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Terzo appuntamento, alla Piccola Corte dal 10 al 20 giugno, della tradizionale Rassegna di Drammaturgia Contemporanea che anche quest’anno chiude la stagione del Teatro Stabile di Genova. È la volta di questa drammaturgia della giovane scrittrice inglese Dawn King che, oltre che per la scena, scrive abitualmente per la radio e per la tv cosa che, a mio avviso, ne influenza non poco la sintassi narrativa.
Plot “giallo” o meglio da spy story, infatti, cioè una struttura narrativa molto nelle corde dello spettacolo anglosassone e anche

in Italia ormai diventata una delle più utilizzate modalità per rappresentare la società contemporanea, e che naviga, forse un po’ superficialmente, il problema della sovrapposizione e quindi della confusione e della crisi delle identità che, evidentemente, molto ci appartiene.
Racconta, nella traduzione di Luca Viganò, di due sorelle che duplicano nei diversi contesti che le vedono protagoniste l’originaria speculare relazione che, appunto, dai rapporti familiari si dipana in quelli affettivi ed in quelli professionali, l’una analista/agente dei servizi segreti l’altra che gestisce una galleria d’arte, sovrapponendo relazioni e personaggi, e moltiplicandone le sfaccettature, fino alla tragica morte della prima con consueto colpo di scena finale a svelare “l’assassino” (che ovviamente non rivelo).
L’ottima regia di Tommaso Benvenuti ben si inserisce nel gioco narrativo, svelandone e così smascherandone i sovrapposti piani significativi grazie a movimenti scenici ben calibrati ed enfatizzati dalla interessante scenografia che, grazie ad un rotondo e rotante palcoscenico, ne moltiplica l’efficacia, mentre la “zona oscura” che occupa ogni vita è resa evidente, in questa rotazione, oltre il proscenio in una specie di vestibolo ove, sotto i nostri occhi, gli attori vestono e svestono i panni dei diversi personaggi che interpretano.
Sono quattro i bravi protagonisti, Valeria Angelozzi, Roberto Serpi, Irene Villa e Giovanni Annaloro, che danno vita ai diversi plurimi personaggi e che appaiono ben inseriti in quei movimenti di cui si giovano anche nelle cangianti modalità e negli slittamenti recitativi in cui si immergono con buona resa spettacolare.
Uno spettacolo apprezzabile e dalla robusta struttura drammaturgica, in cui però il gioco di specchi che ne fonda i ritmi narrativi sembra talora sfuggire a più profonde ambiguità, non solo sociali ma anche esistenziali.  Comunque un esito discreto e applaudito con calore.