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Parliamo di uno spettacolo importante per diversi motivi, parliamo di “Assassina”: il lavoro della Compagnia Scaldati che s’è visto a Noto al Teatro Comunale “Tina Di Lorenzo”, venerdì scorso 20 marzo, nel contesto della rassegna di teatro contemporaneo “Esplora”. In scena con Melino Imparato (che della compagnia, dopo la scomparsa del grande drammaturgo, è un po’ guida e capocomico) Serena Barone, Aurora Falcone, Salvatore Pizzillo, Vito Savalli, la regia è di Umberto Cantone. Prossima occasione per vederlo: il 22 maggio a Villafrati vicino a Palermo. Perché uno spettacolo importante? Perché è uno spettacolo pulito, lineare nella scrittura scenica, capace di rievocare tutti gli odori, i suoni, le parole, i colori, le ombre, i fantasmi e i misteri che promanano dalla scrittura del poeta dei quartieri di Palermo. E non è poco, perché se è ormai pacifico per tutti il giudizio sulla grandezza artistica

di Franco Scaldati drammaturgo e teatrante tout court, resta dubbia la possibilità che altri artisti (data la visceralità con cui Scaldati costruiva e interpretava i suoi testi) possano realizzare spettacoli che, autonomamente da lui, possano avere valore d’arte. Certo, in questo caso ci si trova in presenza di artisti che per anni sono stati vicini a Scaldati, hanno lavorato con lui e che del suo teatro conoscono ogni umore, ogni segreto, ma evidentemente la scommessa resta intera e non c’è dubbio che in questo spettacolo sia stata vinta. Due figure, una vecchina e un omino, vivono da anni la loro povera quotidianità nello stesso buio tugurio piantato in un antico quartiere di Palermo senza mai essersi incontrate, senza nemmeno sapere l’una dell’altra. Hanno condiviso tutto (persino gli animali domestici) e tuttavia sono restati totalmente estranei l’uno all’altra. E però l’incontro è ineluttabile e sorprendente: ne scaturisce una situazione surreale, ma tipicamente e magnificamente teatrale, una situazione che consente il dispiegarsi di un confronto serrato che, sovrapponendo e confondendo i piani di realtà e sogno, identità e alterità, giovinezza e vecchiaia, vita e morte, tocca ogni tonalità della comicità e di quel particolarissimo grottesco che è la cifra più tipica di Scaldati. Perché il titolo “Assassina”? ci si chiede ovviamente a fine spettacolo, dato che esso resta sospeso e nulla sembra darne ragione: «forse è la vita ad essere assassina – spiega Melino Imparato –, assassina di sogni, di illusioni e di gioie grandi e piccole, assassina di se stessa».