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È stata una breve ma anche assai piacevole lezione-spettacolo quella che Massimiliano Civica ha tenuto alla sala Dialma Ruggero di La Spezia, per il bel cartellone di Fuori Luogo, sabato 23 gennaio al termine e al culmine del laboratorio per addetti ai lavori che ha segnato la settima precedente. Una lezione drammaturgica incentrata intorno ad una figura chiave del teatro italiano del novecento, Eduardo, che dalla parole di Massimiliano Civica emerge giustamente e soprattutto come transito e snodo tra il teatro cosiddetto all’italiana, quello del grande attore capocomico, che volgeva al suo splendido tramonto quando De Filippo cominciava a calcare le scene, e quello contemporaneo del drammaturgo-attore-regista in scena che ne sarà, e forse ne è tuttora, la più produttiva evoluzione. Quello che ne fa Massimiliano Civica in scena è soprattutto un racconto di vita

e di vite talmente votate al teatro da esserne integrate e completamente inglobate così che la storia degli uni, anche negli aspetti esistenzialmente più intimi, appare inevitabilmente essere la storia dell’altro (del “Teatro”).
È una storia dunque, la sua, inevitabilmente cadenzata su aneddoti di esistenze forse meno conosciute di quanto si crede, aneddoti più o meno noti al grande pubblico, e che si dipana oscillando come un pendolo da Eleonora Duse a Memo Benassi a Leo de Berardinis e Carmelo Bene mentre si sofferma su figure meno note e su episodi di una vita segnata quasi più da asperità che da dolcezze.
Al centro il nodo del rapporto e del contrasto man mano irresolubile tra Eduardo e suo Fratello Peppino, contrasto segnato da elementi personali e familiari ma soprattutto, nel racconto di Civica, da un diverso modo di intendere il teatro che nella svolta di “Napoli Milionaria” troverà la sua occasione definitiva.
Il teatro dunque come specchio di esistenze e loro sintesi, un teatro fatto di spontaneità ma soprattutto di tecnica e studio, quasi per trovare una via, o una risoluzione mentre la vita nella sua complessità sfugge e talora prevale.
Come ogni attore sa è più facile trattenere il pubblico a teatro con la comicità e la farsa, piuttosto che con la tragedia, ma al contrario di tanto teatro di oggi che scimmiotta ad uso commerciale la più consueta comicità televisiva, Eduardo, anche contro il fratello, tentò quella strada riuscendo magistralmente con “Napoli Milionaria” a “dire il dolore e le contraddizioni di tutti.
 Nella sua ultima apparizione pubblica a Taormina, pochi mesi prima di morire, Eduardo dirà che il teatro è “gelo” ad indicare forse che l’unico vero riferimento per chi fa teatro non è la propria soddisfazione personale o quell’egocentrismo autoreferente che caratterizza molti dei suoi contemporanei epigoni, ma solo il pubblico cui si deve in ultimo e semplicemente “rispetto”.