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Rispondiamo al richiamo del nome di “Massimo Maraviglia”, autore napoletano del quale abbiamo osservato, in passato, alcuni ottimi prodotti artistici. Rispondiamo anche al richiamo del nome di “George Orwell”, autore al quale Maraviglia si ispira per creare il suo nuovo spettacolo, intitolato HUMAN FARM 2020.  Questa fattoria umana teatrale fa riferimento, palesemente, al più noto “1984”, il romanzo profetico firmato da Orwell, conosciuto anche come il prototipo novecentesco del “big brother” che osserva tutti. Come solitamente accade quando si fa riferimento a spettacoli che nascono da opere già edite e conosciute, è importante rilevare la contestualizzazione storico-culturale attraverso cui nasce il prodotto-fonte. In effetti Orwell scrive il suo romanzo nel 1948, giocando con l’inversione dei numeri della data, pensando ad un futuro lontano ma analizzandolo con gli

occhi di un uomo che ha appena vissuto la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, evento storico che ha segnato fortemente soprattutto gli artisti europei, ma anche quelli americani, e che ha prodotto alcune delle opere, artistiche, letterarie e teatrali, più importanti di tutti i tempi. Il disastroso sconvolgimento storico ha modificato, dunque, il “dna” culturale dell’umanità intera, la quale è descritta meravigliosamente proprio dagli autori post bellum. Se l’impatto con il Novecento, sin dal passaggio dall’Ottocento al primo decennio del nuovo secolo, ha influenzato fortemente la cultura europea, e poi quella americana, a sua volta contaminata da quella del vecchio continente, bisogna anche sottolineare che soprattutto il secondo conflitto mondiale ha letteralmente smembrato e profondamente modificato l’osservazione dell’uomo. Tenendo conto di tutto questo, e di molti altri aspetti sui quali non possiamo soffermarci in questo contesto, senza tralasciare la compresenza di multilivelli di osservazione, senza dimenticare l’influsso della psicoanalisi e dell’estetismo, fino al neorealismo, passando attraverso la più veritiera osservazione di questa morte dell’umanità, ossia la produzione del Teatro dell’Assurdo, ci rendiamo conto che il disastro spinge spesso alla più alta produzione artistica. Il concetto di totalitarismo politico, inoltre, che emerge dalle ambientazioni di Orwell crea, l’immagine del big brother che, attraverso  le telecamere, ci osserva e ci costringe ad una vita dedita al comportamento imposto ed al terrore. Lo spettacolo, in scena al teatro Bellini di Napoli, dal 12 al 17 aprile, adattato e ridotto da Rosa Masciopinto, riprende le fila del romanzo ma ribalta completamente il concetto di osservazione. Oggi l’uomo costringe se stesso ad un’osservazione forzata da parte del mondo esterno, ossia, quel concetto dell’ essere e dell’apparire che Pirandello tanto amava, viene estremizzato tanto da essere trasformato in “fattoria dell’apparenza”. L’uomo stesso chiede alle telecamere di osservarlo, in un futuro prossimo -ma perché indicare il 2020 e non l’oggi? - in una corsa a chi è più visto, cliccato, osservato, taggato e pubblicizzato. Human Farm è un progetto-programma televisivo-gioco a premi, destinato a malati terminali che vogliono a tutti i costi farsi notare prima di morire. L’intero spettacolo gioca su alternanze e corto circuiti, anche quelli reali: la luce elettrica, infatti, è ripetutamente e simbolicamente staccata, ed i tre protagonisti, bloccati volontariamente dentro una stanza/bunker, durante quei momenti di “oscurità”, provano un grande scoraggiamento, rivelando le loro vere identità, ossia annullandosi. Lo spettacolo alterna, dunque, richiami al romanzo originale ed al nuovo racconto. In realtà l’esito finale è molto confusionario, ripetitivo e soprattutto costruito attraverso rallentamenti eccessivi che sembrano reiterare alcuni momenti, senza motivo. Le tematiche trattate, come ben si comprende, non sono innovative, soprattutto se riferite alla contemporaneità, anche se la scelta di introdurre la malattia sembra essere originale, così come l’ottimo lavoro video che viene riprodotto in scena. I tre attori, Marianita Carfora, Antimo Casertano e Raffaele Parisi, osservati più volte in altri lavori e apprezzati, in passato, per le ottime performance, qui sembrano lontani gli uni dagli altri, mai omogenei, in attesa di un richiamo, di un appiglio, di un aggancio che faccia scivolare meglio il racconto, quest’ultimo diviso in blocchi netti, non uniformi. Lo spettatore comprende sin dall’inizio il meccanismo, non scopre nulla di nuovo, non si sorprende, pur aprendosi a qualche risata grazie alle gags degli attori: l’ironia, in effetti, emerge durante alcuni momenti, soprattutto nella seconda parte dello spettacolo, che sembra arricchirsi e sciogliersi. Neanche il colpo di scena finale, con annessa pistola, sparo e frantumazione del volto virtuale nel video, sembra far sobbalzare il pubblico sulle poltrone.

Foto di VisionArea - Studio
HUMAN FARM 2020
Piccolo Bellini Napoli
13 -17 aprile 2016
Human Farm 2020
liberamente ispirato alle opere di George Orwell
di
Massimo Maraviglia
adattamento e regia
Rosa Masciopinto
con
Marianita Carfora, Antimo Casertano, Raffaele Parisi
una co-produzione
Murìcena Teatro - Fondazione Teatro di Napoli

foto di VisionAreaStudio