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“Un ebreo non ha mani, organi, sensi, affetti, passioni, allo stesso modo di un cristiano? Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate noi non ridiamo? Se ci avvelenate noi non moriamo? …". E’ il memorabile monologo del testo che diventa il filo conduttore dell'originale spettacolo “Shylock, il mercante di Venezia in prova”, scritto a quattro mani da Roberto Andò e Moni Ovadia in scena al teatro Ambasciatori di Catania, all’interno della stagione di prosa dello Stabile etneo e prodotto da Arena del Sole, Nuova Scena-Teatro Stabile di Bologna, Emilia Romagna Teatro Fondazione, in collaborazione con Estate Teatrale Veronese. Lo spettacolo, senza intervallo e per circa due ore, coinvolge il pubblico in un misto di prosa attualizzata e politica, musica, canzoni e video proiezioni e la coppia Ovadia ed Andò capovolge Shakespeare ed il noto “Mercante di Venezia”, incentrando tutto sulla figura dell’ebreo Shylock, caricando la pièce di mille messaggi relativi al valore dei diversi, alla funzione ed al decadimento del teatro, con qualche frecciatina alla situazione culturale e politica della nostra società. Sulla scenografia di Gianni Carluccio, a metà tra un capannone post moderno ed una clinica degli orrori, i registi Roberto Andò e Moni Ovadia, già applauditi in “Le storie del signor Keuner” di Brecht, immaginano per lo spettacolo una squinternata compagnia che deve mettere in scena, in forma di teatro musicale “Il Mercante di Venezia” e durante le prove ripercorre la nota vicenda di Shylock, interpretato da Shel Shapiro, pioniere della musica rock in Europa, mentre Moni Ovadia, da sempre attivo fautore della pace e della giustizia sociale, si alterna nei doppi panni dell’alter ego di Shylock e del regista. La riscrittura del testo shakespeariano trasforma lo spettacolo in un gioco meta teatrale e la vicenda è raccontata da un regista che tenta di provare lo spettacolo cercando anche di accordarsi con un losco impresario la cui fortuna è legata al crimine. Di grande efficacia, all’interno della costruzione e della completezza del lavoro, sia le canzoni che le musiche dal vivo, eseguite sul palco dalla Moni Ovadia Stage Orchestra, ovvero Luca Garlaschelli (contrabbasso), Massimo Marcer (tromba), Albert Florian Mihai (fisarmonica), Vincenzo Pasquariello (pianoforte), Paolo Rocca (clarinetto). Su una scenografia che ricorda un ospedale psichiatrico in disuso, un capannone abbandonato o un mattatoio, il lavoro, corale e ben costruito dalla coppia Ovadia-Andò, inizia da Shakespeare e poi racconta, costruendogli attorno un mondo immaginario, la figura dell’ebreo Shylock che porta il peso dei mali del mondo ed è accudito da una sexy e scatenata infermiera (Lee Colbert), mentre il suo alter ego è un regista in disarmo, che per tutta la vita ha sognato di mettere in scena il Mercante di Venezia, nel nome del vero teatro. L’impresario e finanziatore dell’operazione (Ruggero Cara) è un personaggio sospeso tra mafia e commercio d’organi. Nella storia il regista vuole restituire a Shylock il suo cuore e l’impresario vuole possedere il cuore del regista. Particolare apprezzamento per l’interpretazione stralunata, ammaliante, di Shel Shapiro e per la presenza scenica, per il carisma, di Moni Ovadia, direttore d'orchestra in scarpette da tennis, appollaiato su un seggiolone a ragionare, guardando la rappresentazione del teatro della follia del nostro mondo, cercando la verità e l'autenticità ormai irrimediabilmente perduta. Momenti più apprezzati dello spettacolo il celebre monologo di Shylock sull’eguaglianza fra gli uomini e la marcia finale come in un circo metafisico. Applauditi in scena anche Roman Siwulak (l’eminenza grigia), Maksym Shamkov (il cardinale a riposo), Federica Vincenti (la licenziosa attrice-cantante Porzia), i colorati costumi sono di Elisa Savi, le luci di Gigi Saccomandi, il suono di Mauro Pagiaro. Consensi unanimi alla fine per uno spettacolo emozionante e coinvolgente, una sorta di opera rock con musiche dei Queen, Nina Hagen e che richiama alla mente molti aspetti, molte situazioni, su cui si dovrebbe riflettere più spesso.