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Sofisticata ricerca storico-poetica, quella compiuta da Alessandra Asuni, autrice di questo testo che, inevitabilmente, da altri testi nasce e si evolve. Non parliamo solo dei lasciti  letterari e poetici firmati dal compianto Federico Garcia Lorca, autore di riferimento, ma anche di quelli documentaristici. La storia, la politica, gli affetti famigliari, la grandiosità di un autore, si fondono, creando quel prodotto di natura allegorico-scenica che deve essere rappresentato in teatro. Da un lato, quindi, la testimonianza storico-letteraria, dall’altro l’invenzione scenica, al centro una fossa. Un “cratere”, costituito da centinaia di abiti ammassati sui bordi, rappresenta il palcoscenico attorno al quale si muoveranno i due protagonisti, Manuel e Luis. Prendendo spunto dalla Storia, si racconta la vicenda dei due giovani alla ricerca delle spoglie del padre, ucciso dal Regime Franchista, durante

la stessa alba del 1936, quando il giovane Lorca, 36 anni e omosessuale, venne assassinato con altre due persone e “mescolato” alle salme di centinaia di uomini uccisi e disseminate nel bosco circostante. Il processo creativo di questo spettacolo è complesso ma ingloba, nelle sue fondamenta, vari livelli che dimostrano la particolare ricerca condotta dall’autrice. Le parole di Lorca risuonano come eco lontana, ritenendo assodata la grandiosità della sua penna;  risuonano anche le voci dei documenti sonori della dittatura, attraverso una particolare ricerca storica che oggi considera di grande valore anche il recupero di materiale di diversa fattura e genere. Inoltre, si aggiunge la narrazione creata per la scena, racconto che si evolve attraverso vere e proprie allegorie semantiche e visive. I due giovani, infatti, cercando il corpo del padre, in occasione del compleanno della “madre”, intesa metaforicamente come quella Spagna generatrice di grandi autori e di uomini uccisi, a settant’anni dall’inizio della dittatura – ecco il riferimento al compleanno! – ripercorrono la storia della loro Terra, con un riferimento necessario anche a Lorca. L’intimismo e la dolcezza del ricordo, che i due fratelli riportano in scena, si allargano a macchia d’olio, così come i livelli temporali si intersecano orizzontalmente e non semplicemente in maniera diacronica. L’excursus narrativo, che ingloba passato, presente e immaginario futuro, sembra, infatti, contrarsi e dilatarsi continuamente. I due personaggi si “tuffano” letteralmente nel cratere-fossa, prima per tirar fuori le membra del presunto padre sotterrato, poi per raccontare le macerie del proprio Paese, ed infine per scavare nella memoria, quest’ultima legata al ricordo personale. La vicenda di una famiglia è quella della Spagna intera, e il ricordo si comprime, da racconto universale a quello privato dell’infanzia, facendo retrocedere i due ragazzi che citano, e tirano fuori dal cratere-cassapanca, i giochi, le frasi, le parole e tutti quegli elementi che ricordano il padre. Il cratere si trasforma, dunque, in una camera dei giochi, “inghiottendo” i due attori che, a testa in giù, danno vita ad un teatro dei burattini, utilizzando i piedi a mo’ di personaggi. Quest’alternanza tra dilatazione e compressione spinge i tempi di recitazione sia ad un rallentamento angosciante, che induce gli spettatori ad “andare oltre”, ad attendere spasmodicamente, sia a momenti di velocità incontenibile, per poi ritornare a silenzi duraturi, quasi si percorressero lentamente tutti i settant’anni citati. Il cratere-fossa è anche un utero-madre, uccide i padri e genera i figli, quest’ultimi, però, anch’essi testimoni di morte: i due fratelli discutono, infatti, su come e con cosa vorrebbero essere sepolti. Le maschere antropomorfe, del bue e della capra, che i due attori indossano all’inizio e alla fine, chiudendo il circolo mortuario, sono vicine alla cultura sarda, da cui proviene la Asuni, da anni trapiantata a Napoli, ma realizzate da Selvaggia Filippini. La Galleria Toledo ospita, dunque, questo percorso storico e poetico, universale ed intimistico, che è legato profondamente al concetto di “memoria storica”, privata  e pubblica. Dal 25 al 28 febbraio, in scena Andrea de Goyzueta e Fabio Rossi, nei panni dei due fratelli. L’atmosfera onirica, oscura, da oltretomba classico, più che cristiano, risuona non solo dei documenti storico-politici del tempo, ossia i comunicati radiofonici del Regime, ma anche attraverso una scelta accurata, firmata da Raffaele Natale, di splendidi brani musicali che ricordano le sonorità ispaniche, come una struggente versione di “While my guitar gently wheeps” per sola chitarra. Il riferimento alla Spagna franchista e agli ottant’anni dalla morte di Federico Garcia Lorca appaiono, in effetti, come un “escamotage” per spingere il pubblico, al ricordo e alla riflessione, ma soprattutto sulla contemporaneità.

MAMMA COMPIE 70 ANNI
Galleria Toledo Napoli
25-28 febbraio 2016
Mamma compie 70 anni
dedicato a Federico Garcia Lorca, a 80 anni dalla morte
con Andrea de Goyzueta e Fabio Rossi
drammaturgia e regia Alessandra Asuni
scene e costumi Davide Lucchesi
musiche Antonello Murgia e Raffaele Natale
suoni ed effetti Raffaele Natale
maschere Selvaggia Filippini
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
in collaborazione con Tourbillon Teatro, l’Asilo exasilofilangieri.it