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Una serie di spettacoli in scena durante StartUp Taranto 2015 hanno colpito la nostra attenzione e, invece di descriverli velocemente all’interno del consueto diario, sembra che valga la pena di parlarne specificatamente, in maniera approfondita e con maggior attenzione. Partiamo da IL MATRIMONIO, testo di Nikolaj Vasil’evič Gogol’, commedia composta nella prima metà dell’Ottocento, ed in scena per la prima volta nel 1842. I Cantieri Teatrali Koreja di Lecce si appropriano di un testo drammaturgico la cui collocazione storico-culturale è quella dell’Ottocento nell’Europa dell’Est, in una narrazione da commedia in cui gli interni fanno da padroni e

la donna è mercanzia da smerciare, sebbene abbia una dote cospicua. La struttura di questo testo sembra porre i molteplici personaggi all’interno di una scacchiera, le cui mosse sono indispensabili per mantenere viva la storia. Fili invisibili che legano ogni personaggio all’altro, come se ognuno potesse optare per una scelta diversa, pur ritornando alla trama principale perché legato da fili elastici. Il racconto di Gogol’ descrive l’opportunità di una giovane e ricca donna di poter scegliere tra diversi pretendenti, attraverso l’interazione di “mediatori di coppia”, ossia coloro che procurano possibili mariti e mogli. Il gioco della caratterizzazione specifica di ogni personaggio, che poi diventa “tipo” simbolo di ogni genere umano, sembra essere l’elemento fondamentale che viene captato subito dagli attori dei Cantieri Koreja, i quali lavorano sul testo e sull’allestimento attraverso un percorso di “ramificazione” e creazione ex novo sul testo di Gogol’. Non si tratta di un vero e proprio adattamento, ma di un’equiparazione tra alcuni temi specifici, caratterizzanti il contesto culturale in cui nasce il testo russo, rivisitati attraverso gli occhi dei contemporanei e portati ad estreme conseguenze. Non si può parlare di vero e proprio adattamento poiché la lingua utilizzata, in parte, è quella originale, ma in alcuni momenti è commutata nella lingua contemporanea, in uno sfasamento temporale che, fino alla fine, pone degli interrogativi allo spettatore: ma in che epoca ci troviamo? Certamente l’utilizzo della telecamera, dei microfoni e dei riferimenti alla televisione “spazzatura” ci fanno rimpiombare al presente, ma durante tutto il percorso sembrano esserci dei cortocircuiti temporali che rendono il tutto più complesso. L’irriverenza di questo spettacolo è la cifra principale per comprenderne a fondo i significati e soprattutto per osservare le allegorie riproposte sulla scena. La tendenza alla scenografia “piramidale” sembra riportare visivamente, sul palcoscenico, la gerarchia di rapporti che intercorrono tra tutti i personaggi, i quali sembrano variare la loro posizione per ritornare poi al punto di partenza. In effetti lo spettacolo non sembra sciogliere la trama ma continua a girare sull’argomento fino a quando tutto questo diventa un turbine che coinvolge e mescola tutti. La velocità cambia, i personaggi sembrano impazziti, gli elementi caratterizzanti ognuno di loro si acuiscono, fino ad un’esplosione che sgretola ogni apparenza ed ogni gerarchia. Ciò che emerge notevolmente dall’intero spettacolo è la natura effimera e debole della protagonista, che incarna la malattia dell’indecisione, propria della nostra società: quale strada intraprendere? Non è il matrimonio, né la scelta del marito, ad essere posti realmente in primo piano, ma questi elementi diventano allegoria del presente, in una trasposizione culturale di grande effetto. Bisogna leggere tra le righe  di questo prodotto, poiché fa ridere, coinvolge gli spettatori, ma dimostra una profonda e dolorosa malattia del vivere che si ritorce contro gli stessi protagonisti e si racchiude in un’unica parola: la solitudine. La televisione, la ricerca dell’apparenza, l’espressione di doti artistiche che in realtà non si posseggono ma che si è convinti di avere, l’ostentazione di un ruolo sociale, possono davvero rendere felici questi personaggi? L’inascoltato urlo emesso da ognuno di loro varia in sonorità, in livello della voce, in caratteristiche della personalità. Ognuno gira su stesso, in un grande vortice, cercando di esprimere la propria personalità a tutti i costi, travestendosi, spesso, di ciò che non si è. In tutto questo enorme pranzo nuziale - il cui cuoco è anche musicista, narratore e coro insieme, attraverso una scelta registica geniale - sul piatto viene posta la propria coscienza, servita in pasto agli avidi spettatori, impegnati ad intrufolarsi nella vita privata e a giudicare tutti. Figurine da fumetto o da soap opera, questi personaggi – i cui nomi originari vengono mantenuti -, sono alla ricerca incessante di se stessi, in un matrimonio simbolico con l’altro da sé che potrebbe dar loro un’identità diversa. Il lavoro dei Cantieri Koreja è sempre ricercato, innovativo, una boccata di aria fresca, che riporta sulla scena uno stile specifico. Spettacolo per tutti, davvero per tutti, poiché offre diversi livelli di lettura, ma quello più profondo è sicuramente molto doloroso.

IL MATRIMONIO
Teatro Tatà Taranto
24 settembre 2015
Il Matrimonio
Da Nikolaj Vasil’evič Gogol’
Produzione Cantieri Teatrali Koreja Lecce
Idea e progetto Salvatore Tramacere, Lucio Diana
Adattamento e regia Salvatore Tramacere
Con Ivan Banderblog, Francesco Cortese, Giovanni De Monte, Carlo Durante, Erika Grillo, Anna Chiara Ingrosso, Emanuela Pisicchio, Fabio Zullino.
Aiuto regia Giovanni De Monte
Scenografia e luci Lucio Diana