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Ritorniamo sul mare, in un vero e proprio cantiere navale. L’EFESTOVAL ci accoglie a Bacoli, presso lo storico Cantiere Navale Postiglione. Stavolta il capannone è enorme, il volto di Efesto, simbolo di questo Festival, campeggia all’ingresso, sulla parete del capannone. La bella baia fa da contorno, il suono delle corde e delle vele ammainate delle barche e barchette che ondeggiano alla brezza della sera, riempie i (pochi) silenzi del lungo discorso di Telemaco –Perrotta. Joyette, nave del 1907, fa da sfondo al palcoscenico: sottoposta ad un lungo ed ambizioso procedimento di restauro e di recupero dei materiali originari, si erge maestosa e nuda alle spalle dell’attore. La scelta di questa location stavolta coniuga il mare e la navigazione alla famosa storia di Ulisse, che diventa eroe invisibile ed atteso, raccontato

dal figlio Telemaco. L’accezione alla parola “odissea”, stavolta non ricorda unicamente la metafora del viaggio – il cosiddetto nostos greco, il viaggio di ritorno in Patria, che caratterizza la cultura classica – ma sembra toccare anche il significato più comune e più affine alla cultura contemporanea: l’odissea contemporanea dell’umanità intera attraverso il rapporto burrascoso tra padre e figlio. Lo spettacolo, scritto ed interpretato da uno straordinario Mario Perrotta, diventa viaggio attraverso le manifestazioni più dolorose del mondo contemporaneo. Il “cunto” del figlio che attende – Ma cosa? Una trasformazione? Un cambiamento? - diventa spettacolino da saltimbanco folle che mobilita la piazza del paese. Come un tempo i canta- e cunta-storie del Sud allestivano i palchi, raccontando alla gente le leggende, i racconti antichi, le gesta dei grandi cavalieri, Telemaco ci racconta del padre. Ma non le sue gesta, bensì ciò che è costretto a raccontare a tutti coloro che chiedono incessantemente, soprattutto agli altri bambini, anche lui bambino ma orfano ed in  eterna attesa. Penelope, silenziosa e rinchiusa in casa, è osservata di sottecchi attraverso quella finestra sempre chiusa, mentre Telemaco, in strada ed in piazza, appare come un fiume in piena di parole, marionetta, personaggio del Varietà, poeta ubriaco e cantore malinconico. La musica dal vivo fa da collante e da elemento fondamentale all’interno di questo lungo monologo-racconto, in cui l’assenza di un padre sembra essere secondaria rispetto alla descrizione del mondo intero attraverso l’allegoria. Quale opera migliore se non l’Odissea di Omero che diventa base culturale da cui partire e su cui, poi, costruire immagini ricercate, attraverso il linguaggio e lo stile fluido delle onde linguistiche e sonore di Perrotta. Si sceglie la lingua d’origine, il leccese, che accomuna parole ed espressioni alla lingua siciliana della costa orientale, mentre il pubblico sembra sedersi comodamente su una nave e solcare le onde del mare di parole, salendo e scendendo ad ogni rallentamento o corsa linguistica intrapresa dall’attore. La magia, l’ironia e la stimolazione alla fantasia, instillate negli occhi degli spettatori, rallentano la corsa narrativa quando l’allegoria diventa esplicita. Alcuni degli episodi più famosi dell’Odissea omerica sono ripresi all’interno dello spettacolo, dalla Penelope additata a donna di facili costumi, ai Proci-Porci, alla Circe delle feste in spiaggia in cui gli uomini perdono la dignità ed il denaro, smarrendosi tra le belle donne ed il commercio del corpo, ad Eolo e al vaso contenente tutti i venti, avidamente aperto dalla curiosità dell’uomo, fino all’episodio più famoso, quello del Ciclope che mangia e tracanna, ma conserva alcune parti degli sventurati compagni di Ulisse per poi “cucirle” nelle pelli delle sue pecore, ricordando la tratta degli organi. L’uomo viaggiatore che cerca la via di casa ha perso la sua rotta perché si è smarrito tra i mali del mondo. L’Ulisse-Nessuno che il Ciclope definisce “nuddu ammiscatu ccu nenti”, cioè nessuno mescolato con niente, secondo una frequente offesa utilizzata in alcune zone appartenenti alla koinè linguistica derivante dalla dominazione greca, compresa la costa jonica siciliana, è annientato linguisticamente dallo stesso mostro. L’affermazione del Ciclope, infatti, rende Ulisse non più l’eroe furbo ma l’uomo  “prosciugato” realmente della sua identità e ridotto all’invisibilità dai tempi, bui come la caverna mitologica. Il segno, dunque, più esplicito di un non ritorno è proprio l’essere nessuno ma mescolato con niente,  caratterizzazione che cancella simbolicamente anche la memoria. Telemaco racconta di un padre assente, dimostrando costantemente la sua rabbia, ma è Antonio, il pescatore che vive in spiaggia, a raccontare al ragazzo le gesta del padre sconosciuto, attraverso il concetto della memoria orale che è profondamente insito e costante nelle culture del Meridione. Proprio quell’Antonio che dà in pasto al Mare le cozze, figlie marine che lo stesso padre non riuscirebbe ad aprire, servendosi dunque delle mani dell’uomo, quello stesso Antonio, descritto velocemente all’inizio del racconto, ci fa pensare che forse l’Ulisse che cercavamo l’abbiamo sempre avuto davanti. Perrotta interpreta in maniera magistrale non solo Telemaco, ma incarna nel suo corpo, attraverso i movimenti delle mani ed il fluire della sua voce, il personaggio più importante, cioè il racconto. La poesia dell’incipit de “I Malavoglia” di Verga – […]perché il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe e par la voce di un amico – riecheggia tra la parole di Perrotta, così come il riferimento al saltimbanco dal pirandelliano “berretto a sonagli”, affacciandosi al ricordo di “U ciclopu”, traduzione pirandelliana del più famoso testo euripideo. Spettacolo in prima visione in Campania ma in realtà molto conosciuto nel resto d’Italia - Premio Hystrio alla drammaturgia 2009 - appare profondamente suggestivo, scatena l’applauso del pubblico e regala un sold-out immediato all’EFESTOVAL, unendosi al grande successo di tutti gli spettacoli di questo festival.

ODISSEA
EFESTOVA IL FESTIVAL DEI VULCANI
CANTIERE NAVALE POSTIGLIONE BACOLI (NA)
13 SETTEMBRE 2015
ODISSEA
Di e con Mario Perrotta
Musiche originali eseguite dal vivo da
Mario Arcari e Maurizio Pellizzari
Collaborazione alla regia  Paola Roscioli
COMPAGNIA DEL TEATRO DELL’ARGINE