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Teatro del Piccolo Giullare di Salerno, un anno dopo. Se la rassegna “GeoGrafie”, dedicata alla nuova drammaturgia del Sud, è stata un’occasione per partecipare e condividere l’organizzazione di un sogno e di un progetto, quest’anno ritorniamo a Salerno per osservare. Organizzata da Vincenzo Albano, fondatore dell’Associazione ERRE TEATRO,  questa è una vera e propria stagione, la prima ideata e diretta dal giovane salernitano che vanta una lunga esperienza. MUTAVERSO TEATRO, questo il titolo che campeggia sulle locandine, quest’anno caratterizzate da un simpatico pipistrello – a testa in giù o in su? – e dallo slogan “mutaversiamoci a teatro”, dimostra la specifica volontà di indicare il cambiamento, il “capovolgimento”; il progetto è, infatti, definito da Albano “un incubatore d’impresa e di utopie”. Da febbraio a maggio 2016, lunghissima e ricca appare

la programmazione di questo piccolo gioiello salernitano, che prevede dieci spettacoli, tutti legati alla produzione drammaturgica contemporanea, di cui cinque prime assolute in Campania. L’apertura è stata affidata alla penna, profondamente conosciuta ed apprezzata, del drammaturgo messinese Tino Caspanello, che ha riempito il Teatro del Giullare, tanto da richiedere un’ulteriore data di replica. Puntiamo lo sguardo, invece, sui toscani GLI OMINI, che arrivano proprio a Salerno, il 19 febbraio, dopo aver vinto il Premio Franco Enriquez 2014 come “Compagnia d’innovazione per ricerca drammaturgica e impegno civile”, ed il Premio Rete Critica come “Migliore Compagnia anno 2015”. Una casupola-stanza è collocata al centro della scena, e la memoria corre subito alla finestra di “Finale di partita” di Beckett e al Teatro dell’Assurdo, soprattutto per la costruzione dialogica di questo testo. L’esterno è un interno che ha un interno al suo interno! Insomma, una stanza da bagno in cui si è barricata la figlia più piccola della Famiglia, Bianca, il cui nome non sembra casuale. I Campione – e anche questo nome non è casuale! - costituiscono una famiglia allargata in cui la madre si è risposata, i figli, nati da due padri diversi, convivono nella stessa casa, insieme ai nonni, a loro volta genitori di genitori. L’osservazione di una tale famiglia e l’affiorare di specifiche tematiche non sembra offrire al pubblico l’immagine di una situazione inusuale o inconsueta. Ciò che appare originale, però, è il modo in cui questi argomenti sono riportati in scena. I personaggi, infatti, sembrano incarnare punti di vista differenti, ergendosi a “campioni” appunto, estratti dalla società italiana degli ultimi anni ed osservati sulle tavole del palcoscenico. Ciò che emerge è certamente un quadro disastroso, tramandato a quelle generazioni future che leggeranno questo testo e che vedranno questo spettacolo, ossia la descrizione di un’apatia generazionale che non colpisce solo i giovani italiani, bensì tutta la famiglia. Uno dei fratelli Campione decide di partire e di andare all’Estero, ma anche questa scelta sembra ormai ridicola, tanto che i genitori non dimostrano nessun entusiasmo, mentre i nonni sorridono, senza alcuna rassegnazione o preoccupazione, interessati solo alla futilità delle loro azioni quotidiane. Insomma, i detentori dei valori e del ricordo, gli anziani ed i genitori di mezza età, sembrano aver spento il loro entusiasmo giovanile, creando un circolo vizioso che si instilla nel DNA delle nuove generazioni. Si sceglie, dunque, di far recitare i giovani di casa Campione con le mani in tasca, dimostrando simbolicamente l’inabilità all’azione e alla reazione, mentre la madre appare con le braccia conserte ed i nonni lamentano dolori agli arti. I due padri sono dei falliti, i nonni sono ammalati e affetti da perdita di memoria, la madre è collocata al centro, cardine di una doppia famiglia che ha creato, sperando in un amore nuovo e diverso. La forza centrifuga di questa inutile azione circolare sembra arrestarsi costantemente, così come dimostra la tecnica recitativa che accelera velocemente, durante alcuni momenti, per arrestarsi, anche eccessivamente, in altri, scegliendo una ridondanza vocale e gestuale che trasforma volutamente i personaggi in macchiette, esagerando fino al grottesco, tanto da indurre ad immaginare gli attori come marionette o pupazzi da ventriloquo. I dieci personaggi della famiglia Campione sono interpretati solo da tre ottimi attori, Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi e Luca Zacchini, i quali utilizzano una panca, sul fondo della scena, per indossare, alternativamente, alcuni indumenti caratterizzanti ogni personaggio. La lingua è toscana, o meglio, un italiano caratterizzato dalla forte pronuncia toscana, elemento che diverte moltissimo il pubblico. La realizzazione di questo spettacolo è il risultato di un percorso costruito attraverso indagini e laboratori, all’interno di un progetto che ha coinvolto cinque comuni della provincia fiorentina e più di ottanta giovani, reali “campioni” di questa dolorosa osservazione. E Bianca? Naturalmente non sveliamo la scena finale, ma sul piatto, davanti al bagno con la porta chiusa e la finestrella illuminata, è rimasta una sola mela: piccola, rossa, matura. Le altre, sgranocchiate, spezzettate, marce, sono sparse, insieme ai loro torsoli, sul palcoscenico, dopo essere state mangiate dagli stessi personaggi. Possiamo, dunque, ancora sperare?

LA FAMIGLIA CAMPIONE
Piccolo Teatro del Giullare, Salerno
MUTAVERSO TEATRO
19 febbraio 2016
La Famiglia Campione
In collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola
Residenza artistica Associazione Teatrale Pistoiese
Con il sostegno della Regione Toscana
Compagnia Gli Omini
di Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini, Luca Zacchini.
Con Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini.