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Il secondo spettacolo del Festival delle Regioni promosso dall’Outis, è un evento multimediale: monologhi, dialoghi, improvvisazioni con il pubblico e video; un eterogeneità di mondi scenici scritto e interpretato da Alessandro Di Pauli e Tommaso Pecile. I due giovani sceneggiatori, sono ideatori e autori della prima Serie Tv sull’Homo furlanus, una serie che ha avuto un grande successo nella rete, fenomeno da analizzare, oggi il teatro corre anche in rete e regala innovazioni da seguire sperimentazioni su cui riflettere. E’ la rete che fagocita il teatro o è il teatro che ne esce arricchito e usa tutti i mezzi a disposizione per raccontare storie? In questo caso l’esperimento è riuscito. I due autori accompagnano gli spettatori in un divertente excursus sulle caratteristiche e sulle contraddizioni ma anche i luoghi comuni sul Friuli

e sui Friulani, un’ora e mezza di leggerezza e risate e riflessioni: uno zibaldone stilistico e linguistico, intervallati da video girati rigorosamente in lingua friulana, e proiettati con sottotitoli in italiano per renderne accessibile la visione anche ai ‘diversamente friulani’. Si parte da una riflessione sul Friulano che non è un dialetto ma una lingua. La Lingua Friulana è riconosciuta e tutelata dalla Legge 482 della Repubblica Italiana. Chiamata anche Furlan, Lenghe e Marilenghe, il Friulano è una lingua neolatina facente parte della famiglia delle Lingue Retoromanze come il Ladino e il Romancio. La tutela di questa lingua nasce dal desiderio di valorizzare una cultura, una diversità ma non è una chiusura, non è localismo anzi gli strumenti adoperati per realizzare lo spettacolo dimostrano che c’è un intento e uno sguardo universale. Il recupero della lingua della madre, come diverse volte ha sottolineato Zanzotto (per un approfondimento sulla lingua di Zanzotto suggerisco questo interessante saggio, una delle tante risorse della rete: «Meteo: le previsioni della poesia». Donato Salzarulo) diventa una modalità di espressione, un viaggio nel “linguaggio del corpo”, linguaggio immediato diretto, recupero degli archetipi ancestrali, recupero di una lingua arcana, entrando in conflitto con la lingua dominante. E’ una battaglia per la tutela in difesa delle minoranze Un avvenimento letterario e politico ma non è una conservatorismo: «il dialetto non può avere a che fare con le riesumazioni o imbalsamazioni “da riserva” ma deve essere sentito come la guida (al di là di qualunque ipotesi sul suo destino) per individuare indizi di nuove realtà che premono ad uscire». La direttrice artistica del Festival Angela Calicchio, in apertura, sottolinea questo obiettivo, valorizzare le tante culture italiane proprio in occasione dell’Expo. Obiettivo centrato in questo caso. Gli attori in scena (ma nel video) raccontano situazioni grottesche tratte dal mondo quotidiano: l’emigrazione, il lavoro sempre più precario, il bisogno di incontrarsi, la ricerca di un amore. Tutti intensamente in linea con i loro iper personaggi, maschere grottesche in viaggio nel tempo. Una serie televisiva che vuole rappresentare, attraverso la comicità e la satira di costume, il Friulano di oggi ed il suo quotidiano cammino verso la felicità. Cammino arduo, proprio perché nella lingua friulana la parola felicità non esiste e non esistono neanche molti altri termini legati ai sentimenti, mentre esistono un’infinità di sinonimi per la parola pioggia...I personaggi nei diversi episodi, nei diversi video-scena, (insisto sulla parola scena perché gli attori vengono tuti dal mondo del teatro e si vede) come tanti Don Chisciotte lottano contro i nostri mulini a vento quotidiani. Gli episodi sono ambientati in una fabbrica a conduzione familiare che ricalca i cliché dell’impresa friulana, come il paròn che si è fatto da solo cresciuto in una famiglia povera e che grazie alla sua voglia di riscatto è riuscito a creare una piccola fortuna, il suo modo di vedere il mondo è semplice essenziale si basa su due soli concetti: il senso del dovere, e il senso dell’impegno, continuare a lavorare per godersi quello che si ha. Si parte dallo stereotipo per smontare il luogo comune e mostrare che cosa c’è oltre le apparenze. «Non siamo più una terra di burberi e rubicondi contadini, ma una terra di confine dove culture, industrie e uomini combattono ogni giorno la sfida del mondo globale, sempre e comunque “in a Furlan way” (alla Friulana)» così racconta uno degli autori e narra anche le disavventure per trovare i fondi necessari per sostenere il progetto; ad ogni loro proposta, linguisti, amministratori, case di produzione...rispondevano tutti allo stesso modo: “Bravi! Però meglio se lasciate perdere”. I due, felici, ma furlans e quindi con grande caparbietà, per nostra fortuna, hanno continuato!

Milano, Piccolo Teatro Grassi, Festival delle Regioni. 22 Luglio 2015