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La conclusione della stagione teatrale e l’inizio di questa torrida estate napoletana non impediscono alla città di riempirsi di iniziative e di produzioni teatrali che toccano alcuni luoghi interessanti del centro cittadino, delle zone circostanti, ma anche di altre province. Nel 2013 avevamo seguito la conferenza stampa organizzata dai membri del Festival IMPROTEATRO, in realtà rassegna teatrale che è cresciuta a dismisura, scegliendo come tappa fissa la città di Napoli. Quest’anno abbiamo deciso di “sbirciare” tra le scene di questo, ormai, vero e proprio Festival, con la giusta attenzione e con la giusta accortezza, poiché ci introduce ad un mondo artistico inusuale, allo stesso tempo antico ed innovativo, ma fortemente legato alla scena contemporanea. Nonostante l’attenzione spesso rivolta al testo drammaturgico, secondo una linea editoriale perseguita costantemente da dramma.it, stavolta abbiamo posto l’attenzione su un concetto di produzione “drammaturgica” effimera,

se così possiamo definirla, per soffermarci sulla pratica dell’ improvvisazione teatrale che caratterizza una fetta della produzione scenica contemporanea italiana. Ne siamo inconsapevoli, o poco informati, è vero, e per questo motivo sarebbe opportuno seguire costantemente gli spettacoli costruiti attraverso la tecnica dell’improvvisazione, non solo per sostenere un inevitabile confronto con la drammaturgia contemporanea o classica, ma anche per comprendere a fondo le tecniche di messinscena di queste compagnie. Senza andare lontano, dunque, Napoli ci permette di assistere, ogni estate, al Festival Improteatro, in cui confluiscono compagnie provenienti da tutta Italia.  Dal 26 giugno al 12 luglio, IMPROTEATRO FESTIVAL arriva alla sua terza edizione, il cui direttore artistico è Giorgio Rosa, evento che approda a Napoli attraverso l’indispensabile collaborazione di COFFEE BRECHT, la scuola di improvvisazione teatrale che naturalmente ha sede nella città partenopea, e QFC TEATRO. 700 spettatori nella precedente edizione, anche quest’anno il tutto esaurito non solo nei teatri napoletani scelti come luogo di improvvisazione, ma anche nelle particolari location cittadine o fuori città. Gli amanti del testo drammaturgico potrebbero storcere il naso, ma il senso, storico ed artistico, di questo progetto, è legato proprio all’assenza di testo. La creazione della scrittura, che mai scritta sarà, avviene in scena. Tecniche segrete, velocità di pensiero, coordinazione e strutture mentali precostituite aiutano gli attori, che appaiono come dei veri e propri atleti della scena, allenati alla parola ed all’inventiva immediata. La creazione di una storia, o di più storie, deve avere un esito scenico e concettuale ben definito, cioè un filo logico che conduca lo spettatore verso un’attenzione costante, sia essa tragica che comica, e che si sciolga, in conclusione, con un cambiamento totale, con un ritorno al punto di partenza, con un’agnizione, con uno scioglimento; ma questo processo creativo deve tener conto  anche di tutti gli elementi specifici di uno spettacolo, dalla scenografia, allo spazio che ogni volta appare differente e sfruttabile, fino al movimento del corpo ed alla gestualità. Grande affinità tra gli attori che devono intendersi al volo, ma non solo, devono studiare le mosse del compagno come in una vera e propria partita a scacchi, dove non si gioca per avere un vincitore ma per ottenere un prodotto che rispetti gli elementi indicati. Dalla commedia plautina, di memoria classica, alla commedia dell’arte, i cui attori erano artisti colti, a differenza di quanto si possa pensare, alcune strutture standard vengono riportate in scena, creando dal nulla spettacoli ogni sera differenti, ed inevitabilmente volubili. Si presume, dunque, una grande competenza attoriale e tecnica da parte di questi performers, ma soprattutto un’ottima conoscenza di numerosi testi della drammaturgia nazionale ed internazionale, competenza che non serve ad imitare o ad ispirare lo spettacolo di improvvisazione, ma che serve a conoscere le strutture di fondo di un testo per crearne, poi, uno ex novo, con grande velocità. 7 date, 7 performance: FLOW di Verbavolant in scena a Marcianise (Na), L’INEDITO- WES ANDERSON di Improteatro presso lo Slash di Napoli, HAROLD di Improteatro presso Bacoli (Na) all’interno della rassegna TEATRI ALLA DERIVA –STUFE DI NERONE, DIRECTOR’S CUT di Cambiscena presso la Sala Assoli di Napoli, JAMMANGIATI di Fuoriprogramma presso il Teatro 99 Posti di Mercogliano (AV), NAKED di Assetto Teatro presso il TIN Teatro Instabile di Napoli, GRAN GALA IMPRO di Coffee Brecht presso l’Hotel Caracciolo di Napoli.
Due degli spettacoli citati diventano la nostra prima esperienza di visione dell’improvvisazione teatrale: parliamdo di DIRECTOR’S CUT e di NAKED.
