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Cominciamo con Margherita Di Rauso per arrivare a Ruccello. L’autore di Castellammare di Stabia, morto prematuramente nel 1986, non ha ormai bisogno di presentazioni; così come l’attrice, finalista come miglior protagonista al Premio “Le Maschere del Teatro Italiano 2014”, proprio per questo ruolo. Cominciamo dalla fine, da quella favola della donna con lo zampone che Ruccello inserisce nel II quadro del II atto, e la Di Rauso interpreta magistralmente, all’interno dello spettacolo Week-End, in scena dal 2 al 7 febbraio al Piccolo Bellini di Napoli. La scena del racconto della favola, nel corso del delirio della protagonista, giustamente non ha bisogno di orpelli, ma solo di una sedia e di una luce puntata sul volto. Proprio quella favola, che la protagonista, Ida, insegnante emigrata da un piccolo paese dell’Umbria nella grande città, contiene tutti gli elementi

fondamentali della poetica ruccelliana: dalla ricerca del racconto orale, all’analisi antropologica sul territorio, fino all’osservazione psicanalitica dell’uomo e della donna. Assente il travestito, seppur fortemente presente il concetto di travestimento psicologico; in questo testo la donna ruccelliana dimostra ancora una volta, così come le protagoniste di “Notturno di donna con ospiti” e di “Anna Cappelli”, come essa sia portatrice non solo del racconto e degli elementi fondamentali della drammaturgia di Ruccello, ma anche dei dolorosi aspetti della società de-evoluta. Nonostante si tratti di personaggi creati negli anni ’80, nella nostra Italia del boom televisivo, dell’omologazione culturale e della Napoli post-terremoto, oggi Ida sembra più che mai attuale. La favola dello zampone, dunque, contiene in sé il difficile rapporto con le origini, lo sradicamento, la famiglia, il padre morto e legato al ricordo, il cannibalismo fisico e psicologico. Le donne ruccelliane, infatti, chiuse in ambienti serrati, conducono una vita legata alla routine, ma divorano, poi, tra le pareti delle loro case, metaforicamente e fisicamente, gli uomini. Come non ritenere Margherita Di Rauso degna di questo personaggio, di questo autore, non solo per la performance dell’intero spettacolo, ma soprattutto per l’interpretazione di questa favola che, banalmente, spesso viene sottovaluta da critica e da pubblico, ma che forse è il momento più importante e difficile nell’interpretazione dell’evoluzione di questo personaggio. Le protagoniste ruccelliane subiscono inevitabilmente e necessariamente un’evoluzione costante, ascendente, esplosiva: le fobie sopite a causa dell’omologazione, della routine, devono rivelarsi necessariamente. Le donne “ingurgitano” i corpi dei loro amanti, uomini molto giovani, reali o immaginari, conosciuti o estranei, che rappresentano il futuro ed il mondo esterno che irrompe dalla porta o dalla finestra. Mondo sconosciuto, o meglio rifiutato, rappresentato anche dal telefono, dalla radio e dalla televisione. La regia di Luca De Bei rispetta gli elementi fondamentali della drammaturgia ruccelliana, pur mostrando la routine di Ida già ad un livello di deframmentazione avviato: il primo atto, infatti, è caratterizzato da una protagonista evidentemente e palesemente già sull’orlo dell’esaurimento, tanto che il pubblico comprende subito e ride. Se Ruccello sceglie di fornire lentamente allo spettatore la consapevolezza della visione completamente ribaltata, in questo spettacolo sembra invece che l’impatto sia subitaneo. Se il primo atto, quindi, si costruisce sul contrasto tra un immediato riconoscimento dell’alterità della protagonista ed una lentezza che sottolinea ripetute e lunghe scene di nudo e riferimenti sessuali - solo accennati nel testo ruccelliano proprio per spingere lo spettatore a chiedersi se l’azione avviene realmente o no -, il secondo atto esplode invece in tutta la sua bellezza, aderendo perfettamente alla volontà drammaturgica dell’autore. Emerge il giovane Gregorio Valenti, dall’accento spiccatamente laziale, che interpreta lo studente, colui che scopre l’immagine della doppia vita della burbera professoressa zoppa. Il giovane attore incarna perfettamente l’aspetto dinoccolato, ingenuo e malizioso che Ruccello dà al personaggio. Anche il giovane studente svogliato è simbolo di quell’incognita che l’autore riversa sul pubblico, spingendo lo spettatore a cercare di capire se effettivamente Marco ha visto la professoressa compiere efferati atti sessuali con Narciso, se davvero anche lui è stato una sua vittima e se il giovane idraulico è morto, vivo o frutto dell’immaginazione della donna. Quest’ultimo terrà compagnia ad Ida durante il suo weekend: Narciso, nome simbolico, è presentato da Ruccello come << […] un ragazzotto non più che venticinquenne, piccoletto, scuro, in bilico fra l’arroganza del maschiotto e la tenerezza del bambino. Quando parla avrà uno spiccato accento meridionale>>. Questo personaggio è interpretato da Giulio Forges Davanzati, ragazzo più che venticinquenne, alto e dal fisico in bella mostra – è necessario che l’attore allarghi le gambe per mostrare ripetutamente e in primo piano il pene sotto l’asciugamano? – il quale, nonostante la sua origine romana, cerca di recitare in napoletano. Se la vita della professoressa è scandita da una routine lavorativa e da una grande solitudine, anche i suoi weekend sono caratterizzati da una routine alterata che si manifesta attraverso la pazzia e la violenta affermazione sessuale: evidente immagine di un rapporto edipico spinto verso estreme conseguenze. L’ironia ruccelliana altro non è che la dimostrazione al pubblico di un profondo, infinito e distruttivo dolore, vissuto dalle sue protagoniste, donne o travestiti, che si ritrovano “spezzate” tra ciò che era e ciò che è. Smarrimento e sradicamento.
Foto di Pietro Pesce.

WEEK-END
Piccolo Bellini Napoli
2-7 febbraio 2016
Piccolo Bellini
Weekend
 di
Annibale Ruccello
con
Margherita Di Rauso
Gregorio Valenti
Giulio Forges Davanzati
scene Francesco Ghisu
costumi Lucia Mariani
disegno luci Marco Laudando
regia
Luca De Bei
produzione
IMAGI s.r.l.
in collaborazione con
Ma.di.ra s.r.l.