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E’ incentrata sulla spontaneità e la generosità popolare contrapposta alle maschere, false, del perbenismo, dei benpensanti, la commedia “Donnacce” del noto commediografo romano Gianni Clementi ospite a Catania del Teatro Vitaliano Brancati all’interno della stagione di prosa 2015-2016 diretta da Tuccio Musumeci. La pièce in due atti, diretta da Ennio Coltorti e che vede in scena le convincenti e scatenate Alessandra Costanzo e Paola Tiziana Cruciani, accompagnate da Pietro Bontempo, in quasi due ore, giocando sulla diversità dei linguaggi, sui modi di vivere diversamente la vita da parte dei tre protagonisti, racconta della romanissima Tullia, in arte Sofia Loren, paurosa, senza sogni e illusioni, con i suoi gusti pacchiani e di Tindara, sicilianissima, detta Occhibeddi, una visionaria, ingenua e con un italiano storpiato, due signore di mezza età che hanno

dedicato gran parte della loro vita alla pratica della professione più antica del mondo e che convivono in un appartamento di un palazzo della periferia romana, dividendo l’affitto.
Le due, per l’età e per la crisi di un mercato ormai governato da rampanti ragazze dell’est e trans brasiliani (come Terezinha che vive ed “Esercita” nello stesso palazzo), raccolto un discreto gruzzolo hanno deciso di andare in pensione e sono in procinto di partire in aereo per una vacanza in Egitto, una settimana All-inclusive a Sharm El Sheik. Proprio quando le due “peripatetiche” stanno preparando le valigie, discutono del loro peso e contenuto ed attendono chi le accompagni in aeroporto ecco l’imprevisto: un uomo seminudo, con indosso calze a rete e il volto coperto da una maschera sadomaso precipita nel loro balconcino e da quel momento i loro progetti cambiano.
L’uomo chiede aiuto per uscir fuori da una difficile situazione, si rivela come un importante personaggio pubblico, dialoga, ammalia, convince le due donne ad aiutarlo a fuggire, promettendo una grossa somma di denaro ed una indimenticabile vacanza in un resort alle Barbados, con tanto di fuoristrada a disposizione.
Il secondo atto è un interessante confronto tra la semplicità di Tullia e Tindara, con il loro linguaggio popolare e spontaneo e il comportamento freddo e calcolatore del noto personaggio pubblico, prima intimorito e timido per i suoi insoliti divertimenti e travestimenti e che poi manipola, raggira, tra soldi e discorsi, le due ingenue donne, raccontando dei suoi pantaloni da 33mila euro, dei suoi “servi sciocchi”, della sua solitudine, del suo bisogno di affetto, ostentando la sua superiorità economica e sociale, facendone sfoggio ed impiegando termini che le due donne capiscono a stento. Alla fine, attraverso il liquore “nocino”, i suo argomenti, l’uomo usa Tullia e Tindara, per il raggiungimento del suo scopo e le due sempliciotte, le due simpatiche “donnacce”, che dall’inizio alla fine ci hanno messo la faccia, senza mai fingere, pagheranno a caro prezzo la loro ingenuità popolare nel voler aiutare quel noto personaggio arrivato in casa loro con tanto di maschera.
La commedia, tra battute, gag, telefoni che squillano con suonerie vivaci (azzeccati i brani “Rose Rosse” di Massimo Ranieri e “Tomorrow” di Amanda Lear), con una colonna sonora in tema che è il brano “La favola mia” di Renato Zero, regala tante risate, ma il finale è amaro, come accade spesso nelle opere di Gianni Clementi.
Applauditissimi i tre interpreti in scena: l’ormai affiatata coppia (apprezzata già in “Sugo finto”) Alessandra Costanzo (nei panni di Tindara Occhibeddi) e Paola Tiziana Cruciani (Tullia Sofia Loren) e Pietro Bontempo, raffinato e calcolatore nel suo personaggio misterioso.
Scorrevole nei due atti la regia di Ennio Coltorti, ben congegnata la scelta musicale, essenziale la scenografia dove, nell’appartamento delle due donne, spicca il vecchio tavolino, prezioso cimelio di famiglia di Tindara, le valigie strapiene e la coperta leopardata, intonata con il tendaggio.
Applausi alla fine per lo spettacolo, per gli interpreti e per un testo che ancora una volta affronta le tematiche dei nostri tempi, utilizzando un taglio sempre tra comico ed amaro, nel raccontare storie di vita reale. E stavolta si sofferma sui due volti della nostra società, quello popolare, ingenuo, spontaneo (rappresentato dalle due simpatiche “donnacce”) e quello colto, fine ma falso, con tanto di maschera dell’arroganza e del doppio gioco (rappresentato dall’uomo pubblico di classe che inganna tutti per arrivare al suo scopo). Clementi in scena ci mostra due mondi profondamente diversi, due mondi con i quali ci confrontiamo ogni giorno nelle nostre realtà. La sua penna graffiante quindi con “Donnacce” colpisce ancora, con la solita comicità e leggerezza, offrendo uno spaccato, una cruda analisi della realtà.

“Donnacce”
di Gianni Clementi
Con Alessandra Costanzo, Paola Tiziana Cruciani e Pietro Bontempo
Regia di Ennio Coltorti
Scene di Jacopo Manni
Costumi di Sorelle Rinaldi
Stagione di prosa Teatro Brancati di Catania - 7-24 Aprile 2016
Foto di Dino Stornello