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Arrivo in questo piccolo spazio, e una piccola donna mi accoglie nel foyer con modi decisi e sicuri con il calore di chi ti fa entrare in casa sua e con gesti accoglienti ti fa capire subito: questa è anche casa tua... è Livia Pomodoro artefice di questa bellezza e di tutto quello che ruota intorno

alla Fondazione Pomodoro. Giurista e ora donna di teatro continua l’attività della sorella ma dandole un nuove vigore, un respiro internazionale. Lo Spazio Teatro NO’HMA recuperato al degrado anni fa, è un luogo da visitare e da scoprire per la grazia dei suoi spazi, che si integrano senza barriere, per gli ambienti che mostrano ancora la vivacità dei primi giorni dell’inaugurazione, per l’atmosfera calorosa e accogliente, del foyer-giardino, degli arredi semplici ed espressivi dei giardini accuditi e curati.  No’hma è una parola greca che richiama l’unione di ragione e sentimento una parola che dà il nome al “teatro dell’inclusione” di Teresa Pomodoro e al suo Teatro Nudo, un teatro necessario con il quale si intende rompere «con l’estetismo e che è afflato umano, in una scena che non soffoca con orpelli il pensiero e la commozione. Un teatro che esce dal ricatto dell’abbondanza e dell’ostentazione, che non si piega all’apparenza, all’apparire, ai codici di una comunità, ma che ‘nudo’ si cala nei significati, nell’esplorazione dell’uomo e della società da lui creata, con uno sguardo curioso e disincantato» In questo spazio singolare il teatro è a servizio dell’uomo, perché l’arte ha un valore pubblico è un bene comune rivolto a stimolare, promuovere, affermare i principi di  condivisione, solidarietà e partecipazione ampia, animati sempre da fiducia e speranza nel futuro. La stagione di quest’anno riprende i motivi dell’Expo. «È una stagione speciale quella dello Spazio Teatro NO’HMA di quest’anno, dove scorrono come un fiume in piena le relazioni tra gli uomini, elemento imprescindibile per sua stessa missione. È una stagione che richiama inoltre ed inevitabilmente il tema di Expo 2015: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Per nutrire il pianeta bisogna affidarsi alla terra, e l’agricoltura – attività umana attraverso la quale gli uomini possono beneficiare dei prodotti della terra – deve svolgersi in modo compatibile con la natura, pena l’impoverimento dei suoli, la deforestazione, la desertificazione. Tutto si tiene, dunque. Per nutrire il pianeta bisogna rispettare la natura... » E avere cura delle relazioni fra i popoli un altro importante obiettivo di Livia Pomodoro, si vede nei suoi gesti, si vede nel suo modo di accogliere persone conosciute e note e persone sconosciute, ognuno può offrire qualcosa, ognuno con la sua esperienza con la sua storia aggiunge un pezzo alla storia collettiva del teatro, questo anche, il significato del passaporto per la cultura offerto al pubblico che partecipa alle giornate del festival. Teatro come ricerca antropologica secondo la ricerca e gli studi di Eugenio Barba. Questi gli obiettivi del Premio Internazionale promosso da Livia Pomodoro, giunto alla sua sesta edizione, con l’adesione del Presidente della Repubblica e il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri. Premio intitolato alla memoria di Teresa Pomodoro. In occasione di Milano Expo 2015, l’edizione di questa stagione va oltre: non più soltanto una premiazione e rappresentazione delle migliori opere pervenute e presentate al pubblico, ma una vera e propria stagione composta da una selezione degli spettacoli che verranno portati in scena sul palcoscenico di NO’HMA due volte al mese. La scelta finale sarà curata da due giurie: una di spettatori e una di esperti. La prima sarà composta dagli spettatori che frequentano con assiduità lo Spazio teatro NO’HMA. Verrà loro consegnato il Passaporto per la Cultura, contenente una scheda con i titoli in concorso sulla quale il pubblico potrà esprimere il proprio giudizio. La seconda è composta da otto nomi preziosi, personalità del mondo della cultura, dell’arte e della società provenienti da diverse parti del mondo: Eugenio Barba (Odin Teatret di Holstebro, Danimarca), Lev Dodin (Maly Teatr di San Pietroburgo, Russia), Sotiris Hatzakis (Teatro Nazionale Grecia), Jonathan Mills (Edinburgh International Festival, Scozia), Enzo Moscato (autore e attore, Italia), Lluìs Pasqual (regista, Spagna), Luca Ronconi (Piccolo Teatro di Milano, Italia), Peter Stein (regista, Germania), Presidente della Giuria è Livia Pomodoro. Il Premio ha l’obiettivo di restituire al teatro il suo valore di esperienza, occasione di crescita e condivisione aperta a tutti i cittadini, senza distinzione di età, classe sociale, sesso, appartenenza geografica. Il Premio rende omaggio a Teresa Pomodoro prendendo spunto dal suo Metateatro dove si cerca di conoscere e promuovere quelle esperienze che esprimono e sostengono la vita, abbattendo pregiudizi e barriere culturali. Dopo Cina, Senegal e Portogallo, prima ospitalità italiana Calafrica di Manuela Valenti attrice e autrice con esperienze di danza spettacolo e percorsi espressivi corporei. Manuela Valenti è una donna “poli-valente”, energetica, e sognante, compie un viaggio dentro di sé in modo ironico e spiritoso, raccoglie tracce di storie calabresi e africane. Una donna calabrese che vive a Milano; un’africana migrata in Calabria; una calabrese che fa un viaggio in Africa e soprattutto nonna Peppina, realmente vissuta che attraverso il racconto in forma diaristica della Valente ci racconta la storia e sua quella dei suoi figli. Calafrica, è un termine è in uso nelle nostre espressioni (esiste anche un festival, Calafrika, che ha lo scopo  di celebrare in modo gioioso la cultura africana), rimanda ad altri mondi, alla vicinanza culturale tra la Calabria e tutto il Sud Italia in generale e l’Africa...Si tratta tuttavia di mondi lontani di sofferenze diverse la diversità esiste e non si può negare in Calabria oggi si vive, nonostante le difficoltà che riguardano tutto il nostro paese, il lavoro l’illegalità, la corruzione, in molti paesi dell’Africa, invece, ancora oggi, purtroppo, si muore di fame, si muore per cause legate alle pulizie etniche ai genocidi a malattie endemiche.  Ma il testo non intende soffermarsi su questi aspetti con un volo leggero e fugace attraverso la musica, la danza, la narrazione in forma diaristica, racconta i traumi della migrazione dell’alienazione la necessità di varcare i confini per riflettere sul significato della parola appartenenza, identità. Sul palcoscenico piccole tracce di queste storie oggetti che diventano simboli di vite: una valigia, un lumino, una poltrona, abiti, stoffe africane. Il testo minuto e leggero, colorato come una stoffa africana vola da un mondo all’altro grazie soprattutto alla bravura di Manuela Valente.

Milano, 26 Febbraio, Spazio Teatro Noh’ma Teresa Pomodoro