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La drammaturgia contemporanea cinese ci spinge ad osservare un progetto che rivela un’importanza culturale fondamentale, se analizzato attraverso diversi punti di vista, e cioè quello della lingua, della traduzione e della pubblicazione della drammaturgia straniera in Italia. Galleria Toledo ospita a Napoli il progetto teatrale legato all’Università “L’Orientale”, in collaborazione con l’Istituto “Confucio”, con l’ A.D.I.S.U. e con la Fondazione Banco di Napoli. Due date, 12 e 13 maggio:  lo spettacolo appare come prodotto conclusivo di un percorso laboratoriale, i cui nomi di riferimento sono Lorenzo Montanini, per l’adattamento e la regia, e Maria Cristina Pisciotta per l’ideazione ed il coordinamento del progetto. In questo contesto, dunque, sarebbe banale analizzare tecnicamente l’interpretazione attoriale dei numerosissimi giovani presenti sul palco, nonostante alcuni di essi dimostrino grande presenza scenica e padronanza del luogo teatrale, oltre che del pubblico. Inevitabile dover utilizzare una chiave di lettura diversa rispetto all’osservazione messa in pratica, di solito, davanti agli attori professionisti.  Il testo, che in origine riporta il titolo di “Ok, borsa!”, fa parte della “Trilogia della borsa” firmata dal commediografo, sceneggiatore cinematografico e televisivo Zhao Huanan, che nel 1993 esplode con grande successo grazie a questo scritto, il cui titolo modificato in “Per un pugno di azioni” identifica specificatamente lo spettacolo osservato. La riapertura della Borsa Valori

di Shanghai, nel 1990, spinge la popolazione, anche quella fetta meno esperta o più improbabile, ad investire ed a giocare in borsa. La metafora della vita è palese, poiché il substrato del racconto è intessuto di rapporti sociali costruiti tra le famiglie e tra gli abitanti del tipico “shikumen”, l’edificio cinese tradizionale in cui convivono diverse persone, relazionandosi e confrontandosi all’interno di ambienti in comune, come per esempio la cucina. La scena è caratterizzata da un’elegante struttura lignea in cui le scale, che la costituiscono, rappresentano non solo i vari piani di un edificio, ma soprattutto le salite e le dicese della vita, metaforicamente rappresentate dalle tendenze altalenanti della Borsa. I personaggi emergono in formazione piramidale, il cui vertice è paradossalmente una donna ricca che chiede al suo vicino di casa, uomo cardine dell’intera storia, di investire le sue somme di denaro in borsa, scorgendo in lui, lavoratore comune sottomesso al sistema, grande abilità nel settore. Il mondo circostante, che pullula di una serie di personaggi popolari, specifici “tipi” che ricordano le macchiette, gli scugnizzi napoletani ed i personaggi vivianei, mescola, dunque, il vestiario orientale con quello occidentale, tanto da ricordare, a tratti, le immagini cinematografiche di noti film come “C’era una volta in America”. Sicuramente la Cina è stata influenzata, culturalmente e cinematograficamente, dal mondo occidentale, ma è interessate notare come ogni personaggio indossi una duplice veste culturale, simbolicamente rappresentata dal vestiario ma soprattutto dalla lingua, che così eleva il discorso su un piano comune ed universale, non specificamente geografico né linguistico. La drammaturgia di base gira attorno ad una storia d’amore extra coniugale a senso unico, cioè desiderata dalla donna ricca che si innamora del vicino di casa intraprendente in borsa, lasciando lo spettatore nel dubbio che questo sentimento sia, in realtà, caratterizzato da natura venale, l’unica forma di vitalità e di emozione insita in questa comunità. Una vicenda ironica, bambinesca, in cui il vile denaro diventa mezzo per costruire i rapporti interpersonali, monito di vita, argomento attorno a cui articolare le conversazioni quotidiane. Emergono altre storie collaterali, caratterizzate da personaggi che vengono “vestiti” di una fisionomia e di una gestualità fortemente italiane e mediterranee. La commistione culturale emerge fortemente nella ricerca linguistica: l’intero testo è stato tradotto in italiano e per lo più recitato in questa lingua. La scelta di far recitare alcuni dei giovani attori attraverso cadenze e dialetti propri, dal napoletano, al pugliese, al calabrese – vista la provenienza di numerosi studenti da tutto il Sud Italia che confluiscono, poi, all’interno dell’ateneo napoletano per studiare le lingue orientali – dimostra l’abilità nel gestire le lingue, tanto da pronunciare un’intera battuta alternando napoletano e cinese con enorme naturalezza. Il cinese, lingua fortemente basata sugli accenti, si mescola ai dialetti italiani e alla stessa lingua italiana, in un flusso linguistico e sonoro davvero originale. L’ironia si evidenzia in tutti i personaggi, fortemente caricaturali,  anche nella descrizione del Direttore “MA”, inetto e “mammone”, il cui nome viene ripetutamente pronunciato con diverso accento, proprio per identificarlo in diversi elementi e quindi storpiarlo. Il Direttore viene deriso e descritto comicamente, decadendo agli strati inferiori della gerarchia sociale e microcosmica dello shikumen. La scenografia riporta la donna accovacciata in alto, raramente scende in basso, mentre il popolo sbuca dalle quinte, o dal sottoscala, per dare vita al movimento di un flusso che sale e scende, che racconta, che rischia. La conclusione dello spettacolo, applauditissimo da un pubblico per lo più composto da studenti universitari, aggiunge notizie importanti al progetto: la collaborazione con  il teatro Il Piccolo di Milano e con la casa editrice Bompiani, ponendo come obbiettivo, quasi raggiunto, la pubblicazione di numerosi testi di drammaturgia orientale contemporanea in traduzione italiana, permettendo, così, ad un maggior numero di lettori di poter conoscere anche il teatro orientale contemporaneo.

PER UN PUGNO DI AZIONI
GALLERIA TOLEDO NAPOLI
12-13 MAGGIO 2015
Laboratorio di teatro cinese de “L’Orientale”
Ideazione e coordinamento del progetto di Maria Cristina Pisciotta
Adattamento e regia di Lorenzo Montanini
Drammaturgia tratta da Zhao Huanan