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Prosegue l’attività di riedizione, talora di vera e propria edizione, delle opere di Alessandro Fersen, a ormai quattordici anni dalla morte, portata avanti con dedizione da Clemente Tafuri e David Beronio, cui la figlia Ariela ha affidato nei fatti l’analisi del suo patrimonio di scritti, e non solo di quelli già donati al Museo Biblioteca dell’attore di Genova.
È uscito infatti nell’aprile ultimo scorso, per AkropolisLibri e il nuovo melangolo di Genova, questo breve saggio che, come sottolineato in recentissime conversazioni con la figlia, costituisce una vera e propria summa in sintesi del pensiero di Fersen, uno scritto in sostanza che ne ha raccolto e accompagnato le elaborazioni sul teatro, nei lunghi anni di attività pratica e teorica e fino alle soglie della morte, quasi a sancirla in una sorta di escatologica coincidenza.
Preceduto dalle accurate note introduttive dei curatori, il volume, breve come detto ma densissimo, ridefinisce, indirettamente in un certo qual modo, in sette capitoli il pensiero di Alessandro Fersen sulla genesi e dunque sulla natura del teatro, elaborato analizzandone le fondamenta culturali ed antropologiche in una visione estetica e metafisica che guarda nel profondo della natura umana, prima e nel contesto della sua articolazione storica e culturale.
In appendice, a sottolinearne quasi i copiosi frutti prodotti nel tempo e la conseguente operatività, i curatori ripropongono il saggio “il mnemodramma”, eclatante esito delle ricerche sull’attore condotte per molti anni nello “Studio Fersen” cui Alessandro si è dedicato appassionatamente, con laboratori, seminari e convegni, soprattutto al declinare della sua intensa attività di drammaturgo e regista, di “uomo di teatro” insomma.
È una scelta felice, non solo perché dà piena ragione delle solide fondamenta analitiche e filosofiche del pensiero di Alessandro Fersen, a partire dal rapporto con Giorgio Colli ed i suoi studi sul Nietzche anche oltre la “Nascita della tragedia”, ma soprattutto perché dimostra come riqualificare la personale consapevolezza circa le modalità della propria attività teatrale, protegga quest’ultima, come lo definì Grotowski, da un irrilevante dilettantismo fine a sé stesso.
Un libro caldamente da consigliare per le capacità profetiche e per la sostanza maieutica di quel pensiero, di cui i curatori stessi appaiono sempre più consapevoli, e la cui importanza per il teatro italiano è indubbia anche se talora, per recidivo provincialismo, accantonata.
Il volume si aggiunge ai già usciti, per gli stessi curatori, che ricordiamo: “L’universo come giuoco” (2012), “Arte e vita. Taccuini e diari inediti” (2012) e “Critica del teatro puro” (2013).

L'incorporeo o della conoscenza
di Alessandro Fersen
a cura di Clemente Tafuri e David Beronio
AkropolisLibri - il nuovo melangolo 2015
100 pagg € 12,00