La compagnia Cambiscena riporta un titolo esplicitamente cinematografico, facendo riferimento ai tagli imposti dal regista, ai ciak, alle pause. In effetti vengono presente sul palcoscenico cinque storie, con cinque registi, il cui svolgimento ed esito sarà gestito dal pubblico, dai suggerimenti degli spettatori, dalle decisioni di questi che escluderanno alcune storie e ne salveranno altre. In scena sei attori, Claudia Gafà, Francesco Fontanieri, Grazia Generali, Lucio Bustaffa, Paolo Canuto, Paolo Facco, per cinque storie. Sin dal primo momento, infatti, uno dei sei registi viene eliminato. Il metodo utilizzato è l’applauso del pubblico che, in maniera ironica, osserva sin dalla prima scena i volti dei sei attori e decide chi eliminare a priori, attraverso “l’applauso inverso”, cioè chi viene applaudito più a lungo viene escluso. La stimolazione dell’attenzione del pubblico è subito attivata e la compagnia gioca attentamente sull’ironia che pervade tutte le storie create sul palcoscenico, da quella del pugile rabbioso, o il wester all’italiana nato dal suggerimento di una commedia all’italiana, fino al thriller. La caratterizzazione fortemente cinematografica permette di frantumare il racconto in più parti, costruite e sovrapposte, dando al pubblico delle pause necessarie, che permettono agli spettatori di seguire attentamente tutte le storie e di decidere univocamente quale sarà la vincitrice. Ciò che sorprende è che il pubblico non premia solo la storia più interessante, ma anche il regista che colpisce di più: gli attori, infatti, interpretano anche la parte del regista, in una collaborazione e fusione che non confonde affatto lo spettatore, il quale riesce ad identificare con precisione ogni personaggio. La compagnia protende, infatti, per una forte caratterizzazione di ogni protagonista, attraverso un “accumulo” di elementi, dalla voce, ai gesti, al vestiario, suggeriti spesso dal regista-attore di turno. In questo modo si crea il personaggio e lo  si “veste” del suo ruolo man mano che lo spettacolo va avanti. La partecipazione del pubblico è immediata, da una parte caratterizzata da habituè dell’improvvisazione, dall’altra dagli spettatori iniziati al genere, che vengono coinvolti, però, dalla situazione, inevitabilmente e fortemente meta teatrale, per quanto riguarda questo spettacolo.
Altra tipologia, pur improntata sull’improvvisazione, è quella che caratterizza NAKED, nel significato appunto di “spoglio”,  spettacolo creato dalla compagnia Assetto Teatro, in cui compaiono solo due personaggi, Patrizio Cossa e Fabrizio Lobello, con la regia di Giorgia Giuntoli. Due anni di lavoro sull’attore e sullo spazio scenico. Si chiede ad uno spettatore di gestire, a priori, lo spazio, sistemando in scena due sedie ed un tavolino. Gli attori, così, entrano in scena, osservano la disposizione e cominciano a creare la storia. Il teatro TIN di Napoli permette un allestimento specifico poiché, collocato nelle viscere della città antica, accogli il pubblico attorno alla scena, a 360 gradi. In questo modo gli attori sfruttano i movimenti, rendendosi completamente visibili da tutto il pubblico, occupando tutto lo spazio e sfruttandolo completamente. La storia che nasce è permeata da un’ironia di fondo che però non caratterizza l’intero discorso drammaturgico: due personaggi, una fantomatica regina ( forse un capo mafia), un suo servitore-spia, un altro servitore fedele che però vuole tradire la regina e accaparrarsi il potere. I due attori costruiscono l’intero racconto su flashback, facendo comprendere al pubblico i rapporti intercorsi tra loro ed altri personaggi non visibili, in maniera tale che, alla fine, lo sconvolgimento ed il ribaltamento avvengono nel momento in cui lo spettatore ha un quadro completo della situazione e dei personaggi. Lo slittamento tra presente e passato diventa via via più veloce, fino a sovrapporre i due piani temporali. La struttura binomiale del racconto, dalla distinzione tra buono e cattivo, e tra passato e presente, si sovrappone, si fonde e si ribalta.
La velocità di pensiero e di creazione di un prodotto drammaturgico del genere sorprende non solo lo spettatore comune ma anche chi analizza ed osserva costantemente la drammaturgia precostituita e fissata su carta. Un interessante dibattito-conversazione si apre con gli attori, alla fine dello spettacolo, quest’ultimo fissato su un limite di cinquanta minuti, limite temporale indispensabile – indicato con un timer – affinchè il racconto non si protragga a lungo e soprattutto affinchè gli attori abbiano un punto di riferimento visivo e scenico per condurre lo spettacolo verso lo scioglimento e la conclusione. La velocità di pensiero è data dal “non pensare” – così ci rivelano gli attori – poiché pensare a cosa avverrà subito dopo blocca il flusso di immaginazione e creazione. Tempo e pensiero sono gli elementi fondamentali di questa tipologia di teatro, la cui osservazione apre la mente ad un mondo artistico differente ma pur sempre presente e produttivo. Ciò che ci preoccupa, in realtà, è la memoria storica: nessuno di questi testi, infatti,  verrà mai scritto e ad ogni replica l’intreccio ed i personaggi cambieranno. L’unica testimonianza saranno, dunque, le recensioni, gli articoli giornalistici ed i video.

Foto ALIENPHOTO - BUBUPHOTO

IMPROTEATRO FESTIVAL
26 GIUGNO- 12 LUGLIO
Napoli-Caserta-Avellino
www.improteatro.it