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La nostra presenza in Puglia si protrae, saltuariamente, ormai da quasi due anni, da quando, cioè, abbiamo scoperto una realtà inimmaginabile e ardentemente auspicata, e soprattutto una fucina di produzioni e di ospitalità che caratterizza la regione Puglia e l’importante lavoro artistico ed organizzativo del Teatro Pubblico Pugliese. In tempi burrascosi di nomine a  Teatri Nazionali o a TRIC, cioè i Teatri di Rilevante Interesse Culturale, ci giunge un invito dal Teatro Abeliano di Bari. Quest’ultimo, attraverso il sodalizio con il Teatro Kismet Opera, diventa un vero e proprio consorzio che

ottiene la nomina a TRIC. Se l’unione davvero fa la forza, in effetti i due teatri lavorano a progetti di programmazione futura e soprattutto di produzione, nell’ottica di una nuova denominazione, cioè quella di Teatro di Bari, pur continuando a portare in scena il proprio cartellone, fino alla fine della stagione. Il nostro viaggio in Puglia prevede un veloce, purtroppo, soggiorno a Bari, ospiti  appunto, del Teatro Abeliano. Nato nel 1969, conta quarantaquattro anni di attività, sotto la direzione di Vito Signorile, che abbiamo l’onore di conoscere, di osservare, di ascoltare, durante lo spettacolo e la cena. Esperienze importanti, sia dal punto di vista umano, ma soprattutto artistico e culturale, per i giovani giornalisti, critici e studiosi che approfondiscono l’evoluzione teatrale, ed inevitabilmente anche le complesse vicende  politiche  ed amministrative, che il  teatro italiano sta vivendo in questi giorni.
L’esperienza di questo gruppo di lavoro ha attraversato gli anni Settanta, fino ad arrivare ad oggi, portando in scena grandi produzioni, spettacoli e personaggi che costituiscono la storia del teatro italiano contemporaneo, ma soprattutto non perdendo mai di vista il contatto con il pubblico, che considera alcuni teatri della propria città -  o almeno si spera! -  dei punti di riferimento culturali. E ciò che colpisce, appena si osserva il foyer del teatro Abeliano, oltre all’immagine della splendida struttura, è la presenza di giovani spettatori, che costituiscono quella fetta di popolazione italiana che oggi è compresa tra i ventenni e i quarantenni. Indizio importante per comprendere a fondo anche il cartellone del teatro, accuratamente descritto dai collaboratori e dagli esponenti dell’amministrazione “abeliana”, e che costituisce un ulteriore elemento di sorpresa. Il Teatro Abeliano di Bari punta soprattutto sulla nuova drammaturgia e sulle collaborazioni, l’ospitalità e gli scambi artistici, con i teatri e le compagnie di altri regioni.  Attraverso la messinscena di testi inediti e di liberi adattamenti, si cerca di colpire e di stimolare l’attenzione di un pubblico eterogeneo, compresi i bambini. E in effetti il titolo della stagione 2014-2015 non è insolito: A MISURA D’UOMO – ON A HUMAN SCALE. Cinque le sezioni che costituiscono la lunga stagione abeliana, corredata da 4 laboratori teatrali: il corso di perfezionamento dell’attore, la sezione adolescenti, il laboratorio per bambini preadolescenti, il laboratorio per adulti e per la “terza età”. Le cinque sezioni  sono denominate non solo in base al pubblico di riferimento, ma soprattutto in base all’origine del testo e della produzione scenica. Parliamo, dunque, di ACTOR, sezione dedicata alla nuova drammaturgia che rielabora in adattamenti contemporanei i testi classici o editi, inteso come cartellone storico del Teatro Abeliano; TO THE THEATRE la sezione dedicata propriamente alla nuova drammaturgia contemporanea; PRIMA RIBALTA caratterizzata dal debutto in prima nazionale di produzioni pugliesi, legate anche alla tradizione, ed italiane; I’M NOT A LADY sezione dedicata alle autrici e ai testi che descrivono tematiche legate all’universo femminile; A TEATRO CON MAMMA E PAPÀ sezione naturalmente dedicata ai bambini, a cui si aggiunge LA SCUOLA VA A TEATRO, con i matinée rivolti agli studenti.
Inoltre il foyer, bianchissimo e luminoso, è caratterizzato da installazioni pittoriche e fotografiche, ed è luogo utilizzato  per lo svolgimento di incontri e di presentazione di libri. La straordinaria “platea- anfiteatro retraibile”, costituita da 300 posti, permette di far sparire le poltrone ed utilizzare lo spazio anche in altre occasioni.
L’invito che ci viene rivolto riguarda Bukowski, o meglio la drammaturgia di Riccardo Spagnulo, fondatore di Fibre Parallele, insieme a Licia Lanera, quest’ultima curatrice della regia e dello spazio di questo spettacolo. Bari produce. Noi osserviamo.
In prima nazionale va in scena al Teatro Abeliano di Bari BLUEBIRD BUKOWSKI. Lo spettacolo ha aperto, ad ottobre, la stagione del teatro barese ma ci spiegano che era opportuno ripresentare delle repliche, durante il weekend 13-15 marzo, non solo per ospitare ancora una volta il pubblico pugliese, ma soprattutto per permettere ai critici di conoscere il luogo che ha ottenuto la nomina a TRIC.  E la critica che viene invitata è quella fondamentalmente che opera sul web, in tutta Italia. Elemento da considerare con attenzione.
