivo durante tutta la notte non si udì alcuna voce provenire dall’interno del teatro! La piccola folla di fedeli se ne andò, interrogandosi basita sul perché di simile fenomeno; certuni furono sfiorati da un’inquietudine mai prima provata, se non il giorno del terremoto nell’imminenza della catastrofe; non pochi si recarono in chiesa a pregare, nel timore che da lì a poco potesse riesplodere la medesima catastrofe, e, invece, grazie al Cielo, non accadde nulla, come pure nei successivi mesi, e nei successivi anni, nessuna voce si fece più udire!... Ha capito, caro signore?... Questa è la storia che racconto a certi ospiti pronti ad ascoltarla, come lei ha voluto ascoltarla! Così attentamente!”. Ed io:
“E come venne spiegato, il fatto?”.
“Secondo me, fu molto semplice: il testo che Luigi Pirandello regalò a quei ragazzi era una primissima stesura del Così è (se vi pare): forse lei ricorderà che il 18 giugno del 1917
la commedia pirandelliana debuttò al teatro Olympia di Milano, segnalandosi da subito come uno dei grandi testi del teatro italiano! Quei ragazzi lo covarono, lo riscaldarono, lo tennero vivo fino e oltre la loro morte, caro signore: nel grande regno del teatro vigono regole che pochi  conoscono davvero! E quei giovani sentirono compiersi il loro destino in quella sera del 18 giugno 1917 al teatro Olympia di Milano! ecco spiegata questa antica storia!”. Chinai il capo, commosso, e quando alzai lo sguardo quel signore ultra novantenne già non c’era più: sparito! dapprima turbato, poi felice,  ripresi la strada del ritorno.