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“Persi le forze mie persi l’ingegno”.  Con questa frase tratta dal “Lamento per la morte di Pasolini” (Giovanna Marini), si chiude lo spettacolo IL COMPROMESSO. Frase emblematica, metafora, della nostra storia. Il canto a Pasolini in chiusura è un omaggio a un poeta che ci ha lasciato considerazioni illuminanti sulla condizione attuale della società dei consumi. Lucidi sguardi sul presente e profetiche visioni del futuro. Persi le forze mie, persi l’ingegno. Una nazione che ha perso le forze, l’ingegno, una nazione in crisi. Una nazione in cerca di identità fra prove, tentativi, errori... e compromessi, a volte sofferti, a volte inutili, a volte necessari. Con acume e sensibilità Angela Demattè traccia, attraverso le vicende di due famiglie, un ritratto storico che parte dalla prima guerra mondiale fino ai giorni nostri. Carmelo Rifici dà memoria e

vita agli uomini e alle donne di quel mondo.  In un arco storico di 100 anni, fra compromessi storici e compromessi familiari ritroviamo le nostre reciproche storie familiari. Seguiamo e ci appassioniamo (due ore e mezza trascorrono senza che ce ne accorgiamo) per non dimenticare, per ricordare, per uscire dalle semplificazioni quotidiane dei linguaggi di massa che chiudono le identità in uno schema fisso; seguiamo e ci appassioniamo per ricordare quanto la mancanza di educazione alla memoria e all’identità conduca ad estremismi pericolosi. «Lo spettacolo è anche un’indagine sull’eredità e sull’identità. In cosa credevano i nostri padri e le nostre madri? Cosa ci hanno trasmesso? Oggi innanzitutto arranchiamo davanti alla parola “credere”. In cosa crediamo? A chi apparteniamo? Se è vero che questo arrancare parte da errori fatti dai nostri padri c’è però da chiedersi se sia possibile ritrovare, oggi, un’identità perduta o se sia necessario costruirsene un’altra, magari partendo dalla nostalgia profonda di quell’identità; e se davvero “il compromesso” sia un fatto del tutto negativo» (Note di regia). La scrittura di Angela Demattè si dipana attraverso dieci quadri e un intermezzo e tiene perfettamente il filo dei ragionamenti e delle fonti storiche senza vacillare senza perdere i particolari; scavando anche in vicende dolorose come quella relative alla morte del piccolo Alfredino, trattata con estrema delicatezza, sottolineando, nello stesso tempo con lucida necessità, la nascita, proprio a partire da quel lutto, del grande circo mediatico sul dolore spettacolarizzato.
La regia chiude in una “grande scatola magica”, una “scatola dei ricordi” i momenti storici narrati (scene e costumi ben tratteggiati da Annelisa Zaccheria). Una scatola neutra dove predomina il bianco; una stanza di passaggio, quasi un corridoio, un ingresso un’anticamera, un passaggio obbligato per accedere a momenti di riflessione più profonda. Quelli di cui si avverta la mancanza oggi e che Carmelo Rifici, regista attento ai simboli e alle sfumature, ci restituisce con amore. I personaggi ben interpretati dai giovani allievi (ultima classe di diplomati) dell’Accademia dei Filodrammatici, portano sui loro abiti di scena, frasi sfilacciate, disperatamente aggrappate ai loro corpi, parole desiderose di riprendere vita. Parole in cerca di un lettore. Frasi che rappresentano archetipi della nostra comune storia: il lavoro, l’omertà, le bugie, il muro...la follia, come quella del personaggio chiave Caterina, che recita nella lingua della madre, perché i dialetti (come spesso ha sottolineato Pasolini) non devono essere dimenticati, la zia folle diviene così custode della verità. A turno gli attori indossano i panni del “didascalista”, che sottolinea i momenti di passaggio e rappresenta il tramite fra un mondo ingabbiato in definizioni e stereotipi da smantellare e la verità della parola scenica. Anche le frasi ricamate sui costumi rappresentano didascalie del nostro agire contemporaneo, mondi da coltivare o da abbandonare come chi lucidamente e costantemente ti inganna, fingendo di farlo per il tuo bene, i politici corrotti di turno, per esempio, ma non solo quelli. L’elenco è lungo. Michele Basile, Alice Bignone, Eleonora Cicconi, Camilla Pistorello, Gianpiero Pitinzano, Daniele Profeta, Alessandro Prota, Ilenia Raimo, Ermanno Rovella, Antonio Valentino, Camilla Violante, recitano e cantano sul fiato con sospiri ed espressioni intense.

Milano, Teatro Filodrammatici, 18 Ottobre 2015