Il testo poetico di Bukowski, “BlueBird”, descrive l’essenza di questo artista, statunitense, ma di origine tedesca, morto nel 1994. Considerato uno dei più proficui autori contemporanei, riporta attraverso le sue parole il male di vivere descritto senza mezzi termini. Ma ciò che è importante considerare è proprio il racconto “a ritroso” della vita di quest’uomo, dalla morte in poi, paradosso narrativo ma in realtà inevitabile, se si parla di Bukowski. Il male di vivere si incarna nel corpo posseduto da un animo profondamente invisibile all’esterno, piccolo quanto un “ blue bird” appunto, ma pronto a fuggire, a palesarsi, a mostrarsi nella sua gioia di vivere. Quella vita apparentemente sopita sotto l’impalcatura, la maschera, la corazza costruita dalla società, che rende il personaggio Bukowski relegato ai margini, ma ancora in vita, ancora oggi, proprio perché morto. E quindi è inevitabile far cominciare la sua storia dalla morte. L’ambientazione all’interno di un obitorio è straordinaria: angolazione diagonale, non frontale, ombre e tagli di luci. Pareti bianchissime, così come il pavimento, il letto in ferro, il tavolino, un vecchio telefono a parete, che farebbe gola ai più affamati collezionisti. E due finestrelle chiuse, dai vetri opachi, in alto a destra: proprio quelle attirano subito l’attenzione dello spettatore più attento. Se non ci fosse stata nessuna apertura verso l’esterno, seppur presunta ( in effetti la porta si confonde con il profilo della parete), il senso angosciante di chiusura non avrebbe avuto lo stesso peso. E come non ricordare la prima didascalia di “Finale di partita” di Beckett?
Bukowski è morto, è disteso sul freddo letto dell’obitorio, un’infermiera lo osserva sotto il lenzuolo. Ma poi rivive. O meglio l’alternanza tra realtà e irrealtà, tra sogno e paranormale è costante. Attraverso quest’ottica frammentaria e altalenante bisogna osserva questo spettacolo e questo personaggio: mai identificarlo univocamente, ma schierarsi.
Le storie, i personaggi, le donne, la birra, l’uomo, che mai viene nominato con il suo noto cognome. L’infermiera parla di un poeta famoso, di gente che lo acclama fuori, che vorrebbe vederlo. Ma proprio adesso che è morto? La donna non capisce, non comprende. E l’incomprensione del male di vivere diventa protagonista fondamentale. Lo spettacolo non si articola attraverso un banale racconto a ritroso della vita del poeta, né vuole descrivere il protagonista nella sua veste più lacera e nota a tutti: si tratterebbe di una messinscena di un’altra messinscena, quella che il poeta ha recitato per tutta la vita. Se la morte genera vita e rinascita, tanto che Bukowski è più famoso da morto, il senso del discorso è la vita stessa. Quello stesso pensiero sulla vita, che instilla nella mente dell’infermiera, donna che non “prova nulla da tempo”. E come può un uomo che ha vissuto, ma dolorosamente, spiegare la gioia di vivere? La vita per il protagonista è anche il sesso, elemento che rigenera, che spiega e conferma all’uomo la sua esistenza corporea, il suo essere ancora e profondamente vivo. Se la storia, all’inizio, prende apparentemente le sembianze di un evento paranormale in cui un morto rivive in obitorio e sequestra la sua infermiera, in realtà il discorso è sottile e molto più profondo. L’obitorio- vita è l’animo, è la mente, quel luogo serrato, chiuso all’esterno, in cui il nostro “blue bird” vola ancora ma rimane stretto sbattendo le sue ali. Spogliarsi della maschera sociale e culturale, per far comprendere la vita ad una donna molto più giovane, personaggio “simbolo” fondamentale nella vita di questo poeta, costituisce il tema cruciale dell’intero discorso. Una delicatezza infinita pervade la brutalità delle espressioni e del gesto. E il culmine dell’unione tra il poeta, la sua vita, e il suo “blue bird”, fattosi carne attraverso la gelida donna infermiera, è l’unione tra due corpi nudi sotto un fascio di luce. Immagine non volgare ma profondamente poetica. Ottima la scelta delle musiche e, come detto, originale la realizzazione delle scene, attraverso la mano sapiente di Michele Iannone, e delle luci di Vincent Longuemare. Il protagonista è naturalmente Vito Signorile, che ci trasporta attraverso un oceano di parole e di emozioni, dal rifiuto, al disgusto, alla commozione, fino a dimenticarci dell’attore e a scorgere  il poeta. Il contrasto con la giovane infermiera, interpretata da Mary Pace, appare eccessivamente rigido, perché rigida appare la recitazione dell’attrice, artificiosa, distaccata, così come in parte dovrebbe essere, ma ci aspetteremmo una graduale trasformazione, soprattutto durante i momenti di elevata poesia.
Il nostro viaggio a Bari si conclude subito, e mentre si intraprende quello faticoso e lungo verso l’estremo Sud, Reggio Calabria,  di cui parleremo in seguito, l’alba ha inizio con le parole di Michele Iannone, che racconta, in macchina, lungo la strada da Bari a Taranto, la sua lunghissima e  straordinaria esperienza dietro le quinte dei teatri pugliesi, quando i grandi come Zeffirelli  Streheler, Gassman, creavano magia. La Puglia teatrale regala ancora oggi magia e grande impegno.
BLUEBIRD BUKOWSKI

Prima Nazionale
Nuovo Teatro Abeliano Bari
13-15 marzo 2015
Drammagurgia Riccardo Spagnulo
Regia e spazio Licia Lanera
Con Vito Signorile
Luci Vincent Longuemare
Realizzazione Scene Michele Iannone
Foto sito www. Nuovoteatroabeliano.com
e Mary Pace