Pin It

E’ uno spettacolo gradevole, movimentato, una favola ricca di simboli, di allegorie, che richiama tutti, ieri come oggi, a mantenere vivo l’interesse per i libri, per la cultura ed il sapere in genere, in un periodo, purtroppo, caratterizzato dall’appiattimento dei valori e dalla quasi assenza di curiosità. Il lavoro in questione è “Una solitudine troppo rumorosa” di Filippo Arriva, in scena alla Sala Musco di Catania, nell’ambito della stagione di prosa 2014-2015 e liberamente tratto dal racconto “Prilis Hlucna Samota” di Bohumil Hrabal, tradotto da Sergio Corduas, adattato per le scene dal giornalista e drammaturgo Filippo Arriva e diretto, con mano agile e delicata, da Francesco Randazzo.
La scenografia, curata, assieme ai costumi, da Dora Argento, mostra un magazzino sotterraneo con al centro una grande pressa

e popolato da cartacce, faldoni, manifesti, rifiuti, topi, fantasmi e dalle ombre di Hegel, Kant, Schiller, Camus.
In questo ambiente si sviluppa, con le piacevoli musiche di Mario Modestini ed i movimenti coreografici di Donatella Capraro, l’amara storia dell’ometto di nome Hanta che ha il compito, ormai da ben 35 anni, di ammucchiare nella sua macchina pressatrice, di imballare e mandare al macero, le balle che verranno smaltite altrove. Hanta è un uomo delicato, dallo “sguardo puro e innocente”, votato al suo lavoro e che ha un rapporto speciale con i libri, con la cultura e con la poesia. Nel corso degli anni Hanta ha scovato e letto tanti libri importanti ed è diventato, quasi senza nemmeno accorgersene, una persona istruita ed ha creato un certo feeling con quel mondo vivo e poetico con il quale vuole vivere in amicizia. La sua missione è quella di trasformare gli scarti in oggetti, materiali, pregiati ed intanto ha degli incontri-visione con lo zio Hasek, con un gruppo di zingari, con uno strano cronista, con due raschiatori di fogna e soprattutto con la piccola zingara, ragazza muta ed affabile della quale si innamora. Ma presto il progresso, il “nuovo che avanza” vuole sostituire la sua macchina con una più potente ed efficiente, fredda esecutrice di imballaggi perfetti, con nuovi imballatori, puliti e profumati e quindi la sua funzione ed il suo mondo poetico e visionario, dovranno scomparire per sempre. Hanta, descritto come un idealista e consumatore di birra, registrando il mutamento dei tempi, si ribella e nella sua “solitudine rumorosa”, lancia un messaggio da eroe alla società, facendosi imballare per trovare il suo posto, in modo che cultura, libri, poesia e sapere non si smarriscano. In scena il personaggio di Hanta, in una atmosfera visionaria, così come costruito dall’autore Filippo Arriva, somiglia molto ad una macchietta, ad una figura quasi chapliniana, ricca di umanità e poesia.
L’atto unico, in circa 70’, nella versione teatrale di Filippo Arriva, non sempre riesce a sviluppare in modo fluido un tema di grande importanza come quello trattato nel romanzo di Bohumil Hrabal, anche se risulta apprezzabile e funzionale la scenografia e la regia ed il cast è ben assortito e guidato dall’ottimo Stefano Onofri nei panni del poetico e smarrito Hanta. Sulla scena poi nei vari ruoli, citiamo Vitalba Andrea, Plinio Milazzo, Luca Iacono, Ludovica Calabrese, Pietro Casano, Marta Ciriello, Lorenza Denaro, Luciano Fioretto, Valeria La Bua.
Spettatori incuriositi dalla messinscena, attenti alle problematiche, sempre attuali, della pièce e che alla fine hanno lungamente applaudito lo spettacolo.

“Una solitudine troppo rumorosa”
di Filippo Arriva
liberamente tratto dal racconto omonimo di Bohumil Hrabal
Traduzione di Sergio Corduas
Con Stefano Onofri, Vitalba Andrea, Plinio Milazzo, Luca Iacono, Ludovica Calabrese, Pietro Casano, Marta Cirello, Lorenza Denaro, Luciano Fioretto, Valeria La Bua
Regia di Francesco Randazzo
Scene e costumi di Dora Argento
Musiche di Mario Modestini
Luci di Franco Buzzanca
Produzione Teatro Stabile di Catania -Sala Musco 17 -26 aprile 2015

Foto di Antonio Parrinello