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Tatiana Olear porta in scena un testo di Haresh Sharma (pluripremiato drammaturgo di Singapore e condirettore artistico dell'annuale M1 Singapore Fringe Festival, per la prima volta tradotto e rappresentato in Italia) e lo fa con una regia semplice e dinamica al tempo stesso. Lo spettacolo è una produzione Chronos3 in collaborazione con OUTIS Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea, ObarraO Edizioni e Isolacasateatro di Milano. Una rete per sostenere un progetto che ha un respiro ampio. Una donna sola in scena, racconta la sua esperienza in una delle metropoli più multiculturale e multirazziale del mondo. Temi universali: il lavoro, il divorzio la malattia

della madre e il desiderio di bellezza... Una donna tutta sola che attraverso i suoi tic, le sue paure, le sue piccole manie (il cellulare, le mentine, la crema per le mani, la grande borsa che nasconde un mondo di oggetti) racconta la fragilità di un quotidiano, in cui è continuo il conflitto fra l’individuo e l’ambiente, la frustrazione dovuta a una vita sbagliata, la negazione della felicità, il tutto presentato con molta ironia. La ricerca multiculturale della regia è la sfida vincente. C’è un teatro che è pensiero sull’uomo, sulla natura, sulla vita e sulla morte, sul desiderio e la paura; c’è un teatro che affronta queste tematiche a livello universale, dare un ordine al caos, al caos delle relazioni, al caos della società maschile che impedisce ad una donna islamica di poter divorziare con gli stessi diritti e la stessa possibilità di un uomo. Il teatro di Tatiana Olear realizza efficacemente questo obiettivo. Il testo è anche un’analisi acuta sul multiculturalismo che ci permette di conoscere la bellezza di un credo religioso, di abitudini religiose, in questo caso l’Islam, al di là di quello che viene veicolato dai mezzi di informazione di massa. Manuel Renga firma le proiezioni video e l'animazione digitale dello spettacolo, ispirandosi alle grandi metropoli mondiali (Tokio, Singapore, Francoforte e Milano) e alle loro torri "totem”. Unisce sapientemente luce naturale e fenomeni atmosferici e stagionali: il ciclo delle stagioni passa sotto i nostri occhi così come scorrono gli avvenimenti di vita della donna, avvenimenti che ci coinvolgono perché sono anche vicini alla nostra esperienza. Le culture, infatti, sono fluide e gli individui interpretano attivamente le loro tradizioni rinnovandole proprio attraverso il rapporto con gli altri che appartengono a mondi diversi. La rappresentazione scenica racconta bene questi aspetti. Le musiche in scena, le installazioni video, la regia, dimostrano come la storia dell’umanità sia caratterizzata dal movimento e dalla creazione continua di reti e intrecci tra persone provenienti da paesi diversi. Teatro multiculturale appunto ma cosa si intende per teatro multiculturale? Riconoscere l’universalità di certi temi parlare al mondo non solo al teatro di quella singola città. Oggi più che mai alla luce di quello che sta accadendo nei paesi in guerra è necessario ripristinare una “memoria collettiva e plurale” per saper leggere la complessità di contesti che spesso vengono ridotti ad entità chiuse, incomunicabili. Elena Ferrari, attrice formata presso la Scuola del Piccolo Teatro di Milano, sa abilmente passare da un registro emotivo ironico ad uno più drammatico, assimilando il discorso gestuale a una parola scenica in cui risuonano sentimenti universali: paura, gioia, amore. Il linguaggio in questo modo diventa corpo e il corpo, memoria collettiva.

Milano Teatro Libero, 9 ottobre 2015
BEST OF
di Haresh Sharma
Traduzione italiana di Roberta Verde