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A chi, come noi di dramma.it, frequenta soprattutto i piccoli teatri per seguire gli spettacoli di autori contemporanei, non capita spesso di imbattersi in un allestimento con otto attori, spesso tutti contemporaneamente in scena, in uno spettacolo di oltre due ore, che sembra avere una struttura divisa in almeno tre atti (ma forse quattro) anche se i tempi effettivi sono solo due con un breve intervallo posto prima dell'atto conclusivo. La conferma che si tratti di uno spettacolo contemporaneo atipico si ha fin dai primi minuti, quando ci si trova a seguire i fitti dialoghi dei personaggi da cui, prima di tutto, deduciamo la premessa della situazione: ci troviamo in una villa al centro del parco londinese che da il titolo allo spettacolo, i personaggi, in quanto italiani, si trovano in quel luogo esiliati da una legge che vieta a tutti gli stranieri di risiedere nel territorio del Regno Unito e che

addirittura consente a ronde di cittadini di sparare a vista contro qualsiasi immigrato. Al di là di questa premessa un po' forzata che a mio parere serve più a dare un risvolto sociale allo spettacolo che una giustificazione alla situazione che i personaggi vivono, l'atipicità della drammaturgia di cui dicevo sta nel fatto che non c'è un vero e proprio sviluppo drammatico di una vicenda ma c'è invece la presentazione degli otto personaggi e delle relazioni che li legano. Le azioni che vediamo sono il luogo in cui i personaggi rivelano chi sono, cosa vogliono, e soprattutto cosa vorrebbero. Le azioni sono rivelazioni, confessioni, frustrazioni e sogni. La scena è l'arena in cui i personaggi si svelano ma non agiscono. Tutto questo, come anche l'episodio iniziale della performance canora del giovane Tommaso davanti agli altri ospiti della villa e soprattutto davanti alla madre cantante lirica affermata, mi ha fatto subito pensare al Konstantin del Gabbiano di Cechov, salvo poi scoprire, leggendo la presentazione dello spettacolo, che l'autore ha voluto, con questo testo, scrivere un dramma "cechoviano", che del grande autore russo riprendesse atmosfere, stili e personaggi. Per quanto mi riguarda da questo punto di vista l'autore è riuscito nel suo intento. La regia, dello stesso autore, è completamente al servizio dei dialoghi e non presenta caratteristiche di rilievo come anche la scenogafia, già esistente nella suggestiva struttura ad arcate della Sala Uno. Qualche tocco di vivacità nella scelta dei costumi ma soprattutto nelle buone prove strumentali e canore di alcuni degli attori che con le loro musiche e canzoni dal vivo aiutano ad arricchire e valorizzare lo spettacolo. L'interpretazione degli attori non è così omogenea mostrando diversi livelli di bravura dall'estremo di una recitazione toccante e convincente a quello di una prova insufficiente passando per diversi livelli intermedi. Nel complesso uno spettacolo interessante e abbastanza godibile che merita di essere visto anche per farci rivivere il declino del dramma borghese tipico della drammaturgia del grande Anton Cechov.

Kensington Gardens
DRAMMATURGIA & REGIA Giancarlo Nicoletti
con Annalisa Cucchiara, Riccardo Morgante, Cristina Todaro, Valentina Perrella, Alessandro Giova, Eleonora De Luca, Francesco Soleti e con Luca Notari
FOTO Luana Belli GRAFICA & VIDEO Paolo Lombardo
CONSULENZA MUSICALE Marco Bosco UFFICIO STAMPA Rocchina Ceglia
AIUTO REGIA Sofia Grottoli – Martina Tonarelli
DISTRIBUZIONE E PROMOZIONE Altra Scena Art Management
PRODUZIONE PlanetArts Collettivo Teatrale
Sala Uno Teatro – Piazza di Porta S.Giovanni,10 – Roma
dal 25 Febbraio al 6 Marzo