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Tanto si è scritto e si scriverà sull'Olocausto, e l'unico rischio insito nella quantità è di abbassare il livello della qualità. E' il rischio di scrivere il già detto e di farlo in modi banali. E' il rischio, in sostanza, di riscrivere male ciò che altri hanno scritto meglio.  E' vero che l'argomento impone una necessità, quella di scriverne sempre, di continuare ancora perchè nessuno dimentichi o, peggio, neghi. Ma il rischio di affrontare l'argomento in modo sbagliato o ripetitivo è sempre più alto. Mi sento di dire che Grazia Frisina, poeta alla sua prima prova drammaturgica, è riuscita a non cadere nel banale, nel già visto e sentito. La formula che ha usato in "Cenere e cielo" per trattare l'argomento è interessante e di buon livello. Inquadrando il suo lavoro in una struttura ispirata alla tragedia, con un prologo ed un esodo, ma soprattutto unendo a tratti la voce dei quattro personaggi femminili per farne un coro, sviluppa una narrazione a più voci alternando la prosa ai versi, evocando l'esperienza del campo di concentramento vissuta da quattro donne, prive delle caratteristiche di personaggi e del nome, rappresentate unicamente come voci parlanti. Non c'è quindi azione ma solo racconto, non ci sono veri dialoghi ma solo l'alternarsi di quattro monologhi. Si tratta dunque di un'opera non tanto drammaturgica quanto lirica ed epica, che in un'eventuale messa in scena lascerebbe un'ampia libertà al regista ed agli attori. Il contenuto dei racconti delle quattro voci è per lo più noto e, come scritto dalla stessa Frisina nella pagina dei ringraziamenti, tratto dalle opere di chi nei campi nazisti ci è stato davvero, ma la forma scelta dall'autrice è comunque originale ed apprezzabile dal punto di vista estetico. L'introduzione alla pubblicazione è di Daniela Morandini.

Cenere e cielo
di Grazia Frisina
Carabba 2015
87 pagg € 10,00
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